Anche per il public procurement questo periodo è tempo di bilanci, di sguardi lanciati oltre l’anno appena concluso verso il futuro prossimo che ci attende. Certamente l’Annus Horribilis della pandemia ha reso questo tempo assai difficile e il domani ancora molto incerto. Di fronte alla prospettiva di una cospicua quanto auspicata iniezione di fondi pubblici che, nei prossimi mesi, dovrebbe fornire quell’impulso indispensabile all’innesco del tanto atteso rimbalzo economico, è evidente che il tema dell’efficienza e dell’efficacia dei meccanismi di spesa si porti, ancora una volta, prepotentemente alla ribalta.
Nel breve spazio di questo articolo, proveremo allora a fare un bilancio dell’anno appena trascorso, dal punto di vista della normativa in materia di affidamenti pubblici, e ad azzardare qualche previsione per l’anno che verrà.
Una normativa ancora complessa e confusa
L’anno che ci siamo lasciati alle spalle non è stato facile e la pandemia ha costituito, probabilmente, un ulteriore incentivo – semmai ve ne fosse stato bisogno – a proseguire nella linea già intrapresa da diversi anni del pressoché continuo rimaneggiamento delle disposizioni del Codice del 2016, aggravata dall’introduzione di norme extra-vaganti rispetto allo stesso Codice dei contratti pubblici che, solo per un periodo limitato di tempo, introducono una regolamentazione in parte sostitutiva di quest’ultimo.
Il quadro normativo attuale, quindi, a dispetto delle dichiarate esigenze di semplificazione, si presenta – non fosse altro che per questo motivo – più complesso e di più difficile interpretazione per gli operatori del settore, sia dal lato pubblico che da quello privato. Al contempo, continuano a latitare dall’entrata in vigore del D.Lgs. 50/2016 gli atti attuativi delle disposizioni più “moderne” e strategiche della – ormai vecchia – riforma quali, in particolare, l’art. 38 del D.Lgs. 50/2016 sulla qualificazione delle stazioni appaltanti e l’art. 44 sulla digitalizzazione, sebbene sia proprio su queste due leve – miglioramento delle capacità delle stazioni appaltanti e digitalizzazione dei processi – che si dichiara di voler puntare per una ripresa strutturale del sistema.
Parimenti assente è il Regolamento attuativo (impropriamente definito “unico”) del Codice contratti, previsto dal Decreto Sblocca Cantieri, che avrebbe dovuto essere pubblicato entro il 2019, con la conseguenza di vedere ancora precariamente in vigore, nelle materie che dovranno essere regolamentate da tale futuro provvedimento, i decreti ministeriali e le linee guida ANAC già adottati, ma non più aggiornati (stante la stessa previsione limitativa dello Sblocca cantieri) al quadro normativo attualmente vigente.
L’impatto del Decreto Semplificazioni
Tra gli interventi normativi più significativi del 2020 nella materia del public procurement, a parte alcuni interventi spot pure contenuti nella normativa d’urgenza antipandemica, va certamente segnalato il c.d. Decreto Semplificazioni, che ha introdotto, sino al 31.12.2021, una normativa difforme dal Codice contratti, sia per gli appalti sotto soglia che per quelli sopra soglia, incidendo anche sui tempi di conclusione degli affidamenti pubblici, che vengono stabiliti a livello normativo in un arco di tempo variabile tra i due e i sei mesi a seconda dell’importo inferiore o superiore alla soglia e delle modalità di aggiudicazione.
Vi sono, nel provvedimento citato, certamente diverse note positive – si pensi ad esempio alla possibilità per i privati di presentare proposte di PPP anche su interventi già inclusi nella programmazione delle pubbliche amministrazioni – che rischiano, però, di essere messe in ombra da disposizioni scarsamente comprensibili – si pensi, ad esempio, all’obbligo di pubblicare un “avviso di indizione” della procedura negoziata non preceduta da bando, disposizione che già ha necessitato un intervento interpretativo da parte del MIT.
Resta ancora irrisolto normativamente il nodo del subappalto, ovvero della necessità di garantire l’adeguamento della normativa italiana ai principi dettati in materia dal diritto eurounitario, alla luce delle due sentenze della Corte di Giustizia del settembre e del novembre del 2019, che hanno – in sede di rinvio pregiudiziale – confermato l’incompatibilità con tale diritto delle norme italiane.
Il 2021: lo scenario del procurement pubblico
Complice lo stato d’animo indotto dalle immani difficoltà dell’anno appena trascorso e dall’osservazione delle evoluzioni normative degli ultimi anni, certamente non è facile guardare al 2021 con fiducia. Ciò di cui realmente si avverte la necessità è una linea strategica di riforma. Se è vero che il Codice del 2016 – in realtà non attuato nelle parti di maggiore interesse e modernità – necessita di un ripensamento, occorrerebbe prima definire in modo chiaro e pragmatico gli obiettivi di riforma e gli strumenti oggettivamente in grado di attuarli, per poi passare concretamente alla messa a terra di questi ultimi.
Non basta più enunciare l’intento di “semplificare”, “rendere più efficiente”, “rendere più efficace” la normativa in materia di public procurement, non foss’altro perché sono proprio questi stessi identici (e certamente condivisibili) obiettivi che hanno ispirato tutte le – fallite – riforme degli ultimi anni. Ciò che serve è rendere concreti gli strumenti che tali obiettivi sono in grado di raggiungere. Oltre la digitalizzazione dei processi, la qualificazione delle stazioni appaltanti, certamente un altro pilastro della ripresa deve essere un rifondato rapporto pubblico / privato.
Conclusione
Questa pandemia ci ha messo ancora una volta di fronte all’evidenza che non basta solo l’intervento pubblico e non basta solo quello privato. È dalla sinergia tra le capacità e le risorse dell’uno e dell’altro che può realmente scaturire un nuovo quadro di ripresa. Quindi vanno favoriti gli strumenti di interazione tra questi due mondi complementari, analizzati i limiti che hanno ostacolato questa sinergia ed identificati gli strumenti che ne consentano il superamento. Solo così potremo sperare in un anno migliore.