bilancio e proposte

Scuola a distanza, tutti i problemi di studenti e docenti: come fare meglio nel 2021

Siamo veramente convinti che qualche mese di apprendimento online comprometta ineluttabilmente tutti i percorsi di apprendimento di ogni studente, così accuratamente progettati e realizzati da scuole e insegnanti? Al di là della retorica del dibattito sul fallimento della Dad, non perdiamo l’occasione per cambiare la scuola

Pubblicato il 18 Dic 2020

Daniela Di Donato

Docente di italiano (Liceo scientifico), PhD in Psicologia sociale, dello sviluppo e della Ricerca educativa presso Sapienza Università di Roma, esperta di metodologie didattiche, inclusione e uso delle tecnologie digitali a scuola.

proctoring - educazione civica digitale - Borsa di studio Inps

Il dibattito, troppo spesso infarcito di retorica, sulla didattica a distanza e sui suoi effetti sulla relazione con gli studenti e il futuro del loro apprendimento, può essere una preziosa opportunità per produrre un cambiamento profondo della Scuola.

Può sollecitare una riflessione importante sui tempi attentivi degli allievi, sulla loro motivazione allo studio e un ripensamento dell’organizzazione del tempo e degli spazi scolastici (in presenza o a distanza).

I problemi della didattica a distanza: le ricerche

Partiamo da alcuni dati che ci aiutano a comprendere il contesto e che ci arrivano dalle ricerche che si sono svolte nella primavera scorsa per monitorare la didattica a distanza e i suoi effetti sulla scuola. Ebbene, questi dati raccontano un disagio.

Prendiamo, ad esempio, quelli della ricerca realizzata dall’Associazione Nazionale Presidi insieme al centro di Ricerca Dites, un team di ricerca del Dipartimento di Economia aziendale dell’Università Roma Tre, il Forum delle Associazioni Familiari e AIDR. Sono state raccolte 6821 risposte da Dirigenti scolastici, docenti, studenti e famiglie, mediante rilevazione online.

Leggete bene l’elenco perché ci sono tutti i problemi del periodo, da quelli infrastrutturali a quelli socio-economici del possesso degli strumenti e degli spazi dove studiare, a danno soprattutto degli studenti svantaggiati (disabilità, povertà); fino a quelli di competenze digitali necessarie a tutti i livelli.

  • Il 52% dei Dirigenti scolastici ha espresso difficoltà nel garantire assistenza educativa agli studenti con disabilità,
  • il 38,52% ha segnalato un aumento della soglia di assenze e una mancata partecipazione da parte degli studenti,
  • il 32,25% difficoltà nell’organizzazione complessiva del lavoro e delle attività didattiche a distanza.
  • Sembra anche che il 41% dei docenti abbia avuto problemi di connettività, il 24% problemi con la stampante (a che cosa serviva la stampante in Dad?),
  • il 16% col Pc o Tablet e il 12% con la webcam.

Sembra che il dato più eclatante sia quel 74% dei docenti che ha dichiarato di non essersi riuscito a connettere con tutti i suoi studenti.

Sarebbe interessante indagare che cosa intendiamo per “connessione” nella scuola normale, quella che non ci sarà più spero perché in quella scuola lì sarebbe da verificare quanti studenti pur essendo presenti in aula non si “connettessero” alle attività di apprendimento o quanto i docenti si percepissero veramente collegati ai loro studenti, immersi in una relazione educativa nutriente e sana per tutti i protagonisti.

La retorica del fallimento della dad e la sfiducia verso chi lavora nella scuola

Non entro nella polemica di ciò che si è fatto o non si è fatto per preparare un rientro a scuola adeguato al contesto pandemico (mezzi di trasporto, tamponi, monitoraggio degli spazi, organizzazione dei setting d’aula). Credo (e temo) che la retorica della Didattica a distanza proposta come fallimento universale non sia finita. Siamo veramente convinti che qualche mese di apprendimento online comprometta ineluttabilmente tutti i percorsi di apprendimento di ogni studente, così accuratamente progettati e realizzati da scuole e insegnanti? Mi piacerebbe avere i dati sulle assenze degli studenti nei cinque mesi precedenti il lockdown di primavera e confrontarli con i dati di questi mesi per verificare quel crollo delle presenze, di cui leggo sui social e su alcune riviste specializzate.

Quello che trovo sconvolgente è la mancanza di fiducia nei confronti dei docenti e dei Dirigenti scolastici, visto che molti colleghi sono costretti a recarsi a scuola per fare lezione ad una classe dislocata a casa e non certo per beneficiare dei dispositivi della scuola o della rete, visto che lavorano comunque con la rete personale e con il proprio dispositivo. Ancora di più trovo gravissimo che si stia parlando di prolungare la scuola a luglio o altre soluzioni simili, come se in questi mesi la scuola si fosse fermata del tutto, come se i docenti fossero andati in vacanza e ora dovessero recuperare il tempo perduto.

Docenti-studenti: una relazione che può continuare anche a distanza

Nessuno invece racconta quanto il lavoro sia diventato più complesso per gli insegnanti e per i Dirigenti scolastici, quanto tempo in più sia necessario per organizzare degnamente percorsi inclusivi e coinvolgenti, che garantiscano il diritto allo studio e la coesione delle classi e degli studenti e quanta formazione professionale si stia proponendo per migliorare le competenze digitali dei docenti e supportare così i percorsi educativi di ogni studente, dovunque si trovi. Gli studenti si possono raggiungere anche con la mediazione degli schermi, la relazione educativa può continuare ad essere alimentata anche a distanza: la scuola esiste, non è il convitato di pietra, non è in vacanza e non è assente.

La sospensione dello sguardo può trasformarsi in ascolto attento e accurato. Inviare agli alunni video didattici, podcast o altri materiali perché siano fruibili anche in modalità asincrona non è pericoloso o, peggio, un ripiego. Questa pratica trova riscontro in metodologie didattiche innovative, che dell’anticipazione dei contenuti hanno fatto una leva dell’apprendimento non una zavorra, a patto che a questo segua sempre un incontro, un confronto, un momento sociale e collettivo di lavoro, che molti stanno realizzando grazie ad un uso sapiente e consapevole del digitale.

Si chiama Flipped Learning e non è affatto un fallimento: esisteva prima del Covid ed esisterà anche dopo. Nella ricerca citata, il 14,70% dei docenti dichiara che la didattica a distanza ha modificato del tutto il suo modo di insegnare, il 29,39% molto e il 39,85% abbastanza. Io credo siano ancora pochi e spero che queste percentuali salgano perché se c’è un cambiamento atteso è proprio quello della didattica: è necessario abbandonare un modello principalmente frontale, ormai agonizzante e inefficace, per progettare una didattica in linea sia con le cornici pedagogiche del Costruttivismo e del Connettivismo che con le neuroscienze.

Conclusioni

La scuola ha bisogno di proporre percorsi personalizzati, docenti e studenti hanno necessità di esercitare uno sviluppo costante delle competenze digitali, vivere attività collaborative e realizzare un’autentica condivisione dei risultati dell’apprendimento.

Spero anche in una riscoperta della valutazione, come momento centrale di ogni processo di apprendimento e non vissuta come un triste strumento di controllo. Confido che anche quando saremo tutti vaccinati e pronti a rientrare in aula, tutti i giorni, senza alcun rischio per la nostra salute, non si perda quanto abbiamo imparato e il Paese moderno in cui viviamo continui a lavorare al benessere scolastico, al successo formativo e pensi a stringere nuove alleanze educative.

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