Oltre 400 persone completamente in smart working, un numero di richieste di assistenza salite del 400% a marzo 2020, più di 600 interventi a settimana.
È questo lo “shock organizzativo” che il Consiglio regionale del Piemonte ha affrontato dai primi giorni di marzo quando è scattato il lockdown generalizzato.
Quella piemontese è stata la prima assemblea legislativa italiana a riorganizzare tutte le attività completamente da remoto per garantire la continuità legislativa e amministrativa: il 24 marzo 2020 si è svolto il primo Consiglio regionale virtuale, prima esperienza di questo tipo a livello regionale e nazionale.
Il totale di sedute di Aula e Commissione gestite in remoto nel periodo marzo – luglio è stato di 136.
Per la gestione delle sedute di Aula e Commissione è stata allestita, grazie alla collaborazione del CSI Piemonte e del consorzio Topix, un’infrastruttura dedicata per la piattaforma di videoconferenza Cisco Webex Meeting.
Uno shock organizzativo, non tecnologico
Perché parlare di shock organizzativo e non shock tecnologico?
Da più parti, esperti e commentatori hanno sottolineato che le nuove modalità di lavoro richiedono un cambiamento di mentalità principalmente sul primo fronte.
Dal punto di vista tecnologico, il processo di digitalizzazione delle attività e dematerializzazione dei documenti è partito da diversi anni.
Banca dati delle leggi regionali Arianna e la sua complessità legimatica con il neonato progetto – anche questo unico in Italia – di analisi della post vigenza delle norme, attività dei consiglieri completamente digitalizzata (presentazione atti, progetti di legge, emendamenti, supporto sedute aula, agenda), Contabilia per gli atti di contabilità e bilancio, Acta per la gestione documentale. Sono solo alcuni dei progetti sviluppati negli anni, anche grazie alle competenze importanti del Csi Piemonte.
Si pensi, a titolo esemplificativo, che per una delle leggi più importanti del 2020, il decreto omnibus, sono stati gestiti digitalmente oltre 5700 emendamenti collegati.
A tutto questo va aggiunta un’esperienza a cui personalmente tengo molto.
La piattaforma Giornali del Piemonte, che offre agli eletti, alla PA, ai cittadini e al sistema dei media, la possibilità di consultare digitalmente tutte le edizioni dei giornali locali pubblicati in Piemonte dal 1846 a oggi. La piattaforma rende disponibili quasi 3,6 milioni di pagine digitalizzate di 189 testate locali e 47 riviste tematiche.
Quindi, come accennato in precedenza, la difficoltà più grande è stata la riprogettazione della vita di Palazzo Lascaris, sede del Consiglio, e le modalità di gestione di cambiamenti che nessuno avrebbe mai potuto prevedere.
È stato creato un gruppo operativo “lavoro agile” trasversale, composto da direttori, dirigenti e alcune alte professionalità, che funge da cabina di regia per le nuove complessità lavorative e in grado di recepire e rispondere a difficoltà e criticità emergenti in tutti i settori.
Questo gruppo ha al suo interno alcune persone che erano già presenti nella task force per la Transizione Digitale creata nel 2018, a ulteriore conferma che lo smart working ha fatto emergere nuove complessità organizzative, di comunicazione, gestionali e amministrative.
Tutto bene quindi? No di certo.
Il lavoro del futuro
Quello che stiamo vivendo non è smart working in senso pieno e “classico”, potremmo definirlo home working con innesto massiccio di tecnologie. Se lo smart working dovesse diventare – come nelle intenzioni della ministra della PA Fabiana Dadone – una modalità di lavoro stabile per il 60% di dipendenti pubblici, andranno ripensati tempi, modi e spazi del lavoro in presenza. In sostanza, il lavoro agile non potrà essere una modalità solo legata ai giorni in cui si sta a casa, ma un futuro in cui le amministrazioni pubbliche saranno accomunate da questo approccio innovativo al lavoro, non legato al luogo e all’orario in cui viene svolto, ma agli obiettivi. Dove si mette al centro la persona, le sue competenze e la sua responsabilità. Con dinamiche lavorative e relazionali molto più veloci, interattive e meno ingessate. Dove anche gli spazi saranno rivisti, più simili a un coworking e senza una scrivania che sarà l’identico posto di lavoro per anni.
Tuttavia in Piemonte come altrove, abbiamo dovuto affrontare quello che, in alcuni incontri in cui sono stato invitato, ho definito “fattore emotivo”. Le nostre PA sono composte da larghe fasce di dipendenti con età media molto alta, frutto della sciagurata politica del blocco del turnover, abituati a operatività consolidate e routinarie, che improvvisamente sono stati proiettati in una dimensione sconosciuta e destabilizzante psicologicamente.
Link della intranet che ovviamente non funzionavano da casa, modalità nuove di accesso alla procedure tramite VPN che è stata fornita a un buon numero di persone, mancanza di competenze digitali di base.
Investimenti in formazione e infrastrutture
Il primo passo sarà investire parecchie risorse nella formazione: per realizzare uno smart working efficiente, è necessario dotare i lavoratori pubblici delle competenze digitali necessarie. Oltre a quella tecnica, saranno fondamentali anche nuove competenze relazionali: le dinamiche interpersonali sono inevitabilmente cambiate e gestire in smart working colleghi e utenza richiederà nuove capacità.
C’è poi un ultimo tema che mi sento di sollevare in conclusione. Il paese dovrà dotarsi in tempi brevi di un’infrastruttura di banda larga efficiente. Questo è ancora più vero in una regione prevalentemente collinare e montuosa come il Piemonte. Non è raro, ancora in questi mesi, che consiglieri regionali residenti in comuni appena fuori dai centri urbani, e non in vallate in alta quota, scontino difficoltà sinceramente imbarazzanti di connessione, con il conseguente riflesso in termini di lentezza e frammentazione delle sedute di aula e commissione.
Siamo di fronte a un passaggio epocale, lo smart working è una leva potente di cambiamento per le PA e i suoi lavoratori, che permetterà di combattere la “burocrazia difensiva” e potrà garantire una migliore work-life balance per le persone. Ogni cambiamento fa certamente paura e richiede una certa dose di coraggio che, da quanto ho potuto vedere in questi mesi, non manca nella Pa italiana che sta sviluppando una nuova consapevolezza di fronte a mutamenti epocali.