La ricerca di un equilibrio tra l’interesse alla tutela dei minori e quello alla protezione della privacy dei cittadini si sta trasformando in una delle questioni più delicate affrontate dall’Unione europea, a fronte del pericoloso aumento dei reati di natura sessuale verso i più piccoli, complice anche la pandemia.
Se indubbia risulta l’importanza della tutela dei minori sul web, ciò che è in discussione sembrerebbe infatti riguardare l’esistenza di un limite oltre il quale la protezione dei minori debba cessare, per non tradursi nella violazione del diritto alla riservatezza delle conversazioni altrui, attraverso i noti canali digitali come Whatsapp, Messanger, Facebook, sistemi di mail, Telegram e altri ancora.
La soluzione e tutt’altro che scontata. Esaminiamo i contorni del fenomeno e le proposte legislative in discussione.
Il fenomeno crescente degli abusi sessuali ai danni di minori adescati in rete
Il fenomeno dell’adescamento di minori diretto all’abuso e allo sfruttamento sessuale si realizza sia nella vita reale sia sul web (grooming children), specie negli ultimi anni, in cui lo sviluppo tecnologico della rete ha accresciuto la frequenza del reato, determinando la creazione di un vero e proprio traffico relativo allo scambio e vendita di materiale pedo-pornografico ai danni di bambini.
A ben vedere, il progresso tecnologico si configura come un’arma a doppio taglio, a seconda dell’utilizzo impiegato, lecito o illegale. Basti prendere in considerazione, ad esempio, lo strumento rappresentato dalla cifratura: se da un lato tale tecnica assicura la riservatezza e la sicurezza delle comunicazioni, dall’altro consente a chi intende abusare sessualmente di minori di agire con libertà.
Come anticipato, l’impiego delle piattaforme digitali da parte dei bambini, aumentato in tempo di pandemia globale, ha accresciuto l’esposizione degli stessi ai pericoli tanto subdoli quanto gravi che la rete nasconde, quali l’adescamento online e gli abusi che poi ne conseguono. Da ciò l’importanza di una campagna di prevenzione (da ultimo anche lo scorso 18 novembre, con una giornata dedicata, diretta a sensibilizzare, far riflettere e porre la luce su una problematica sempre più diffusa), a poca distanza, tra l’altro, dell’entrata in vigore del Codice europeo delle comunicazioni elettroniche, nel mese di dicembre 2020.
Il codice europeo globale delle comunicazioni elettroniche
Il dibattito in esame, del possibile limite oltre il quale la protezione dei minori debba cessare, per non tradursi nella violazione del diritto alla riservatezza delle conversazioni altrui, attraverso i noti canali digitali, è sorto con riferimento al “Codice europeo globale delle comunicazioni elettroniche” istituito dalla Direttiva UE 2018/1972 del Parlamento Europeo e del Consiglio, oggetto di attuazione in Italia e negli Stati membri entro il 21 dicembre 2020.
Con esso viene attuata la riforma del settore delle telecomunicazioni elettroniche, che introdurrà una nuova definizione di servizi di comunicazione elettronica comprendente, a partire da tale data, anche i “servizi di comunicazione interpersonale indipendenti dal numero”. La conseguenza dell’estensione dei servizi di comunicazione elettronica anche a questa categoria di servizi, è la disapplicazione delle disposizioni del GDPR (Regolamento europeo sulla protezione dei dati), e quindi anche delle garanzie ivi previste, a favore delle disposizioni della direttiva e-privacy (la n. 2002/58/CE), applicabile appunto ai servizi di comunicazione elettronica.
La direttiva e-privacy non contiene una base giuridica esplicita per il trattamento volontario dei dati relativi ai contenuti o al traffico ai fini dell’individuazione degli abusi sessuali sui minori online. E dunque, dalla prevista disapplicazione del Regolamento Europeo, ne seguirà la difficoltà per le aziende, quali, ad esempio, Google, Facebook etc., di adottare quelle misure che finora venivano intraprese per segnalare il traffico di materiale pedopornografico.
Occorre altresì osservare come nel corso degli ultimi anni il ruolo svolto da fornitori dei servizi di comunicazione nell’intercettare soprusi ai danni dei minori si sia rivelato di fondamentale importanza. Le aziende di telecomunicazioni devono poter continuare ad attivarsi nella lotta alla pedopornografia on line. Tuttavia, per poter continuare ad attivarsi in tale direzione, è indispensabile una legge apposita, una base giuridica, che sopperisca alle lacune contenute nella direttiva e-privacy.
La proposta del Parlamento Europeo e del Consiglio attualmente in discussione
Nello sforzo diretto alla ricerca di un preciso equilibrio tra privacy, sicurezza delle comunicazioni e sicurezza pubblica, si pone la proposta del Parlamento Europeo e del Consiglio attualmente oggetto di dibattito. In tale risoluzione in particolare si propone una temporanea inapplicabilità degli obblighi specifici di cui all’articolo 5, paragrafo 1, e all’articolo 6 della direttiva 2002/58/ CE al trattamento dei dati personali e di altro tipo in connessione con la fornitura di servizi di comunicazione interpersonale indipendenti dal numero, limitatamente a quanto strettamente necessario per tutelare i minori dai reati di tipo sessuale.
Le diposizioni della cui deroga si discute disciplinano il principio di riservatezza delle comunicazioni effettuate tramite la rete pubblica di comunicazione e i servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico, nonché dei relativi dati sul traffico, vietando l’ascolto, la captazione, la memorizzazione e altre forme di intercettazione o di sorveglianza delle comunicazioni, e dei relativi dati sul traffico, ad opera di persone diverse dagli utenti, senza consenso di questi ultimi
Il possibile allentamento della crittografia
In ragione di quanto appena espresso, il Consiglio prevede l’impiego di una tecnica specifica volta ad aggirare il sistema della crittografia. Si tratta di una “tecnica di scansione” che consente l’esame del messaggio in aperta violazione della crittografia. Solo in un momento successivo, in caso di materiale illecito, segue l’impedimento di invio del messaggio stesso nonché la segnalazione alle forze dell’ordine.
Preme innanzitutto osservare come la crittografia si presenta infatti come arma a doppio taglio, a seconda dello scopo, lecito o illecito, per cui è utilizzata. Se da un lato difatti si pone a tutela dei singoli utenti e della loro sfera di riservatezza, al contempo, potrebbe altresì favorire il singolo utente-malintenzionato, il quale potrebbe essere posto nella condizione di essere difficilmente rintracciabile e, quindi, punibile.
Si osserva altresì per tali motivi come la bozza di risoluzione sia stata recepita con sfavore dai fautori e sostenitori della privacy online, i quali sono convinti che la stessa realizzi solo una intrusione nella sfera di riservatezza dei singoli utenti. C’è difatti chi ritiene che la risoluzione in parola rechi in sé uno strumento di controllo costante, comportando una violazione di un patrimonio notevole di dati personali.
Inoltre, non è mancata l’opinione di coloro che sostengono che il cattivo esito della risoluzione sia dipeso dalla carenza di fiducia da parte dei cittadini, delle grandi aziende private e dei poteri pubblici ed è stato a tal proposito sostenuto che “gli attacchi terroristici mai dimenticati siano usati come un pretesto o come l’occasione per dotare le forze dell’ordine di strumenti di indagine più forti alterando così un equilibrio che in tempi ordinari non si avrebbe la forza di modificare”.
L’accesso alla crittografia significherebbe violare la sfera privata di tutti gli utenti, in modo indiscriminato. A tal riguardo si riportano le parole del ricercatore, Julian Jaursch, presso il centro di ricerca tedesco su responsabilità e nuove tecnologie: “Se si vuole sospendere la segretezza dei canali crittografati messenger e altre piattaforme si deve rinunciare all’idea stessa della crittografia che è fatta per tutelare persone vulnerabili che devono essere in grado di comunicare in un ambiente sicuro senza timore di ritorsioni da parte dei governi o di altri attori”.
Conclusioni
Non vi è dubbio che nell’ambito di un fenomeno così tanto grave, qual è quello del grooming, occorre innanzitutto chiedersi se sia davvero possibile parlare di un limite alla tutela dei minori online, limite che come tale non può essere superato per non invadere la sfera di riservatezza del singolo utente. La risposta non sembra essere affatto scontata, nonostante che la lotta contro gli abusi sessuali sui minori sia definita una priorità per l’UE.