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Temporary management, che cos’è e perché è importante per le PMI

Il temporary management è un approccio che mira ad aiutare le imprese a evolvere sul fronte della digitalizzazione, dell’ottimizzazione dei processi e degli aspetti finanziari: in particolare, in Italia può rappresentare una leva per lo sviluppo delle PMI

Pubblicato il 25 Gen 2021

Davide Bedini

commercialista

temporary management

Competenze di alto livello, approccio snello, supporto alle imprese, risultati esponenziali: tutti concetti che ritroviamo nell’espressione Temporary Management. Questo fenomeno, in grande crescita negli ultimi anni, merita di essere approfondito soprattutto alla luce del periodo di forte difficoltà che il Paese sta attraversando a causa della pandemia da Covid-19. Oltretutto, il Temporary Management, così in rapida crescita, potrebbe essere davvero un volano per il mondo delle PMI, al fine di organizzarle e valorizzarle sempre meglio e di farle competere anche in ottica internazionale. Cerchiamo di capire, anzitutto, di cosa si tratta e quali sono le sue applicazioni.

Che cos’è il temporary management

Per temporary management si intende l’affidamento di una parte dell’impresa o della totalità della stessa a dei manager esterni altamente qualificati con pluriennale esperienza in aziende del settore. Questi ultimi mettono la loro esperienza professionale a servizio delle imprese al fine di affinare determinati processi aziendali o per consentire loro di migliorare alcune aree a bassa produttività oppure ancora per gestire al meglio determinate situazioni societarie.

A cosa serve

Il temporary management serve per implementare un corretto ricambio generazionale che non si basi sulla fiducia ma sulle competenze, serve per gestire in modo efficiente la finanza d’impresa, per programmare investimenti, per valutare operazioni societarie, per rendere più efficienti i processi aziendali, per digitalizzare la società ma soprattutto per generare un margine sui prodotti che sia congruo ad uno sviluppo dell’impresa.

Gli obiettivi

Le aree di intervento sono davvero variegate, ma possiamo evidenziare quelle più rilevanti. I profili maggiormente richiesti per il temporary manager attengono in prima istanza all’amministrazione, finanza e controllo, ma si stanno affermando anche altri profili come il temporary manager CEO, HR inteso come manager dedicato alla riorganizzazione delle risorse umane, CDO (Chief Digital Officer) inteso come manager dedicato allo sviluppo digitale e all’integrazione dei processi aziendali in chiave digitale della Società, oppure ancora manager esperti in ricambi generazionali.

Questi ultimi in special modo possono essere di grande sollievo per tutte le imprese a conduzione familiare che hanno opportunità potenziali molto elevate ma che a causa di ricambi generazionali poco adeguati rischiano di far naufragare anni di sacrifici.

Temporary manager e consulente, le differenze

Questi manager con elevate capacità ed esperienze, vengono dotati di tutti gli strumenti decisionali necessari al raggiungimento degli scopri prefissati. Nello specifico vengono loro affidati poteri e deleghe funzionali allo scopo. Non si tratta, dunque, di attività di consulenza. La differenza principale tra queste due categorie è che il consulente consiglia, il Temporary Manager gestisce ed esegue. Sebbene nella pratica il confine tra queste due macrocategorie possa tendere ad affievolirsi è bene ricordare che si tratta di due concetti distinti, soprattutto in un Paese come il nostro nel quale questa tematica si è appena radicata. Nulla vieta, naturalmente, che il consulente possa fornire un parere esterno a quanto pianificato e implementato dal Temporary Manager. Ne consegue che le due figure, seppure distinte, possano certamente collaborare.

Il temporary management in Italia

In Italia questa categoria di professionisti sta crescendo esponenzialmente negli ultimi anni, seppur con caratteristiche peculiari rispetto ai colleghi europei. I Temporary Manager italiani, infatti, hanno nell’82% dei casi più di 50 anni (contro il 58% dato europeo), applicano l’attività del temporary management in larga percentuale alle imprese industriali rispetto a quelle per servizi, (70% contro il 58% dato europeo) e prediligono in special modo le PMI rispetto alle grandi imprese (il 63% dell’attività del temporary management risulta impiegata sulle PMI rispetto al dato europeo del 45%).

Temporary manager e PMI

Dopo questo breve confronto tra Italia ed Europa, sorge una domanda spontanea: perché in Italia, soprattutto nelle PMI, si ritiene che sia necessaria la figura del Temporary Manager? La risposta è semplice, ma le radici sono molto lontane. Le PMI italiane, che rappresentano la spina dorsale del nostro Paese soprattutto in termini di occupazione, hanno dei problemi cronici irrisolti. Questi problemi vanno affrontati e vanno affrontati subito, perché oggi ci troviamo in una situazione pandemica e con una crisi senza precedenti, e abbiamo l’occasione di abolire quegli schemi obsoleti e antiquati che hanno regolato la vita industriale delle PMI del nostro paese.

Nello specifico, le piccole e medie imprese negli ultimi 20 anni si sono servite di sistemi gestionali di fattura artigianale ed inefficiente, producendo bassa o bassissima marginalità e generando (come ovvia conseguenza) investimenti nulli in ricerca e sviluppo, nel digitale, nell’internazionalizzazione, e salari bassi per i propri dipendenti. Preoccupa soprattutto la permanenza decennale delle PMI in questa macrocategoria. Se le imprese sono vincenti e si adoperano in modo adeguato, sono inevitabilmente chiamate alla crescita. La pandemia da Covid-19 ha sicuramente accelerato ed evidenziato un concetto che purtroppo rappresentava “l’elefante nella stanza” del nostro Paese: le nostre PMI, tranne qualche eccezione, non sono competitive, non crescono e non generano crescita a loro volta.

Se a questo aggiungiamo che molto spesso le aziende italiane sono inquinate dalla logica del “padre padrone”, o se vogliamo dirlo con un anglicismo, dal “one man show”, è facile evincere che logiche come la corporate governance, il coinvolgimento dei dipendenti, i check and balances interni, non trovano spazio in determinate realtà. Questo tipo di logiche, infatti, riconoscono unicamente nel fondatore l’unica voce in campo. Tutte le aziende, però, devono adattarsi ai cambiamenti di mercato sotto molteplici tematiche e una mente sola non può essere pronta e reattiva su tutti i fronti. Soprattutto, non ci sono capacità e preparazione sufficienti per poter affrontare tutto da soli in un mondo complesso come quello attuale.

Spesso capita, peraltro, che questa logica sia “ereditaria”, e che le generazioni successive rimpiazzino le precedenti senza una effettiva preparazione. È comune, infatti, che in realtà particolarmente piccole la fiducia nei parenti vada a rimpiazzare e a sostituire la competenza di soggetti esterni. Quello che manca, in definitiva, è qualcuno che affianchi le imprese in un mondo diventato troppo complesso e in rapida evoluzione per la logica del “padre padrone”.

L’impatto del temporary management sulle imprese

Sono numerosi, infatti, gli studi che mostrano come, grazie all’utilizzo del Temporary Manager ci sia la possibilità di instaurare un circolo virtuoso. È dimostrato, nello specifico, che le aziende guidate da imprenditori e manager più istruiti tendono a selezionare lavoratori a loro volta più istruiti. Unitamente a questo aspetto, bisogna sottolineare anche come, non tutti i margini di miglioramento visto in precedenza potrebbero essere affidati a singoli Temporary Manager. Si può valutare, difatti, la presenza di un pool di manager ognuno specializzato nella propria area di competenza. Alcune società di servizi già si sono mosse in questo senso, offrendo servizi di Temporary Management verticalizzati per funzioni aziendali.

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