A leggere bene il nostro PNRR, senza voler entrare nel merito della qualità progettuale, due sono i punti critici più evidenti:
- chi sono i soggetti attuatori (governance),
- quali procedure di attuazione seguire (execution).
Una debolezza strutturale dell’intero impianto. Eppure il sistema di rating che la Commissione europea ha istituito per valutare i Piani prevede una sezione specifica proprio su questi due aspetti. Senza dimenticare che c’è anche la clausola di condizionalità macroeconomica: potrebbero essere sospesi, in tutto o in parte, impegni e pagamenti a favore dello Stato che non persegua una sana governance economica (e non adotti misure efficaci per correggere il deficit eccessivo). A questo punto sorge il dubbio se il PNRR vada riscritto completamente oppure bastino alcune correzioni.
Procedure di approvazione e criteri di valutazione dei Piani di ripresa e resilienza
Sono ben diciassette i parlamenti nazionali che stanno esaminato la proposta di Regolamento per il dispositivo per la ripresa e la resilienza, il maggiore (672,5 miliardi di euro) tra i programmi per la ripresa finanziati da Next Generation EU. L’Italia, a cui è riservato circa il 20% dei fondi, ne sarà tra i maggiori beneficiari e il 12 gennaio il Consiglio dei ministri ha pubblicato il piano nazionale di ripresa e resilienza che, una volta approvato dalle Camere, sarà inviato a Bruxelles per richiedere i finanziamenti.
Il nostro Piano, messo sotto la lente da molti osservatori, destina le risorse in modo coerente con le priorità europee (il 37% della spesa riservato alla transizione verde e il 20% alla transizione digitale). Rimane tuttavia un documento ancora troppo vago su alcuni punti e troppo generalista, nel quale non si è riusciti a definire bene le riforme da fare (tranne quella della giustizia) e le proposte progettuali dove concentrare le risorse. Altri Paesi avranno meno soldi di noi (Germania, Francia e Spagna), ma i rispetti governi sono riusciti a selezionare le priorità e individuare i settori più strategici su cui investire.
PNNR, sulla governance poche idee e confuse: ecco i fronti critici
Va chiarito, innanzitutto, cosa prevede esattamente il regolamento UE e quali criteri di valutazione adotterà la Commissione per approvare i Piani. È ormai risaputo che lo Stato che desidera ricevere sostegno dovrà presentare alla Commissione, entro il 30 aprile (all’interno del Programma nazionale di riforma), il Piano per la ripresa e la resilienza. Il suo contenuto è dettagliato in maniera minuziosa nel regolamento nei suoi aspetti quantitativi e qualitativi, in maniera tale da assicurarne tra l’altro la coerenza con:
- le sfide e priorità nazionali emerse nel contesto del semestre europeo, incluse quelle identificate nella più recente raccomandazione sulla politica economica;
- le informazioni inserite nei Piani nazionali di riforma, nei Piani nazionali per l’energia ed il clima, nei Piani per la transizione giusta, nei Piani per l’attuazione della garanzia giovani e negli accordi elaborati nel contesto dei fondi unionali;
- le priorità generali dell’Unione, con particolare riferimento alla transizione verde (il 37% della spesa dei piani nazionali dovrà essere dedicata agli obiettivi del clima), alla transizione digitale (a sostegno della quale deve essere destinato almeno il 20% della spesa contenuta in ogni piano nazionale).
Saranno finanziabili misure introdotte a partire dal 1° gennaio 2020; gli impegni di spesa possono avere luogo fino al 2023; pagamenti dei contributi finanziari devono essere effettuati entro il 2026. Entro questa stessa data devono essere realizzati riforme e investimenti. I Piani nazionali saranno sottoposti a un processo di approvazione che prevede la valutazione della Commissione sulla base di criteri prestabiliti (rilevanza, efficacia, efficienza, coerenza); l’approvazione a maggioranza qualificata dal Consiglio dell’Unione.
I criteri di valutazione
La Commissione valuterà l’importanza e la coerenza dei Piani (contributo alle transizioni verde e digitale) tenendo conto dei seguenti criteri:
- il PNRR è in grado di contribuire ad affrontare in modo efficace le sfide individuate nelle pertinenti raccomandazioni specifiche per paese rivolte allo Stato membro interessato o in altri documenti pertinenti adottati ufficialmente dalla Commissione nel contesto del semestre europeo (qui le Raccomandazioni per l’Italia per il 2020 e 2021 );
- il piano prevede misure che contribuiscono efficacemente alle transizioni verde e digitale o ad affrontare le sfide che ne conseguono;
- il piano per la ripresa e la resilienza è in grado di avere un impatto duraturo sullo Stato membro interessato;
- il piano per la ripresa e la resilienza è in grado di contribuire efficacemente a rafforzare il potenziale di crescita, la creazione di posti di lavoro e la resilienza sociale ed economica dello Stato membro, attenuare l’impatto sociale ed economico della crisi e contribuire a migliorare la coesione economica, sociale e territoriale;
- la motivazione fornita dallo Stato membro in merito all’importo dei costi totali stimati del piano per la ripresa e la resilienza presentato è ragionevole e plausibile ed è commisurata all’impatto atteso sull’economia e sull’occupazione;
- il piano per la ripresa e la resilienza prevede misure per l’attuazione di riforme e di progetti di investimento pubblico che rappresentano azioni coerenti;
- le modalità proposte dagli Stati membri interessati sono tali da garantire un’attuazione efficace del piano per la ripresa e la resilienza, con il calendario e i target intermedi e finali previsti, e i relativi indicatori.
In merito a quest’ultimo criterio, sulla governance e l’execution, la Commissione avrà a disposizione tre rating per giudicare il grado di attuazione efficace del Piano (modalità adeguate, minime e insufficienti). Il giudizio finale si baserà sulla valutazione dei seguenti parametri:
- All’interno dello Stato membro, è stata individuata la struttura incaricata di: 1) attuare il piano per la ripresa e la resilienza; 2) monitorare i progressi in relazione ai target intermedi e finali; 3) fornire comunicazioni e informazioni.
- I target intermedi e finali proposti sono chiari e realistici; gli indicatori proposti sono pertinenti, accettabili e solidi.
- Le modalità generali proposte dagli Stati membri in termini di organizzazione (compresa la garanzia di una sufficiente assegnazione di personale) per l’attuazione delle riforme e degli investimenti sono credibili.
A seguito del processo di valutazione, la Commissione attribuirà all’intero Piano un rating complessivo in base a ciascuno dei criteri di valutazione. Il rischio che corre l’Italia è che l’attuale versione del Piano, in particolare sulle modalità di attuarlo efficacemente, sia valutata in maniera insufficiente, quindi, con rischio di bocciatura.
La governance e le riforme (da definire) nel PNRR dell’Italia
Nella proposta di PNRR del 12 gennaio è riportato che “il Governo rinvia a un momento futuro la presentazione al Parlamento di un modello di governance che identifichi: la responsabilità della sua realizzazione, garantisca il coordinamento con i Ministri competenti a livello nazionale e agli altri livelli di governo, monitori i progressi di avanzamento della spesa”. Una formula troppo vaga, che non chiarisce nulla sui soggetti attuatori dei progetti, che dovranno essere progressivamente chiamati a rendere conto dello stato di avanzamento delle opere, della spesa effettivamente sostenuta, nonché del raggiungimento degli obiettivi prefissati.
A proposito di tale tema sembra chiaro come occorra definire, in tempi rapidi, una governance della attività di predisposizione e attuazione del Piano, che sappia coniugare le esigenze di una visione complessiva, a carattere nazionale, con il ruolo che i livelli di governo sottostanti, a partire da quello regionale, saranno chiamati a svolgere nei vari ambiti di competenza in diversa misura. Nel Piano si legge che “quale che sia il modello di governance sul quale si deciderà di convergere, quanto al ruolo delle autonomie territoriali e locali, ciò che appare imprescindibile è che al riconoscimento di competenze programmatorie e gestionali, cui consegue un potere di spesa, corrisponda l’attribuzione di precise responsabilità politiche e amministrative, in un quadro di massima efficienza e trasparenza complessive nell’utilizzo delle risorse”.
Ecco allora emergere la necessità di un approccio inclusivo e trasversale rispetto alla gestione delle risorse, in cui andrebbe evidenziata la complementarietà e il collegamento ad obiettivi strategici comuni, da raggiungere attraverso una serie di azioni collegate secondo un approccio che faciliti l’associazione tra amministrazioni e obiettivi. L’ottica di una “performance di filiera”, con l’assegnazione di obiettivi comuni, potrebbe trovare riscontro nei Piani delle Performance degli enti interessati, anche tramite l’utilizzo di piattaforme informatiche.
In tal modo, attraverso la gestione informatizzata, integrata e complementare dei progetti finanziati sarà possibile verificare l’effettivo raggiungimento degli obiettivi strategici e valutarne l’impatto e il valore pubblico prodotto dalle amministrazioni. La digitalizzazione, infatti, è un potente strumento di trasparenza, rende possibile uno sfruttamento efficace dei dati per migliorare la qualità di tutte le decisioni di policy e amministrative, potendone valutare più facilmente l’efficacia per successivi interventi correttivi.
Il ruolo della digitalizzazione della PA
La digitalizzazione della PA, in particolare, assume un ruolo cruciale ed è un passaggio decisivo per l’attuazione del Piano, anche in termini di responsabilizzazione dei soggetti. Per questo, anche sui temi del digitale, andrebbe fatta una riflessione in termini di integrazione del Piano, in particolare, come evidenziato da FPA per un forte investimento sulle competenze digitali della PA.
Da un lato servono procedure chiare in fase di progettazione, attraverso l’adozione di modelli organizzativi orientati ai progetti per facilitarne la governance, come suggerito dall’Istituto Italiano di Project Management (ISIPM) “anche attraverso l’istituzione di Program Management Offices (PMO), e l’adozione delle metodologie di gestione progetti definite dalle normative tecniche nazionali ed internazionali, superando quindi gli attuali modelli organizzativi funzionali, o per silos”. Dall’altro, serve uno sforzo per aumentare la preparazione e le competenze nel gestire le risorse messe in campo dall’Unione Europea. Una PA digitalmente preparata a programmare e a gestire progetti non può essere frutto di improvvisazione.
PNRR, il Governo punta su PA digitale: luci e ombre del piano
Conclusioni
L’invito fatto all’Italia dalla Presidente Ursula von der Leyen a un lavoro sul Recovery “senza sosta”, rende evidente l’urgenza di migliorare alcuni punti critici di cui difetta il nostro PNRR. Ne abbiamo evidenziati alcuni: progetti da selezionare in base alla loro capacità di raggiungere gli obiettivi indicati; chiarire le riforme da fare, che le regole europee considerano punti essenziali, senza troppi giri di parole; dettagliare in che modo l’attuazione delle misure è in grado di contribuire in modo significativo alla trasformazione digitale dei settori economico e sociale; che le amministrazioni pubbliche coinvolte nella gestione e realizzazione dei progetti siano pronte ad affrontare tale sfida. Un grande impegno corale, che diventa una sfida organizzativa, di apprendimento, di competenze a tutti i livelli.
In questi giorni di consultazione politica il quesito sarà riecheggiato più volte. La scadenza di aprile si avvicina. Presto faremo i conti con la Commissione, che dovrà esprimersi sulla qualità delle nostre proposte. A Bruxelles andrà sottoscritto un vero e proprio “atto di esecuzione”. Rischiamo una bocciatura se non si adotteranno correttivi in tempo. Prendere coscienza del rischio è già un passo in avanti ed è ormai chiaro a tutti che occorre intervenire. Come farlo è ancora tutto da scoprirlo, ma sono in tanti che pronosticano un decreto sul Recovery, per dare certezza alla governance e ai tempi delle procedure, uno dei primi provvedimenti del nuovo governo.