E’ comunemente accettato che il 21° secolo si baserà sulla conoscenza e sulla capacità delle diverse economie di utilizzarla adeguatamente per produrre valore e benessere. In questo scenario, le università giocano un ruolo primario non solo nel fornire agli allievi le conoscenze e le competenze fondamentali, ma anche nello stimolarli in termini di capacità d’innovazione e di applicazione pratica delle competenze acquisite. Queste iniziative si collocano nell’ambito della terza missione delle università (le prime due sono la formazione e la ricerca) e sono volte a favorire l’applicazione diretta, la valorizzazione e l’impiego della conoscenza per contribuire allo sviluppo sociale, culturale ed economico della società.
Per adempiere alla terza missione, fra varie iniziative, molte università hanno dato vita a degli incubatori d’impresa, vale a dire delle iniziative di sviluppo economico progettate allo scopo di favorire la nascita di attività imprenditoriali mediante un insieme strutturato di risorse e servizi. Gli obiettivi di un incubatore universitario sono quelli di favorire l’imprenditoria innovativa potenzialmente presente negli studenti e nei laboratori di ricerca, favorire il trasferimento tecnologico e attivare collaborazioni di innovazione aperta fra startup e aziende. Oggi al mondo esistono più di 1.200 incubatori universitari e, negli anni, si è potuto constatare come le iniziative imprenditoriali nate dal mondo accademico posseggano un significativo valore innovativo e potenziale di crescita. L’iniziativa indipendente UBI Global (http://ubi-global.com/) valuta le performance dei migliori incubatori universitari, ne confronta i modelli operativi e pubblica annualmente un ranking mondiale.
Anche in Italia, le migliori università, a partire dagli anni 2000 hanno attivato degli incubatori d’impresa. Oggi, l’associazione PNI Cube degli incubatori universitari italiani e delle business plan competition (denominate Start Cup) accademiche consta di 41 associati. Questa crescita, unita alla qualità delle startup vincitrici delle competizioni universitarie ci mostra come oggi in Italia si stia creando un’infrastruttura di supporto per la nascita di spin-off universitari e/o di startup di estrazione accademica.
Fa molto piacere vedere fra i punti dell’Agenda Digitale evidenziato il tema dell’innovazione delle imprese e, fra queste, sono prese in considerazione anche le startup. In effetti, in questi ultimi anni il Governo ha dimostrato un forte interesse a sostenere la crescita dell’ecosistema italiano delle startup mediante regolamentazioni e agevolazioni. Oggi il numero delle startup innovative certificate supera le 7.000 unità e coinvolge oltre 26.000 collaboratori. Il comparto, ancora in una fase iniziale, non riesce però ad esprimere delle metriche di business rilevanti e permangono degli importanti snodi critici da indirizzare per consentire al nostro ecosistema di raggiungere livelli di maturità comparabili con quelli di altre nazioni europee. Si tratta comunque di un’importante massa critica, capace di esprimere un forte potenziale di innovazione e connotata da competenze tecnologiche allo stato dell’arte.
Fra le iniziative dell’Agenda Digitale, ritengo sia importante prendere in considerazione come far leva su questo ecosistema. Da un lato è evidente il bisogno della PA di innovazione e di competenze digitali, dall’altro molte startup sono oggi proprio alla ricerca di domini di business e ambiti applicativi su cui specializzare i propri prodotti/servizi. In questo scenario, gli incubatori universitari, per natura e missione istituzionale, possono giocare un ruolo chiave nel favorire concretamente l’attivazione di collaborazioni virtuose tra i due mondi, favorendo anche la nascita di startup con orientamento specifico per la Pubblica Amministrazione.
Quest’azione, fra l’altro, stimolerebbe la nascita di startup a vocazione sociale, in grado di perseguire contemporaneamente obiettivi di profitto e di impatto sociale, favorendo la nascita di un nuovo welfare imprenditoriale alternativo capace di intercettare i bisogni sociali emergenti. Si tratterebbe quindi della creazione di una forte, affidabile e importante alleanza fra governo, università e industria, volta ad essere un significativo prerequisito per lo sviluppo economico, sociale e finanziario del nostro Paese.