Il lancio di Libra, la criptomoneta di Facebook sta facendo emergere l’urgente necessità di disciplinare un settore che ormai non può più sfuggire alle regole. I legislatori e i regolatori stanno dunque affrontando il loro primo grande test nella creazione di un quadro normativo per le criptovalute.
Il problema vero è che Libra potrebbe essere tutto e nulla, non essendoci un quadro normativo di riferimento, per cui alla luce del convergere di una serie azioni volte a scardinare il progetto, una domanda pare legittima: si vuole davvero bloccarla (a differenza di bitcoin che è inarrestabile ed incensurabile) o questi sono solo i prodromi di un accordo, tra gli USA, il primo dei detrattori, e Facebook (parti che a quanto pare non sono nuove a questo genere di interlocuzioni)?
Proviamo di seguito a delineare alcuni possibili scenari, partendo dalla posizione del Presidente Usa e del Congresso degli Stati Uniti.
La posizione di Donald Trump e del Congresso Usa
Il primo intervento da parte degli USA è rappresentato da una lettera a firma di alcuni membri del Congresso, i quali in stile moral suasion hanno chiesto di interrompere lo sviluppo di Libra.
Al Senato degli degli Stati Uniti, intanto, sono in corso una serie di audizioni di David Marcus, capo di Calibra alla Commissione Banking, Housing, and Urban Affairs.
Proprio prima delle audizioni del Congresso, il presidente Donald Trump ha espresso il suo parere su Twitter, affermando che Facebook, se volesse diventare una banca dovrebbe sottostare a tutti i regolamenti bancari, proprio come le altre banche, sia nazionali che internazionali così aprendo un nuovo possibile scenario ancor più complesso.
Il nodo della gestione dei dati finanziari e le rassicurazioni di Facebook
A parte alcune personali considerazioni sul fatto che i rappresentanti del governo statunitense non abbiano dimostrato troppa dimestichezza con le cryptovalute stando anche al tenore dei quesiti posti a Marcus (“Credete davvero che la gente si fiderà di Libra dando a Facebook i soldi guadagnati con fatica?” -Sherrod Brown, Senatore dell’Ohio) c’è comunque da rilevare che la preoccupazione maggiore per il momento è quella relativa alla gestione dei dati finanziari, obiettivo di business di Calibra secondo il Senatore Repubblicano della Pennsylvania, Pat Toomey.
Di tutta risposta, Marcus a difesa di Calibra, ha spiegato i vantaggi che la valuta digitale offrirebbe, tra cui la possibilità delle persone di gestire direttamente i propri soldi, ed ha garantito “premura” nella redazione delle policy, termine forse un po troppo impertinente tenendo conto dello scandalo Cambridge Analytica.
La soluzione non è semplice e nemmeno il direttore esecutivo del progetto di portafoglio digitale Calibra, è stato sin ora, forse volutamente, in grado di dare una risposta diretta alle preoccupazioni dei legislatori su come inquadrare e definire il progetto, salvo chiarire che Libra non ha intenzione di competere con la valuta nazionale di alcun Paese e che il progetto Libra non interferirebbe in nessun modo nella politica monetaria delle banche centrali, piuttosto insistendo su come invece la “moneta” di Facebook rappresenterebbe solo una alternativa per i consumatori, che potranno usare il loro wallet digitale.
Alcuni scenari possibili per la regolamentazione di Libra
A questo punto non c’è che da ipotizzare alcuni scenari possibili, uno dei quali riguarderebbe l’inquadramento di Libra tra i titoli e fondi negoziati in borsa, così eleggendo la Securities and Exchange Commission come suo principale sorvegliante. A differenza delle altre istituzioni di sorveglianza, come la Commodity Futures Trading Commission (CFTC), però, la SEC non ha una consolidata esperienza nel valutare nuovi prodotti e quindi, stando alle dichiarazioni di Elliot Lutzker, ex avvocato della SEC e attuale partner di Davidoff Hutcher e Citron LLP. la CFTC sarebbe la prima scelta per Facebook non ritenendo di poter inquadrare il fenomeno Libra nel “genus delle security”.
Anche Marcus, forse temendo l’eccessiva stretta della Sec, in occasione dell’udienza del Comitato per i servizi finanziari della Camera, ha escluso che Libra possa essere classificata tra i titoli, sostenendo che la valuta digitale non avrebbe superato il “test Howey“, una misura utilizzata dalla SEC dopo una decisione della Corte Suprema del 1946 che definisce ciò che è regolato come security.
Marcus ha affermato con forza, “Libra non è un prodotto finanziario ma uno strumento di pagamento”. La SEC però dal canto suo sottolinea come non sia remota la possibilità che uno strumento di pagamento possa essere quotato e negoziato in borsa, infatti secondo il massimo organo di vigilanza statunitense qualora si disponesse di un titolo garantito da altri titoli (come nel caso di Libra) si integrerebbe senza dubbio la fattispecie del titolo negoziato (Jim Himes -D-Conn.).
Invece secondo Gary Gensler, ex presidente della CFTC, a nulla rileva quanto affermato da Marcus in merito al test di Howey e pertanto definisce “inequivocabile” il fatto che Libra sia una security anche perché la “moneta” di Facebook comporta rischi di mercato e multivaluta e rientra nella ratio dei fondi di investimento comuni. Altra opzione, fortemente sostenuta da un’area degli esperti di governo, sarebbe inquadrare Libra come merce, così da poterla sottoporre al controllo della CFTC.
C’è da ricordare, per comprendere i toni del dibattito, che la CFTC è stata storicamente sempre più favorevole ai nuovi prodotti aventi ad oggetto la valuta virtuale rispetto alla SEC, ed infatti Justin Slaughter, partner di Mercury Strategies LLC ed ex capo consigliere politico della CFTC sostiene che come nuovo regolatore, il CFTC tenderebbe ad essere più flessibile.
Anche per Marcus la strada che porta al CFTC sarebbe sicuramente meno stringente sebbene rimarchi il fatto che Libra altro non è che uno strumento di pagamento.
C’è chi dice che questa scelta di Facebook di annunciare il lancio della sua “cryptovaluta” un anno prima del suo definitivo sviluppo sia finalizzato proprio a questo, aprire un dibattito e forse una trattativa per concordare i termini di gestione di quello che, se dovesse essere lanciato effettivamente, rappresenterebbe l’asset digitale con il più grande potenziale di utilizzo e diffusione, nonché la chiusura di un cerchio per una profilazione totale di più di 2 miliardi di persone.
Nei prossimi mesi si comprenderà meglio qual è l’indirizzo reale dei governi e delle autorità centrali e se una “moneta” privata ed il suo circuito rappresenteranno lo sviluppo di un nuovo sistema economico e finanziario nonché un nuovo mega incubatore di dati di miliardi di persone.
Il dato maggiormente rilevante però resta che ad oggi non si è trovato il sistema vincente per approcciare ad una regolamentazione efficiente del mondo crypto.
La semantica come utile approccio alla base della regolamentazione
Un giusto approccio potrebbe essere quello semantico, dare un nome e quindi conferire un’autonoma fattispecie ad ogni tipo di asset crittografico, conferendogli un identificativo lessicale che possa aiutare la costruzione di un nuovo regolamento ad hoc che prescinda dai principi sinora conosciuti e affrontati e che tenga conto della decentralizzazione, della distribuzione, del consenso, della sicurezza, del livello di condivisione delle informazioni, reinventando anche il concetto di privacy applicato al mondo dei DLT o della blockchain, separando più dettagliatamente i singoli contesti di operatività e nominandoli con termini nuovi per ogni possibile applicazione, introducendo un nuovo genus normativo che prenda le sue origini dal nuovo paradigma culturale che parte dal bitcoin e viene snaturato fino a Libra.
Il termine criptovaluta non è più sufficiente ad includere tutto ciò che dal bitcoin in poi è stato inventato né tutto ciò che riguarda un asset digitale potenzialmente rappresentativo di valore né tanto meno è pensabile di rinchiudere all’interno dei confini nazionali il quadro normativo ed applicativo.
Sarebbe come voler regolamentare il mercato dello scambio di beni e servizi usando solo il termine commercio, senza identificare gli oggetti specifici di tutela ed assumendo a riferimento lessicale solo un unico concetto che genericamente e in via molto lata rappresenta semanticamente la vendita di qualcosa in cambio di un prezzo.
Partire da zero, con il solo ausilio dell’esperienza decennale del fenomeno bitcoin e della sua vera comprensione, solo così sarà possibile non dimenarsi nel cercare di creare un ordinamento per analogia.