Le cose stanno cambiando in tema di accessibilità delle persone con disabilità ai servizi web offerti da soggetti privati. Un emendamento entrato nell’art. 29 del decreto-legge Semplificazioni pubblicato in Gazzetta Ufficiale e in vigore dal 17 luglio modifica infatti la Legge italiana sull’accessibilità ICT estendendola ai privati e anticipando, per una fascia di utenza, le nuove disposizioni Ue che dovranno essere recepite entro il 2022.
Accessibilità, un obbligo solo per la PA?
La novità può sorprendere alcuni perché in Italia quando si parla di accessibilità web si pensa sempre alle pubbliche amministrazioni, come se fossero gli unici soggetti a dover garantire informazioni e servizi accessibili. Questa “credenza” è dovuta al fatto che dal 2004 il nostro Paese ha una normativa, a tutt’oggi la più avanzata in Europa, che garantisce il diritto alle persone con disabilità di poter interagire con i servizi web e le app mobile afferenti alle pubbliche amministrazioni nonché di poter avere delle postazioni di lavoro idonee alle specifiche disabilità. In questo, tra l’altro, la normativa vigente è ben articolata: negli acquisti effettuati dalle PA di prodotti ICT i requisiti di accessibilità (stabiliti con delle linee guida art. 71 CAD ed emanate da AGID) sono essenziali. Allo stesso tempo qualsiasi contratto di sviluppo o aggiornamento di siti web e applicazioni mobili che non prevede il rispetto delle suddette linee guida è nullo.
Molti si dimenticano dell’esistenza della legge 67/2006, una normativa che prevede la rimozione delle discriminazioni dirette e/o indirette verso persone con disabilità che vale sia per il settore pubblico che per il settore privato e prevede anche un risarcimento del danno. Recentemente tale normativa è stata oggetto di un richiamo fatto dall’Associazione Luca Coscioni al Direttore dell’Agenzia delle Entrate per l’inaccessibilità dell’applicazione mobile “IO” in quanto non accessibile per le persone non vedenti, ossia una persona non vedente in autonomia non è in grado di poter richiedere il bonus vacanze. A seguito di tale segnalazione, vi è stato un impegno pubblico alla risoluzione del problema in una settimana. In altri casi la legge 67/2006 è stata già utilizzata anche nel settore privato: un istituto bancario, ad esempio, è stato obbligato a riposizionare un bancomat in quanto non era accessibile a persone con disabilità.
Accessibilità nel settore privato
Nel settore privato quindi vale solamente la legge 67/2006 ed è a discrezione del giudice? Attualmente sì, ma le cose stanno cambiando. Nel mese di marzo 2019, infatti, il Parlamento europeo ha approvato l’“European Accessibility Act”, considerata la più importante direttiva in materia in quanto dovranno diventare accessibili i prodotti e servizi web relativi a trasporti, e-commerce, media e settore finanziario, banche comprese. Da giugno del 2025, infatti, nessun prodotto o servizio non accessibile potrà essere immesso nel mercato europeo. L’Italia dovrà recepire questa direttiva entro il 2022, declinando eventuali specifiche tecniche per i vari settori destinatari.
L’emendamento presente all’art. 29 del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76 “Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale” anticipa per una fascia di utenza quanto già previsto a livello europeo.
Mentre il comma 2 si occupa di definire (finalmente) un sistema unico nazionale per la gestione di dei permessi di circolazione con relativi contrassegni per persone con disabilità, il comma 1 dell’art. 29 effettua un interessante aggiornamento della legge n. 4/2004.
Il comma 1 estende gli obiettivi della normativa vigente in tema di accessibilità “alle strutture ed ai servizi aperti o forniti al pubblico attraverso i nuovi sistemi e le tecnologie di informazione e comunicazione in rete”. Ciò è rafforzato dalla modifica dei soggetti destinatari a cui sono aggiunti i soggetti giuridici diversi dalle pubbliche amministrazioni, che offrono servizi al pubblico attraverso siti web o applicazioni mobili, con un fatturato medio, negli ultimi tre anni di attività, superiore a novecento milioni di euro.
Importante, inoltre, l’inserimento dell’estensione degli obblighi dell’art. 4 della legge 4/2004 anche al settore privato. Con tale novazione, infatti, anche gli acquisti di prodotti ICT effettuati dai soggetti giuridici di cui sopra dovranno essere effettuati tenendo conto che i requisiti di accessibilità dei prodotti sono necessari e non opzionali. Ciò significa che, grazie a tale indicazione, qualsiasi prodotto ICT acquistato dai soggetti giuridici di cui sopra dovrà essere predisposto per essere utilizzato da persone con disabilità.
Riguardo lo sviluppo di siti web e applicazioni mobili, si estende ai soggetti giuridici di cui sopra l’obbligo di inserire nel contratto di realizzazione e/o modifica della clausola di rispetto dei requisiti di accessibilità definiti dalla norma tecnica europea EN 301549 e recepiti dalle “linee guida per gli strumenti informatici” pubblicate dall’Agenzia per l’Italia Digitale. Va ricordato inoltre che nella nozione di siti web rientrano anche le applicazioni web e pertanto con tale modifica anche le realtà aziendali destinatarie della nuova norma dovranno adeguare i loro servizi digitali in modo da non discriminare nessun utente e/o dipendente.
Le attività organizzative e di monitoraggio svolte attualmente dall’Agenzia per l’Italia Digitale restano tali, se pur limitate alle pubbliche amministrazioni (art. 7 legge 4/2004), così come le responsabilità dirigenziali per l’ambito della pubblica amministrazione (art. 9 legge 4/2004).
Sanzioni economiche per chi non si adegua
L’ultima parte del comma 1 dell’art. 29 stabilisce le sanzioni per i soggetti giuridici, indicando che la violazione è accertata e sanzionata dall’Agenzia per l’Italia Digitale, fermo restando il diritto del soggetto discriminato di agire ai sensi della legge 1° marzo 2006, n. 67. Se a seguito dell’istruttoria l’Agenzia per l’Italia Digitale ravvisa violazioni della normativa in materia di accessibilità, fissa il termine per la rimozione delle infrazioni da parte del trasgressore. In caso di inottemperanza, l’Agenzia per l’Italia Digitale applica una sanzione amministrativa pecuniaria fino al 5 percento del fatturato. Tale novità è particolarmente interessante perché inserisce per la prima volta sanzioni economiche verso chi, in violazione della normativa, non provvede agli adempimenti necessari per la rimozione delle problematiche.
Questa novazione, in vigore da oggi 17 luglio, è un passo importante per preparare il Paese agli adempimenti previsti per il 2025 ed estesi a tutte le realtà aziendali, con esclusione delle micro-imprese.