Il rapporto Italia Digitale 2026. Risultati 2021-2022 e azioni per 2023-2026, pubblicato lo scorso 12 ottobre, rappresenta il testamento dell’attuale vertice del Ministero per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale (MITD), ormai giunto alle battute finali.
Anche se continuano fino al termine gli adempimenti, tanto che il documento sembra essersi persi alcuni passaggi dell’ultimo giorno o addirittura ora (per esempio, la pubblicazione del DMA nella Gazzetta ufficiale UE e la costituzione della società pubblica 3i S.p.A., che contestualmente è data in una colonna tra le azioni da perfezionare entro il mese di ottobre e in quella accanto tra le attività completate proprio il 12 ottobre).
D’altronde, il quadro delle attività è talmente ampio e articolato (come la giusta ansia di trasmettere il migliore lascito possibile a chi verrà) che è normale che la realtà superi la relativa prova documentale.
Italia digitale, tutte le azioni che restano da fare: avviso al nuovo Governo
Tra i risultati più significativi, si possono citare le gare chiuse per la selezione delle società che realizzeranno i 6 piani relativi alla connettività (Italia a 1 Giga, i due di Italia 5G, Scuole connesse, Sanità connessa e Collegamento isole minori), quella per il Polo Strategico Nazionale nonché l’adozione dell’80% dei decreti attuativi previsti dal programma di Governo (percentuale decisamente più elevata della norma, considerando anche i tanti compiti assegnati). Ma ce ne sono tanti altri.
Il documento non è però solo un elenco dei trionfi. Anzi le parti più interessanti sono senz’altro quelle relative ai prossimi passi attuativi, elencati in dettaglio per ciascuna delle 6 aree alle quali afferiscono le tante iniziative svolte e da svolgere (connettività, migrazione al cloud e servizi digitali della PA, sanità digitale, competenze digitali, tecnologia e spazio nonché leggi e regolamentazioni nazionali ed europee) nonché, vero cuore politico del rapporto, dulcis in fundo, le opportunità e le sfide principali con tanto di suggerimenti per il prossimo Governo.
Italia digitale, tra tante luci qualche ombra: ecco le principali
Tra tantissime luci, che speriamo possano aumentare ulteriormente in futuro, sono principalmente quattro gli elementi a mio avviso più critici (al quinto, l’intelligenza artificiale, l’incompiuta di ognuno degli ultimi Governi che si sono succeduti dal 2018 ad oggi, dedicherò un focus a parte).
- In primo luogo, a fronte di un’offerta di reti e servizi che sta aumentando vorticosamente (e che vedrà tassi di crescita ancora maggiori nei prossimi anni), la domanda è certamente indietro. Lo dimostrano i dati del DESI, a cominciare dalle reti (dove pure abbiamo fatto salti in avanti importanti, soprattutto sulla copertura 5G e altri ne faremo sulle infrastrutture fisse). Ma anche quelli casalinghi, snocciolati dal rapporto. A fronte di utenti SPID quasi raddoppiati nel periodo febbraio 2021-settembre 2022 (da 17,5 a 32 miglioni) e del numero di amministrazioni pubbliche che consentono accesso a servizi SPID più che raddoppiato (da 5.479 a 12.459), il numero di utenti abituali è sì addirittura triplicato tra 2020 e 2022 ma non va oltre quota 6 milioni. In poche parole, dopo l’effetto Green Pass, si rischia di mettere in piedi una piattaforma che rimane appannaggio di (relativamente) pochi cittadini.
- Molto dipenderà non solo dalla disponibilità di servizi ma anche dalla facilità d’uso e dalla relativa convenienza (costi e presenza di alternative migliori o comparabili). L’esperienza certamente fin qui negativa dei Piani voucher non deve far dimenticare inoltre l’esigenza di un supporto strutturale al consumo di Internet e dei suoi servizi per chi ne ha più bisogno. Soprattutto in una fase come quella attuale di inflazione elevata e di crescenti spese per le utility.
- Inoltre, se in alcune aree la collaborazione pubblico-privato sta dando buoni frutti, per certi versi inaspettati (vedi le iniziative di matching tra domanda e offerta di competenze ICT, grazie alla collaborazione con Anitec-Assinform), continuano a non esserci programmi precisi sull’apertura della Piattaforma Nazionale Dati ai privati, tranne alcune sperimentazioni in corso nel settore bancario. Sarebbe questo un vero e proprio salto in avanti per scaricare a terra l’intelligenza artificiale in Italia e far crescere l’ecosistema dell’innovazione digitale (coerentemente con la Strategia europea dei dati).
- Rimane inoltre ancora molta strada da percorrere per un impatto reale dei decreti semplificazioni sulle autorizzazioni al roll-out delle reti, fisse e mobili. Molti ostacoli non sembrano ancora superati e altre misure potrebbero rendersi necessarie per evitare ritardi nel cronoprogramma del PNRR (e più in generale per gli obiettivi italiani di connettività, giustamente molto ambiziosi).
- Infine, lascia molti dubbi la costituzione di 3i S.p.A., nuova società pubblica che dovrebbe fornire supporto alle amministrazioni pubbliche centrali con sviluppo di software e operations management, in particolare nell’ambito del welfare, a fronte peraltro dell’esistenza di altre società a controllo statale che svolgono compiti simili (su tutte Sogei e PagoPa). Il rischio concreto è che possa trattarsi di un nuovo carrozzone, destinato soprattutto ad assegnare nuove poltrone e rendite di potere.
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L’intelligenza artificiale: tutti la vogliono ma nessuno se la piglia
Il tema dell’intelligenza artificiale (IA) viene accorpato nel documento a quello della tecnologia e dello spazio. Dove la parte del leone lo fa sicuramente quest’ultimo. Nonostante i possibili collegamenti (pensiamo soltanto ai dati geo-spaziali), in realtà quello dell’IA rimane un ramo più o meno secco. Il MITD ha avviato il design di 5 iniziative per l’utilizzo dell’IA nella pubblica amministrazione e prevede l’avvio dell’implementazione di almeno 1 progetto entro il marzo del 2023). Nulla si dice sulle risorse messe a disposizione, a fronte del Fondo da 4,15 miliardi di euro istituito per il Deep Tech (e che dovrebbe andare in gran parte alla filiera dei semiconduttori). Non si fa invece menzione delle iniziative degli altri Ministeri (Sviluppo economico e Università e Ricerca) che condividono le competenze con il MITD.
Il risultato è che sembra dunque mancare del tutto qualsiasi approccio strategico alla materia, al contrario di quanto fanno da anni pressoché tutti i grandi Paesi UE. Assenza confermata ab origine da un Programma Strategico per l’IA triennale, pubblicata quasi un anno fa, che non traguarda neppure il periodo di attuazione del PNRR (ma si ferma al 2024, cioè a domani). Si menziona nel rapporto la definizione della governance interministeriale per l’esecuzione delle policy di IA ma il dato di fatto è che quest’ultima non sembra essere una reale priorità per nessuno dei ministeri che più di tutti dovrebbero promuoverla.
I consigli per il prossimo governo
Per il nuovo Governo si leggono consigli che sembrano esprimere tre preoccupazioni principali.
- Innanzitutto, che si perda il forte presidio e il coordinamento a livello di Presidenza del Consiglio, scegliendo di disperdere le competenze attuali del MITD o di collocarle presso un singolo Ministero con portafoglio.
- Secondo, si teme che l’approccio basato su un mix di bastone e carota, che certamente ha dato risultati mai raggiunti in passato, venga a sfilacciarsi. Dunque, a questo riguardo, per il MITD, serve rafforzare l’autorità di design delle architetture digitali del Paese, da un lato, e dall’altro, l’attuale modello di cooperazione del territorio, basato su tre step (coinvolgimento degli enti territoriali nel design iniziale; sperimentazione su piccola scala; rapido scale-up successivo).
- Infine, l’invito a rafforzare e stabilizzare il personale attualmente impiegato dal Ministero e soprattutto dal Dipartimento per la trasformazione digitale, che ha arricchito di molto le competenze originariamente presenti nella PA.
Naturalmente un’interpretazione malevola potrebbe prendere questi consigli come non richiesti o quantomeno molto interessati. Sulla base dell’esperienza di molti anni, possiamo tuttavia ritenerli perlopiù corretti e per certi versi doverosi.
Il prossimo Governo avrà certamente la possibilità di aggiustare e migliorare ma lo sforzo principale dovrà essere quello di proseguire e in alcuni ambiti accelerare l’implementazione del PNRR per permettere all’Italia di diventare prima della fine del decennio uno dei Paesi leader in Europa.