la proposta

Italia digitale, servono studi di fattibilità per uscire dal pantano

Non esiste una funzione del Governo in grado di tradurre l’Agenda digitale in un insieme di progetti identificati da uno studio di fattibilità. Sarebbe utile creare una funzione organizzativa permanente, con elevate competenze e professionalità, che ne mantengna l’Architettura oltre la mera specificazione degli standard

Pubblicato il 27 Apr 2017

Alessandro Osnaghi

Università di Pavia

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Le considerazioni che seguono discutono un possibile modello per il governo dell’Agenda digitale del Paese. Il modello proposto è descritto in modo estremamente sintetico e semplificato in un linguaggio non tecnico ed è basato sull’osservazione dei problemi che si sono presentati nei principali progetti in corso di sviluppo. Per costruire un modello di governance per i progetti sistemici della Agenda digitale è importante e necessario fare riferimento a casi di studio reali.

Analizzando ad esempio la storia del progetto ANPR, che considero paradigmatico di questa classe di progetti, salta all’occhio il fatto che non esiste il suo Studio di fattibilità. Produrre lo Studio di fattibilità di un progetto non è solo un obbligo di legge che si può disattendere, ma significa disporre del “documento costitutivo” che fornisce le informazioni necessarie per orientare le decisioni di chi lo promuove.

Lo studio di fattibilità identifica gli obiettivi del progetto, analizza le possibili soluzioni alternative e ne valuta i costi, identifica gli attori e i rispettivi ruoli e responsabilità e in sostanza fornisce al Governo gli elementi informativi necessari govper approvare il progetto e formalizzarne l’esistenza dal punto di vista giuridico ed economico.

Non può sorprendere quindi che senza lo Studio di fattibilità un progetto fallisca (in realtà ci si chiede come possa essere esistito) e personalmente ritengo questa mancanza il “peccato originale” irrimediabile causa principale dell’insuccesso di un progetto. Lo stesso peccato originale può essere constatato per tutti gli altri progetti considerati ed è allora logico domandarsi per quale motivo gli Studi di fattibilità non sono stati fatti.

La risposta disarmante a questa domanda è che allo stato delle cose il compito di produrre gli studi di fattibilità per i progetti sistemici della Agenda digitale non è formalmente attribuito a nessuno e nessuno dispone delle risorse per farlo: così a nessuno può essere imputato il mancato assolvimento di un obbligo di legge!

In altri termini non esiste una funzione del Governo che abbia responsabilità di tradurre l’Agenda digitale in un insieme di progetti informatici identificati da uno studio di fattibilità.

L’Agenda digitale dovrebbe esclusivamente essere, e in effetti è, un documento politico-programmatico che elenca le priorità dei servizi da digitalizzare e gli obiettivi temporali da raggiungere senza entrare nel merito delle modalità di realizzazione.

Si tratta di una attività estremamente complessa, anche di natura creativa, che richiede il dispiegamento di competenze professionali di alto livello: in campo amministrativo, informatico e giuridico.

L’identificazione e la caratterizzazione dei progetti informatici derivati dall’Agenda costituiscono altrettanti tasselli della costruzione di quello che possiamo considerare il sistema informativo unitario della pubblica amministrazione del Paese e le attività di cui si parla comportano di fatto il compito di definire e mantenerne l’Architettura che è molto di più della semplice sommatoria dei sistemi delle diverse amministrazioni e che non può essere ridotta alla sola specificazione degli standard da adottare ma deve diventare uno strumento fondamentale della sua capacità operativa e della sua competitività.

Questi compiti che per la loro natura necessitano di continuità nel tempo devono essere attribuiti ad una funzione organizzativa permanente di dimensioni ridotte ma dotata di elevate competenze e di elevata professionalità necessariamente inquadrata nella Presidenza del Consiglio dei Ministri che non può essere configurata come avvenuto finora come una Unità di missione.

Poiché gli Studi di fattibilità saranno tipicamente affidati a soggetti terzi qualificati pubblici o privati, questa funzione deve disporre di risorse proprie necessarie allo scopo che ovviamente non possono essere reperite tra le risorse di progetti non ancora esistenti.

Una funzione permanente con i compiti descritti e inquadrata nella Presidenza del Consiglio attualmente non esiste ed è necessario crearla anche per superare la pratica seguita dai recenti Governi di nominare Commissari e costituire Unità di missione a tempo. Sarebbe questo il primo fondamentale passo verso la creazione di una vera governance dei processi di digitalizzazione della Amministrazione.

Con l’approvazione formale da parte del Governo dello Studio di fattibilità i progetti sistemici vengono istituzionalizzati con specifici interventi legislativi che abilitano il passaggio alla fase progettuale vera e propria che comporta come prima attività la predisposizione dei capitolati di gara per la progettazione esecutiva, lo sviluppo delle soluzioni, il dispiegamento e l’esercizio e soprattutto il project management.

In realtà i progetti sistemici realizzano servizi che, anche se erogati o veicolati da amministrazioni territoriali, afferiscono per competenza o per materia anche a amministrazioni o enti centrali. (nel caso di ANPR ad esempio il Ministero dell’Interno).

Gli aspetti veramente critici di questi progetti riguardano il coordinamento delle attività delle amministrazioni coinvolte e in generale tutti gli aspetti di Project management.

Il modello di gestione progettuale che propongo prevede di spostare il coordinamento e la gestione progettuale dal livello istituzionale come avviene attualmente (con commissioni e comitati non si fanno i progetti) a quello esclusivamente progettuale, affidando a una delle amministrazioni coinvolte, tipicamente quella centrale, la completa responsabilità del progetto. Questo è il secondo punto innovativo del nuovo modello di governance.

Per ogni progetto sarà designata una amministrazione il cui ruolo di Amministrazione di riferimento verrà evidenziato nello Studio di fattibilità e che sarà responsabile dell’intero progetto e in particolare del coordinamento delle attività delle amministrazioni territoriali coinvolte, da attuare con le modalità previste nello Studio di fattibilità.

Gli interventi legislativi che istituzionalizzano i progetti dovranno attribuire all’Amministrazione di riferimento i poteri e le risorse necessarie alla realizzazione del progetto stesso. L’Amministrazione di riferimento sarà responsabile del progetto a partire dalla gestione delle gare di appalto fino alla messa in esercizio presso tutte le amministrazioni coinvolte.

Il modello di governance proposto implica l’esistenza che un terzo soggetto che svolga fondamentali compiti di natura esclusivamente tecnica per le attività di supporto ai progetti di seguito indicate:

  • specificare gli standard industriali e gli standard applicativi che i progetti devono rispettare per assicurare la coerenza tecnologica e architetturale tra progetti diversi.
  • produrre e gestire le regole tecniche necessarie ad assicurare la conformità agli obblighi di legge.
  • promuovere la realizzazione delle piattaforme tecnologiche infrastrutturali immateriali
  • supportare il legislatore nella formulazione delle norme che fanno riferimento alle applicazioni della tecnologia ICT.
  • promuovere la realizzazione delle infrastrutture materiali essenziali per la realizzazione e l’esercizio dei progetti.

Tutti questi compiti che non richiedono la presenza di strumenti di indirizzo politico possono essere attribuiti alla attuale AgID adeguatamente potenziata e liberata da altri onerosi compiti di natura burocratica e di controllo del tutto inutili, che si sono accumulati nel tempo a causa di una insipiente normativa e che non sono compatibili con le risorse di cui dispone.

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