gli esempi

Alfabetizzazione digitale, dopo il covid è necessaria: ecco perché

Prenotare un tampone e ottenere il referto, prenotare il vaccino, scaricare il green pass: in questo periodo pandemico l’alfabetizzazione digitale fa la differenza nella facilità di accesso ai servizi e la loro erogazione. Esperienze concrete e cosa prevede il Piano Operativo Strategia Nazionale Competenze Digitali

Pubblicato il 10 Set 2021

Domenico Laforenza

Associato emerito del CNR

super green pass

L’alfabetizzazione digitale dei cittadini è ormai un “must” per realizzare una vera “cittadinanza digitale”. È necessario investire di più e più incisivamente in educazione, con particolare riguardo alla cultura digitale, sottolineando la parola “cultura”, che va ben oltre l’insegnamento, importante e propedeutico, delle “praticalità” nell’uso di strumenti digitali.

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La parola “cultura” include ulteriori elementi da tenere in opportuna considerazione quando si usano le tecnologie digitali, quali, ad esempio: le enormi opportunità socio-economiche offerte, l’uso etico e consapevole degli strumenti e, più in generale, l’importanza di prendere in considerazione tutti gli aspetti, positivi e negativi, legati all’uso di questo tipo di tecnologie.

Negli anni Sessanta, la RAI proponeva la trasmissione “Non è mai troppo tardi”, condotta dal prof. Alberto Manzi, intesa ad insegnare la lettura e la scrittura a un significativo numero di italiani. In quegli anni, infatti, l’analfabetismo rappresentava una vera piaga endemica del nostro Paese e l’idea di proporre una trasmissione televisiva intesa a ridurre questo enorme divario socio-culturale, contribuendo, nel contempo, all’unificazione dell’Italia mediante il linguaggio, fu un grande successo che varcò anche i confini nazionali.

Oggi, come riportato nel rapporto DESI2020 [1], l’Italia si colloca al 28esimo posto in materia di “Competenze digitali” (di base e specialistiche), cioè all’ultimo posto tra gli stati membri dell’Unione Europea (UE) pre-Brexit.

Anche i dati ISTAT (relativi al 2019) [2] sono in linea con quelli DESI2020 e ciò non può che far aumentare le preoccupazioni per il nostro scarso/basso livello di competenze digitali. Infatti, prendendo in considerazione le persone nella fascia “16-74 anni”, l’ISTAT rileva che: il 29% ha competenze digitali elevate, il 26% ha sufficienti competenze digitali di base ma che, purtroppo, il 41,6% dei cittadini non raggiunge le competenze di base e, ancora peggio, il 3,4% (poco più di un milione di persone) non ha alcuna competenza digitale.

Quindi, siamo di fronte ad un’altra forma di analfabetismo: quello digitale. Contribuire alla sua eliminazione o, almeno, riduzione, è un compito imprescindibile e non più procrastinabile.

A tal proposito, la predisposizione e l’avvio del “Piano Operativo della Strategia Nazionale per le competenze digitali” [3] rappresenta un’importante ed ambiziosa azione che, come da obiettivo primario della Strategia, dovrebbe far risalire la china al nostro Paese portandoci, entro il 2025, al livello di altri Stati membri dell’UE: Germania, Francia e Spagna.

Il Piano è stato concepito e realizzato nell’ambito di “Repubblica Digitale” [4], una concreta iniziativa strategica nazionale promossa dal Dipartimento per la trasformazione digitale del Ministero per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale [5], che ha l’obiettivo di combattere il divario digitale di carattere culturale presente nella popolazione italiana, per sostenere la massima inclusione digitale e favorire l’educazione sulle tecnologie del futuro, accompagnando il processo di trasformazione digitale del Paese.

Con la speranza che questo Piano contribuisca sistematicamente ad eliminare o, almeno, ad alleviare l’annoso problema che affligge una significativa fetta della popolazione “senior” del nostro Paese, di seguito la condivisione di un’esperienza vissuta in piena pandemia, per dimostrare l’importanza di una più diffusa cultura digitale come elemento propedeutico per non sentirsi esclusi dai nuovi processi di digitalizzazione e ammodernamento del Paese e, di conseguenza, non essere dipendenti da chi queste competenze le ha.

Alfabetizzazione digitale: disavventure in tempi di pandemia

In questo periodo pandemico, sono state molte le persone che, sapendomi “addetto ai lavori”, mi hanno contattato per un supporto sulle procedure per accedere a servizi digitali come: prenotare un vaccino anti-COVID o un tampone, accedere al sito del servizio da cui scaricare l’esito del test (tampone), richiedere un esame del sangue per verificare lo stato degli anticorpi COVID-19, accedere al sito del Ministero della Salute per scaricare il “green pass” vaccinale, interagire via email con il proprio medico curante e/o con i servizi della Salute Pubblica.

La stragrande maggioranza dei soggetti che hanno chiesto un supporto, pur disponendo di uno smartphone o di un tablet, hanno conoscenze digitali decisamente ben al di sotto del “minimo sindacale” e usano questi strumenti prevalentemente per effettuare/ricevere chiamate telefoniche e per navigare in Internet in maniera elementare. Tipicamente, detti strumenti sono stati “impostati” inizialmente dal venditore dell’apparato o da qualche amico/parente al momento dell’acquisto o subito dopo.

Prenotare un tampone

Ai primi giorni dello scorso maggio, un’amica, con lievi problemi di deambulazione, mi informa che ha necessità di prenotare un tampone per fare il test COVID-19. Mi informa che, dopo svariati tentativi è finalmente riuscita a mettersi in contatto con il suo medico curante, non raggiungibile telefonicamente a causa dei tantissimi impegni su svariati fronti in questi periodi di forte pressione sanitaria. Il medico la informa che invierà l’impegnativa, ovvero la ricetta elettronica con stampato il numero per eseguire la prenotazione online, per posta elettronica, nell’intento di evitarle di passare fisicamente dal suo studio. Primo problema: la signora non ha un indirizzo di posta elettronica ma, soprattutto, ha poca famigliarità con questo genere di strumenti. A questo punto, principalmente per ragioni di tempo, decido di rimandare ad altro momento l’idea di dotarla di una casella di posta elettronica, scegliendo un provider adatto per le sue esigenze e, per rispetto della privacy, con il suo accordo e quello del medico curante, decidiamo che l’impegnativa può essere inviata alla mia casella di posta elettronica, dopodiché sarà mio compito stamparla e consegnarla “brevi manu” alla mia amica. Così avviene.

A questo punto, avverto la signora che è possibile prenotare il tampone accedendo al sito apposito della Regione Toscana. La signora, nonostante usi comunemente il suo tablet per navigare in Internet, dopo l’accesso al sito in questione manifesta alcune difficoltà a compilare il modulo di prenotazione che in totale consta di quattro passaggi: aprire il sito, inserire codice fiscale, numero di cellulare e numero di ricetta elettronica; scegliere il presidio o distretto e selezionare data e ora del prelievo, attendere la ricezione di un sms di conferma con la stampa del promemoria.

Non avendo a disposizione la ricetta in forma elettronica, la signora è costretta a fare molta attenzione nel digitare il numero del documento, leggendolo da quella cartacea: se avesse avuto a disposizione l’equivalente in formato digitale, sarebbe bastato un semplice “copia e incolla” per evitare errori.

Ma alla fine, dopo aver compilato tutti i campi richiesti, la prenotazione del tampone viene confermata, sia direttamente sullo schermo del tablet sia successivamente tramite un SMS inviato allo smartphone della signora.

Ottenere il referto del tampone

La signora verrà poi accompagnata a fare il tampone alla data e all’ora stabilita. L’esito del tampone si attende con ansia: un esito che, tipicamente è possibile conoscere il giorno successivo al prelievo. E infatti, con un altro SMS, le autorità sanitarie informano la signora che l’esito è disponibile sull’apposito sito.

Ma come si autenticherà per avere accesso al referto?

Nella prima pagina del sito referti, gli utenti sono informati che per accedere al servizio basta disporre, alternativamente, della CNS- Carta Nazionale dei Servizi, dello SPID- Sistema Pubblico di Identità Digitale o del CIE- Carta di Identità Elettronica, oppure “registrarsi” come nuovo utente del sito.

Purtroppo, la signora non dispone di alcuno di questi strumenti di autenticazione, o meglio, avrebbe la CNS, che ha mandato in pensione la vecchia tessera sanitaria ma purtroppo non l’ha mai fatta inizializzare in una farmacia o in un apposito ufficio abilitato e, quindi, non dispone di PIN/PUK e neanche del lettore di CNS che, comunque, andrebbe acquistato e installato sul suo computer fisso di casa (se ne avesse uno…).

Alla signora non resta quindi che “registrarsi” sul sito, ma non è in grado di farlo: qui arriva l’altra richiesta di supporto.

Infatti, accedendo alla sezione “Registrazione”, il sistema chiede le seguenti informazioni:

  • Codice fiscale: facile!
  • Nome e Cognome: facile!
  • Numero telefonico: facile!
  • E-mail: problema! La signora non ha una casella di posta elettronica.
  • Ultime 5 cifre della tessera sanitaria: facile per chi ha una buona vista.
  • Data di scadenza della tessera sanitaria: facile per chi ha una buona vista.
  • Password: facile per me… ma per la signora? Cos’è e come si formula una password?
  • Conferma Password: vedi sopra.
  • CAPTCHA: facile per me, ma per la signora? Che lingua è?

Per ragioni di privacy, con il suo accordo, decidiamo di inserire il mio indirizzo di email nel relativo campo, visto che la signora non dispone di una propria casella di posta elettronica. Si procede con le altre informazioni richieste e la registrazione è completata: in base alle scarse competenze digitali, la signora non avrebbe mai portato da sola a compimento questa registrazione.

A questo punto, non resta che scaricare il referto: basta accedere al sito e autenticarsi fornendo la password scelta al passo precedente. Compare una schermata come quella mostrata in Fig. 2 (il numero di telefono della signora è stato ovviamente oscurato) con la quale la signora è informata che è stato inviato un SMS al suo smartphone con un codice OTP, One-Time Password, che va riportato nel campo apposito per verifica.

Finalmente si giunge alla sezione referti e al documento relativo che, per fortuna, riporta: non rilevato!

La signora ed io che le sto vicino, sebbene con mascherina e opportuno distanziamento, tiriamo un sospiro di sollievo.

Prenotare un vaccino

Dopo qualche settimana, la signora viene a conoscenza che hanno aperto la “finestra” relativa ai “nati 1941-1951” e che quindi, finalmente, è possibile per lei prenotarsi per il vaccino. Anche in questo caso, decidiamo di farlo via Web, accedendo al sito della Regione di appartenenza. Dopo l’accesso alla sezione relativa ai “nati 1941-1951”, procede con la prenotazione compilando online il modulo relativo, con la sola eccezione della voce “e-mail” perché, come già detto, la signora non dispone una casella di posta elettronica.

Purtroppo, occorrono svariati tentativi, effettuati in giorni e ore diverse, prima che la prenotazione vada a buon fine. Anche in questo caso, la signora riceverà successivamente anche un SMS con l’indicazione del luogo, data/ora e codice di prenotazione.

La signora verrà poi accompagnata a fare la vaccinazione alla data e all’ora stabilita.

Sfortunatamente, nonostante la prima dose di vaccino, circa due settimane dopo, la signora scopre, dopo aver effettuato un secondo tampone, di aver contratto il COVID: sarà quindi costretta, come da protocollo, ad una quarantena di 21 giorni.

Riprenotare un tampone

Per fortuna si tratta di una forma leggera e, dopo circa 15 giorni dalla segnalazione di positività, non presentando sintomi particolari, la signora richiede al suo medico curante un’impegnativa per effettuare un terzo tampone molecolare e qui, non avendo la signora un indirizzo di posta elettronica, procediamo come per la volta precedente e, di comune accordo, usiamo la mia.

Purtroppo, sarà necessario effettuare questo test almeno un’altra volta prima che, finalmente, l’esito sia: “Non rilevato”.

A questo punto sorge un problema: la signora deve fare anche la seconda dose di vaccino oppure, avendo contratto il Covid dopo la prima, non è necessaria?

Verificare lo stato degli anticorpi al Covid-19

Per saperlo, occorre verificare lo stato degli anticorpi al Covid-19 presenti nel sangue. Il medico curante fornisce alla signora un’impegnativa (sempre passando attraverso il mio indirizzo di posta elettronica) e quindi possiamo effettuare la prenotazione dell’esame presso un laboratorio di analisi privato.

Non serve alcuna prenotazione: basta presentarsi nelle prime ore del mattino per il prelievo con esito in giornata in forma elettronica, accedendo al sito del laboratorio mediante di un “codice prelievo” e una “password” forniti alla signora al momento del pagamento della prestazione.

L’esito, inviato al medico curante in forma digitale, sempre tramite la mia e-mail, indica la presenza di un numero notevole di anticorpi e, quindi, alla signora viene prescritto di non effettuare la seconda dose di vaccino.

Qualche giorno dopo, nella mia casella di posta elettronica, il cui indirizzo è stato inserito al momento della registrazione, visto che la signora ne era sprovvista, giunge una e-mail dal Ministero della Salute che riporta la disponibilità della certificazione verde della signora con la procedura per scaricarla.

Non mi resta che inoltrare questa mail al medico curante della signora, che successivamente provvederà a contattarla informandola che non deve fare la seconda dose avendo un numero di anticorpi sufficientemente elevato a renderla protetta.

Si conclude qui questa storia che dimostra, laddove fosse ancora necessario, quanto importante sia il digitale per contribuire a migliorare la qualità della nostra esistenza, soprattutto in momenti come quelli che stiamo vivendo, dove la nostra mobilità e interazione fisica sono fortemente ridotte per effetto della pandemia; ovviamente, l’analfabetismo digitale ci preclude dallo sfruttare tutte le grandi e utili possibilità offerte dagli strumenti che sul digitale si basano.

Alfabetizzazione digitale: le domande che suscita questa storia

Quanto raccontato rappresenta un utile spunto di discussione e solleva una serie di domande:

  1. Cosa sarebbe successo ad una persona che, trovandosi nelle condizioni della signora non fosse riuscita a trovare il necessario supporto per operare online?
  2. Esistono luoghi deputati a fornire questo tipo di ausilio ai cittadini?
  3. È concretamente fattibile avviare una seria campagna di alfabetizzazione e, in particolare, verso i “diversamente giovani”?
  4. Dove e come è possibile acquisire le conoscenze di base per poter essere autosufficienti dal punto di vista digitale?

Le risposte a queste e tantissime altre domande si trovano nella “Strategia nazionale per le competenze digitali” [6], il cui Decreto è stato firmato in data 21 luglio 2020 dall’allora Ministra per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione, Paola Pisano.

Il “Piano Operativo della Strategia Nazionale per le competenze digitali”, pubblicato il 23 dicembre 2020, consta di 153 pagine e, come riportato in premessa, è stato elaborato in ottica corale tra Ministeri, Regioni, Province, Comuni, Università, Istituti di Ricerca, imprese, professionisti, Rai, associazioni e articolazioni del settore pubblico nonché organizzazioni aderenti alla Coalizione Nazionale.

Gli obiettivi dell’ambizioso Piano, da realizzare entro il 2025, sono molteplici. Di seguito si riportano quelli ritenuti qualitativamente e quantitativamente più importanti per posizionare il nostro Paese a livelli assai più consoni rispetto all’attuale:

  • raggiungere il 70% di popolazione con competenze digitali almeno di base, con un incremento di oltre 13 milioni di cittadini dal 2019 e azzerare il divario di genere;
  • duplicare la popolazione in possesso di competenze digitali avanzate (con il 78% di giovani con formazione superiore dimezzando il divario di genere, il 40% dei lavoratori nel settore privato e il 50% di dipendenti pubblici);
  • triplicare il numero dei laureati in ICT e quadruplicare quelli di sesso femminile, duplicare la quota di imprese che utilizza i big data;
  • incrementare del 50% la quota di PMI che utilizzano specialisti ICT;
  • aumentare di cinque volte la quota di popolazione che utilizza servizi digitali pubblici, portandola al 64% e portare ai livelli dei Paesi europei più avanzati, l’utilizzo di Internet anche nelle fasce meno giovani della popolazione (l’84% nella fascia 65-74 anni).

Il Piano si articola in quattro “assi strategici”: nell’ambito di ciascun asse, sono individuate le azioni di breve, medio e lungo termine che attuano le priorità e le linee di intervento definite nella Strategia. In particolare:

  • Asse 1: Istruzione e Formazione Superiore – per lo sviluppo delle competenze digitali all’interno dei cicli d’istruzione, con il coordinamento del Ministero dell’Istruzione e del Ministero dell’Università e della Ricerca;
  • Asse 2: Forza lavoro – per garantire competenze digitali adeguate sia nel settore privato che nel settore pubblico, incluse le competenze per l’e-leadership, con il coordinamento del Ministero dello Sviluppo Economico e del Ministro per la Pubblica Amministrazione;
  • Asse 3: Competenze specialistiche ICT – per potenziare la capacità del Paese di sviluppare competenze per mercati emergenti e nuove possibilità di occupazione, in gran parte legate alle tecnologie innovative e al possesso delle competenze indispensabili per i lavori del futuro, con il coordinamento del Ministero dell’Università e Ricerca e del Ministero dello Sviluppo Economico;
  • Asse 4: Cittadini – per sviluppare le competenze digitali necessarie a esercitare i diritti di cittadinanza e la partecipazione consapevole alla vita democratica, con il coordinamento del Ministro per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione).

Inoltre, al fine di monitorare e misurare l’evolvere delle azioni nei rispettivi assi, è previsto un denso cruscotto di indicatori (Key Performance Index) di impatto.

Nel corposo Piano, nell’ambito dell’Asse 4, rivolto specificatamente ai “Cittadini”, vengono elencate tre priorità e cioè, garantire:

  1. l’accesso ad Internet della popolazione in età lavorativa con scarse o nulle competenze digitali e livello di istruzione basso;
  2. l’alfabetizzazione digitale della popolazione in età lavorativa che già utilizza Internet;
  3. l’inclusione/accesso digitale degli anziani, delle donne non occupate o in particolari condizioni, degli immigrati, delle persone con disabilità e delle categorie svantaggiate in genere, con basso livello di istruzione.

Alfabetizzazione digitale: cosa prevede la Strategia Nazionale per le competenze digitali

Per coerenza con la storia raccontata e con l’intento di individuare le opportune risposte alle domande sorte, prenderemo in esame solamente alcune delle azioni del Piano che, ad avviso dello scrivente, risultano molto importanti per il rispetto delle priorità citate in precedenza e, in particolare, per formare i “diversamente giovani”.

L’unione fa la forza: la “Coalizione Nazionale per le competenze digitali”

Nel Piano sono previsti interventi di vario tipo per valorizzare esperienze e iniziative che si sono mostrate efficaci, favorendone la replicabilità e l’ampliamento mediante la creazione della “Coalizione Nazionale per le competenze digitali”, che rappresenta un approccio multi-stakeholder, inteso a mettere a fattore comune e integrare le azioni di successo di diversi attori in materia.

La “Coalizione” conta oltre 170 iniziative, legate alla diffusione della cultura digitale, promosse da più di 150 organizzazioni, le cui proposte hanno già un forte impatto positivo che, per citare un risultato, ha consentito nel 2020 di formare oltre 2,7 milioni di studenti, 70mila docenti, oltre 900mila cittadini, più di 250mila lavoratori, tra settore privato e pubblico.

Importante è anche conoscere chi sono i “destinatari” di queste azioni.

A tal proposito, i dati relativi alla Coalizione indicano una significativa presenza di iniziative che si rivolgono contemporaneamente a più categorie: cittadini, lavoratori di pubbliche amministrazioni e imprese. La maggior parte dei progetti ha come destinatari i cittadini (oltre il 54%), e nello specifico si rivolgono prevalentemente agli studenti delle scuole superiori e dell’università.

Nel Piano viene anche specificato che sono ancora poche le iniziative rivolte alla popolazione con fattori di svantaggio (basso livello di istruzione incluso) e agli adulti over 65, fasce di popolazione in cui il rischio di esclusione digitale è maggiore: nel cluster 65-74 solo il 14% ha competenze digitali di base.

Proprio per stimolare l’attivazione di iniziative rivolte a questo segmento di popolazione, nel Piano sono stati previsti due importanti interventi: lo sviluppo e il potenziamento della “rete dei punti di facilitazione digitale” [7], e il “servizio civile digitale” [8].

La rete dei punti di facilitazione digitale

Non siamo all’ “anno zero”: in alcune regioni e città italiane, sono state avviate interessanti e utilissime esperienze di “servizi di facilitazione digitale” (es. “Pane e Internet” in Emilia Romagna [9]); purtroppo, come riportato nel Piano, non esiste ancora un disegno organico che consenta una diffusione capillare di questi servizi.

La proposta contenuta nel Piano, che merita di essere riportata testualmente, “ha per obiettivo l’attivazione o il potenziamento nel triennio di presìdi/nodi di facilitazione digitale in tutto il territorio nazionale, che possano supportare e agevolare il cittadino nell’uso delle tecnologie informatiche e nell’accompagnamento all’utilizzo dei servizi pubblici digitali. Per agevolare e supportare il cittadino nell’uso delle tecnologie informatiche, l’iniziativa prevede l’introduzione della figura del ‘facilitatore digitale’: figura funzionale ad individuare le esigenze dei singoli cittadini nell’utilizzo dei servizi digitali e di Internet in generale, e a fornire loro supporto e orientamento, con uno sviluppo previsto sia nelle amministrazioni locali che nelle associazioni del terzo settore. Le attività di facilitazione oggetto dell’iniziativa, incluso l’accesso a Internet, si svolgeranno in presenza e con l’assistenza one-to-one di un facilitatore, che supporterà il cittadino nell’individuazione delle proprie esigenze, fornendogli supporto ed orientandone l’attività. Tali attività potranno, inoltre, essere svolte anche da remoto, tramite telefono o con altri strumenti funzionali all’obiettivo, come ad esempio la messaggeria istantanea. Il servizio potrà avere luogo nei comuni, nelle biblioteche, nelle sedi di associazioni, nei CAF, nei centri anziani, ma potrà anche svolgersi dinamicamente sul territorio nell’ambito di servizi di assistenza o nelle attività di censimento Istat”.

Il Servizio Civile digitale

Il 2 maggio 2021 è stato pubblicato l’avviso che consentirà agli Enti iscritti all’Albo del Servizio Civile Universale (SCU) di presentare programmi di intervento che permetteranno a migliaia di cittadini di ricevere supporto e formazione nell’utilizzo delle tecnologie, con il coinvolgimento dei giovani operatori volontari.

Il “Servizio Civile Digitale”, di fatto avviato quest’anno in forma sperimentale, è stato incluso anche nel PNRR, come una delle azioni del Piano Operativo della Strategia nazionale per le competenze digitali. Il progetto ha l’obiettivo di far crescere le competenze digitali della popolazione e favorire l’uso dei servizi pubblici online per diffondere un approccio consapevole all’attuale realtà digitale. Saranno 1000 gli operatori volontari che verranno formati e opereranno con il ruolo di “facilitatori digitali” nell’ambito dei progetti, presentati dagli Enti di Servizio Civile Universale, agendo sul territorio e negli spazi organizzati per assistere i cittadini che hanno bisogno di supporto nell’utilizzo delle tecnologie.

Al termine del servizio, potranno veder riconosciute le competenze digitali acquisite, tramite una specifica certificazione. L’iniziativa è una delle azioni per lo sviluppo delle competenze digitali di base previste dai Ministri per le Politiche giovanili, Fabiana Dadone, e dell’Innovazione tecnologica e della Transizione Digitale, Vittorio Colao, nell’ambito della strategia Italia digitale 2026 e del SCU, con l’obiettivo di investire sui giovani, sulla loro formazione e sul loro ruolo di cittadini attivi.

Conclusioni: la battaglia per l’alfabetizzazione digitale ci riguarda tutti

La “Strategia nazionale per le competenze digitali”, declinata mediante il relativo “Piano Operativo”, rappresenta un’importante ed ambiziosa azione che, sperabilmente, come da obiettivo primario della Strategia, dovrebbe far risalire la china al nostro Paese portandoci, entro il 2025, dall’attuale ultima posizione in materia di “competenze digitali”, almeno al livello di altri stati membri dell’UE simili noi quali: Germania, Francia e Spagna.

Non è un compito facile ma è assolutamente improcrastinabile perché è fondamentale che il processo di ampliamento delle competenze digitali (sia di base che specialistiche) proceda in parallelo con gli altri avviati per la trasformazione digitale del Paese (ammodernamento delle infrastrutture digitali, Pubblica Amministrazione sempre più al servizio dei cittadini e delle imprese).

La soluzione di questi problemi non può essere demandata alle sole istituzioni pubbliche e quindi è necessario uno sforzo corale da parte di svariate entità, pubbliche e private, com’è nello spirito della “Coalizione Nazionale per le competenze digitali”. Insomma, ciascuno deve fare la propria parte.

Ed è anche per questo che, dagli inizi del 2020, su invito di un’emittente radiofonica locale[10] ho ideato e conduco, a titolo assolutamente gratuito, “Alfabeto digitale: pillole di cultura digitale” [11] che va in onda ogni martedì dalle 09:30 alle 10:30 sulle frequenze di PuntoRadioFm (91.1 e 91.6 MHz – È anche possibile ascoltare la trasmissione scaricando l’APP da Apple Store o da Google Play).

La trasmissione, che è inserita tra le iniziative di “Repubblica digitale”, vuole essere un modo per parlare a un pubblico generalista, con un linguaggio semplice e diretto, ma non banale, di tutto quello che è il mondo digitale, nelle sue svariate declinazioni.

Si possono ascoltare/vedere tutte le puntate accedendo al link [11]. Inoltre, alla Sezione “Scuola e Università” del sito “Outreach” [12] del Consiglio Nazionale delle Ricerche, si possono ascoltare/vedere le prime 24 puntate).

In conclusione, non è retorica affermare che, con il massimo sforzo, saremo in grado di far rimontare il nostro Paese nella classifica DESI, e che per questo occorre fare più squadra tra le nostre istituzioni e, soprattutto, crederci: insomma non dico che alla fine saremo i “campioni d’Europa” ma che, certamente, riporteremo l’Italia nel novero degli stati membri UE più digitalizzati.

______________________________________________________________________________________________

[1] https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/qanda_20_1022

[2] https://www.istat.it/it/files//2019/12/Cittadini-e-ICT-2019.pdf

[3] https://repubblicadigitale.innovazione.gov.it/assets/docs/Piano-Operativo-Strategia-Nazionale-per-le-competenze-digitali.pdf

[4] https://repubblicadigitale.innovazione.gov.it/it/

[5] https://innovazione.gov.it/dipartimento/la-struttura/

[6] https://assets.innovazione.gov.it/1610029655-dtd-1277-a-all1.pdf

[7] pag. 29 del link: https://repubblicadigitale.innovazione.gov.it/assets/docs/Appendice4-Cittadini.pdf

[8] https://repubblicadigitale.innovazione.gov.it/nasce-il-servizio-civile-digitale/

[9] https://www.paneeinternet.it/public/punti-pei

[10] http://www.puntoradio.fm/

[11] https://www.facebook.com/watch/puntoradiofm/1683233721814492/

[12] https://outreach.cnr.it

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