dematerializzazione

Altro che Aci, c’è un’horror story analogica in qualsiasi processo centralizzato della PA italiana

La replica del direttore del Servizio PRA Giorgio Brandi, alle polemiche, rivelano consapevolezza e una precisa volontà di passare a una fase propriamente paperless. Altrettanta attenzione non la si ritrova però in altri processi centralizzati. Come il Processo civile telematico

Pubblicato il 09 Nov 2015

Andrea Lisi

Coordinatore Studio Legale Lisi e Presidente ANORC Professioni, direttore della rivista Digeat

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Ho letto con attenzione il contributo critico della collega Alessandra Foschetti in merito al processo di digitalizzazione avviato da ACI e ho recepito con interesse le precisazioni fornite dal Direttore del Servizio PRA Giorgio Brandi. Effettivamente il processo, così come oggi è in atto, è ancora in una fase evidentemente transitoria e le manchevolezze giuridico-informatiche segnalate da Alessandra Foschetti ci sono tutte. Non si può avviare una digitalizzazione reale ed efficace se non si combinano tutti gli elementi essenziali per finalizzare progetti realmente paperless, ovvero:

– una semplificazione reale, utilizzando modelli pensati e sviluppati solo per documenti nativi digitali;

– l’adeguamento alle regole tecniche sulla formazione del documento informatico (DPCM 13 novembre 2014);

– l’adeguamento alle regole tecniche sul protocollo informatico (DPCM 3 dicembre 2013);

– l’organizzazione di un flusso di documenti garantito da un sistema di conservazione a norma di legge;

– una formazione adeguata delle professionalità necessarie a sviluppare e presidiare questi processi.

Senza questi indispensabili presupposti, qualsiasi sistema che pretenda di digitalizzare documenti è destinato non solo a fallire, ma a rivelarsi un bluff o peggio una barzelletta.

Le parole di Brandi comunque rivelano consapevolezza sugli aspetti da implementare e una precisa volontà di passare a una fase di miglioramento del servizio in ottica propriamente paperless. Ovviamente non si può prescindere dall’attivazione di un sistema di conservazione, se ci si vuole davvero liberare dalla carta inutile: senza la conservazione – va ribadito con forza – il documento informatico non sopravvive nel tempo e non è garantito nella sua valenza giuridica. Certo sarebbe preferibile partire sin dall’inizio con il piede giusto, piuttosto che dover prevedere delle fasi transitorie che invece di incentivare il digitale a volte – proprio a causa delle contorsioni presenti in procedimenti ibridi – allontanano chi vorrebbe invece dalla digitalizzazione semplificazione ed efficienza. Ma in questo caso la consapevolezza almeno c’è.

Altrettanta attenzione, purtroppo, non la si ritrova in altri processi centralizzati, nei quali ancora non viene neppure manifestata una reale coscienza dello stato dell’arte: il processo civile telematico, come più volte detto, ancora non è garantito (incredibilmente) da un sistema di conservazione a norma e così progetti importanti, come i certificati medici on line o le prescrizioni mediche elettroniche, sono lasciati galleggiare in stati embrionali dal punto di vista giuridico-informatico.

Vogliamo fare sul serio nel nostro Paese oppure ci basta ormai annunciare un cambiamento senza realmente perseguirlo con attenzione alle regole tecniche che ci siamo dati?

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