Il punto

Anagrafe unica, perché è necessaria per innovare la macchina pubblica

L’anagrafe unica rappresenta una svolta epocale e proprio per questo la sua realizzazione presenta molte complessità, ma anche innumerevoli vantaggi. Ecco quali, ed ecco perché occorre realizzarla anche per dimostrare che l’Italia può portare a termine un progetto così ambizioso

Pubblicato il 18 Set 2017

Patrizia Saggini

avvocata, esperta di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione

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Dopo la firma del contratto con SOGEI avvenuta all’inizio di agosto, le attese sul progetto ANPR sono molto aumentate: ad oggi sono saliti a 15 i Comuni subentrati e tanti altri stanno lavorando: secondo quanto risulta al Team Digitale potrebbero essere prossimi ad subentro anche Comuni di grandi dimensioni come Napoli, Milano, Bologna, Firenze; in totale ce ne sono 755 in fase di pre-subentro.

Tutti sappiamo che il progetto ANPR presenta molte complessità, e fino ad ora non è mai stato tentato niente di simile: creare un’unica banca dati che riunisce le informazioni di circa 60.0000.000 di residenti in Italia – a cui si aggiungono anche gli italiani residenti all’estero e iscritti nell’AIRE – che sono gestite fino ad ora da circa 8.000 Comuni; i quali a loro volta utilizzano software gestionali diversi, le cui attività di sviluppo e manutenzione sono in capo a circa 40 software house.

Per comprendere appieno la svolta epocale, vediamo quali saranno i benefici portati dal completamento del subentro dei Comuni in ANPR:

  • Possibilità immediata di accesso ai dati anagrafici da parte di tutte le PA centrali e locali, e anche dei gestori di pubblico servizio: in questo modo si evita il tempo impiegato per le richieste e le conseguenti risposte fornite dagli operatori comunali, e l’ente interessato può utilizzare subito il dato anagrafico di cui ha necessità;
  • Il cittadino può richiedere i certificati anagrafici in qualsiasi Comune, non solo in quello di residenza (come accade ora); questa possibilità è già prevista dall’attuale Regolamento Anagrafico;
  • Sempre con questo principio, anche la CIE potrà essere richiesta in qualsiasi Comune, perchè potranno essere utilizzati i dati anagrafici contenuti nella base dati ANPR per richiederne l’emissione (evitando così l’attuale richiesta di nulla osta al Comune di residenza);
  • Il cambio di residenza tra Comuni potrà essere fatto con il nuovo concetto di “mutazione anagrafica”, cioè cambio di indirizzo: con la conseguenza che non ci saranno più gli scambi di documenti previsti dalla procedura attuale tra il Comune di nuova residenza e il Comune di provenienza, con risparmio di tempo impiegato dagli operatori;
  • Le statistiche mensili che ora debbono essere inviate da ogni singolo Comune ad ISTAT non dovranno più essere effettuate, perchè i dati necessari saranno estratti tramite un collegamento diretto ad ANPR; attualmente questo adempimento comporta un impegno corrispondente a circa 2 giornate di lavoro al mese per un Comune di medie dimensioni; Comuni di grandi dimensioni invece hanno personale dedicato proprio a questo compito.
    Da quanto ci dice in proposito Mirko Calvaresi, Technical Project Manager del Team Digitale e responsabile del progetto, l’integrazione di ISTAT con ANPR dovrebbe essere pronta entro gennaio 2018.

È anche in fase di definizione un decreto – già previsto dal DPCM 194/2014 su ANPR e ribadito dall’art. 49 della bozza del nuovo CAD – che dovrebbe portare ad una semplificazione delle procedure di comunicazione dei dati in occasione della nascita e della morte di una persona.

Come si può vedere, i primi benefici portati da ANPR sono soprattutto di tipo interno alle Amministrazioni, e comportano in generale una semplificazione delle attività legate alla circolazione dei dati anagrafici e quindi risparmio di personale impiegato a questo titolo.

Ma non dimentichiamoci che una banca dati unica può anche rappresentare il punto di partenza per offrire a cittadini ed intermediari dei servizi online dedicati; mi riferisco al rilascio dei certificati online (che fino ad ora solo il 2% dei Comuni italiani garantisce, che copre meno di un quarto dell’intera popolazione).

Il tema può riguardare non solo i cittadini residenti in italia, ma anche gli italiani residenti all’estero: recentemente il Ministero degli Affari Esteri ha pubblicato un portale dedicato ai servizi del consolato, tra i quali ce n’è anche uno dedicato proprio al rilascio dei certificati: al momento il servizio non è attivo, ma potrebbe essere implementato con un collegamento all’Anagrafe Nazionale.

Con il portale web di ANPR si potrebbe anche effettuare il cambio di residenza online: questo servizio rappresenterebbe la vera novità del progetto, e sarebbe anche un banco di prova importante per l’interoperabilità delle banche dati: ad esempio, secondo le disposizioni del Ministero dell’Interno del 2014, con la richiesta deve essere anche verificato il titolo di possesso dell’immobile, per cui occorre fare riferimento a diverse banche dati dell’Agenzia delle Entrate (contratti di affitto registrati, atti di compravendita, ecc.); con una comunicazione diretta tra i database il vantaggio è evidente: non occorre più l’autocertificazione e il successivo controllo dell’operatore, visto che la dichiarazione presentata dall’interessato è verificata in tempo reale con il dato originale, perché proveniente dalla banca dati proprietaria dell’informazione.

Ovviamente questo passaggio epocale non può prescindere da una reingegnerizzazione dei processi, che ora invece sono pensati per procedure totalmente cartacee.

Allo stesso tempo, la reingegnerizzazione deve essere preceduta e sostenuta da una semplificazione normativa, che tenga conto e supporti le possibilità offerte dalla tecnologia.

Alla fine di questa breve panoramica è lecito domandarsi se il progetto sarà in grado di soddisfare tutte le aspettative che fino ad ora ha creato: se c’è l’impegno di tutti gli attori interessati probabilmente sì, a patto che non si perdano mai di vista i grandi obiettivi di semplificazione e digitalizzazione che abbiamo davanti, con la convinzione che è il momento giusto per dimostrare che anche l’Italia è in grado di fornire dei servizi digitali di alto livello.

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