identità digitale

Anonimato in rete: nemico da combattere o valore da proteggere? Ecco pro e contro

L’identità digitale dovrebbe limitare i comportamenti illeciti online, in base al concetto che se sono riconoscibile negli ambienti che frequento, tendenzialmente il mio comportamento sarà migliore. Ma apre anche le porte alla sorveglianza di massa, come già avviene in Cina. Occorre trovare il giusto equilibrio

Pubblicato il 27 Lug 2022

Massimo Borgobello

Avvocato a Udine, co-founder dello Studio Legale Associato BCBLaw, PHD e DPO Certificato 11697:2017

digital identity

Per quanto le comunicazioni anonime online possano favorire hate speech, cyberbullismo, truffe, revenge porn e diffusione di fake news, l’identificazione automatica e il tracciamento di ogni utente hanno molte controindicazioni, dalla possibilità di discriminazione per sesso razza o età alla persecuzione delle minoranze politiche.

Riflettiamo su pro e contro.

Anonimato in rete, che problema: perché non sempre è garantito e possibili soluzioni

L’identità digitale e le certezze che garantisce

I vantaggi dell’identità digitale sono moltissimi: non a caso per l’Unione europea l’identità digitale è, di fatto un diritto di ogni cittadino.

Non a caso, l’identità digitale europea è una proposta normativa concreta, al vaglio degli organi dell’Unione.

Secondo Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione europea, “Ogni volta che una app o un sito web ci chiede di creare una nuova identità digitale o di accedere facilmente tramite una grande piattaforma, non abbiamo idea di cosa ne sia veramente dei nostri dati. Per questo motivo, la Commissione proporrà presto un’identità digitale europea sicura. Qualcosa di affidabile, che ogni cittadino potrà usare ovunque in Europa per fare qualsiasi cosa, da pagare le tasse a prendere a noleggio una bicicletta. Una tecnologia che ci consenta di controllare in prima persona quali dati vengono utilizzati e come” (discorso sullo stato dell’Unione pronunciato il 16 settembre 2020).

I macro-temi sono, essenzialmente, tre: trasparenza sull’uso dei dati da parte delle piattaforme, prevenzione di reati online e impatto positivo sull’economia che viaggia in rete, grazie ad una maggior sicurezza sull’identità degli interlocutori.

L’identità digitale potrebbe – ed in parte già ora, è così – velocizzare i rapporti con la pubblica amministrazione ed è la premessa logico-giuridica minima per consentire modalità di voto politico per via telematica.

Anche l’impiego di criptovalute riscontrerebbe un impatto positivo in termini di trasparenza e di tracciabilità degli scambi: questo potrebbe determinare anche una maggior diffusione – con relativo aumento di valore – delle cripto in generale.

EUDI, l’identità digitale europea: ecco le regole della Commissione UE per costruirla

Il concetto in generale è semplice: se devo mettere la faccia – e sono riconoscibile – negli ambienti che frequento, tendenzialmente il mio comportamento sarà migliore.

M è davvero così?

L’anonimato online e i casi di discriminazione

Il punto è che chi commette un reato non sempre pensa di “poterla fare franca” e l’odio online non è sempre veicolato tramite profili social fasulli.

In un recente articolo del Wall Street Journal sono stati pubblicati dati allarmanti: nei casi in cui l’utente era identificabile, sono stati registrati casi di discriminazione per colore della pelle in campioni statistici significativi.

Su Airbnb, ad esempio, è stato registrato che gli utenti di colore avevano circa il 16% in meno di possibilità di essere accettati.

È anche un dato di fatto che i regolamenti contrattuali dei portali – il discorso vale anche per eBay – consentono agli utenti un grado quasi illimitato di libertà sula scelta del contraente: questo può determinare risultati come quelli riportati dal WSJ.

L’anonimato online, poi, è l’incubo di tutti i mezzi di censura dei regimi totalitari e, in generale, dei paesi in cui le minoranze politiche non sono tutelate.

È chiaro che collegare sempre un utente a ogni account che utilizza può determinare conseguenze gravissime in termini di possibilità di repressione per i regimi totalitari.

Conclusioni

Nel futuro distopico della cittadinanza a punti cinese – peraltro già operativa in alcune zone del Paese del Dragone – l’identità digitale diventa uno strumento di controllo di massa, che lascia al cittadino solo due possibilità: eseguire quanto richiesto dal regime, o essere marginalizzato senza scampo.

Collegare identità digitale a strumenti di riconoscimento facciale e determinare sanzioni o premi attraverso algoritmi self-executing tramite intelligenza artificiale, significa azzerare ogni spazio di libertà individuale sotto il profilo economico, politico e sociale.

Se a questo scenario si aggiungono innesti di chip sottocutanei o biomedicali con nanotecnologie, si possono ipotizzare anche sanzioni corporali per via cibernetica.

Solo una costante vigilanza politica del cittadino sull’utilizzo combinato delle tecnologie legate alla cittadinanza digitale può scongiurare il dilagare del virus cinese: la cittadinanza a punti per via algoritmica.

Quindi ben venga l’identità digitale, ma sia protetto anche l’anonimato in rete, perché può diventare un baluardo di libertà e democrazia.

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