Il parere approvato mercoledì 20 aprile dalla I Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati, recepisce in profondità l’acceso dibattito che si è sviluppato intorno al decreto legislativo che attua l’articolo 7 della legge delega n.124 del 2015.
Tra le maggiori novità previste dal decreto legislativo c’è l’introduzione anche in Italia del Freedom of Information Act (FOIA), cioè il diritto di accesso alle informazioni presenti nei database e negli archivi delle Pubbliche Amministrazioni.
L’importanza di introdurre il Foia
Così come sottolineato dal Consiglio di Stato e dalle diverse Istituzioni e associazioni, tra cui ANAC, Garante privacy e Foia4Italy, in gioco c’è l’idea stessa della società che vogliamo costruire e della trasformazione dell’amministrazione che vogliamo realizzare, in una visione che metta al centro il destinatario del servizio pubblico.
Il passaggio dal bisogno di conoscere al diritto di conoscere (from need to right to know, nella definizione inglese FOIA) rappresenta per l’ordinamento nazionale una vera rivoluzione copernicana, che si compendia nella nota immagine, cara a Filippo Turati, della Pubblica Amministrazione trasparente come una «casa di vetro».
La piena, effettiva, efficace affermazione del valore della trasparenza richiede da un lato semplicità, per evitare una sorta di «burocrazia della trasparenza» e, dall’altro, una proporzionalità dell’uso e nel trattamento dei dati che contempli un limite all’accesso laddove vi sia una posizione giuridicamente tutelata dell’individuo.
La trasparenza diventa un importante strumento per riavvicinare i cittadini alle Istituzioni, consentendo alle persone di conoscere, con semplicità, dati, documenti e modalità di gestione delle risorse pubbliche. Aver accesso ai documenti della pubblica amministrazione significa avere migliori strumenti per capire, giudicare e partecipare alla vita pubblica. Un diritto universale, base della piena partecipazione alla vita democratica e della relazione meno asimmetrica tra amministrazione e cittadino.
Tutto questo è anche necessario per coordinare l’attuazione delle strategie di prevenzione e contrasto alla corruzione e dell’illegalità nella Pubblica Amministrazione, elaborate a livello nazionale ed internazionale, meglio definendo le funzioni dei soggetti coinvolti in questo ruolo.
Ma che sia un “vero FOIA”
E’ fondamentale però che l’innovazione sia sostanziale: si deve poter parlare di un “vero FOIA”.
Per questo motivo abbiamo identificato alcune condizioni, per noi irrinunciabili, che qui sintetizzo brevemente (il testo integrale del parere è sul sito della Camera):
- accesso ai dati e alle informazioni senza ulteriori oneri se non quello di identificare ciò che si richiede;
- accesso gratuito per i documenti in modalità digitale, con il solo rimborso, comunque da giustificare, dei costi effettivamente sostenuti per l’eventuale riproduzione su supporti materiali;
- sospensione del termine imposto all’amministrazione competente per provvedere sull’istanza di accesso civico nell’intervallo di tempo dei dieci giorni in cui gli eventuali controinteressati possono avvalersi della facoltà di presentare una motivata opposizione per via telematica (di cui all’articolo 6, comma 1, capoverso «articolo 5 (Accesso civico a dati e documenti), comma 5);
- eliminazione del silenzio-diniego, e obbligo per l’amministrazione di motivare il rifiuto;
- individuazione di un rimedio in via amministrativa, ulteriore e meno oneroso rispetto al ricorso al TAR, nel caso di diniego totale o parziale all’accesso o di mancata risposta da parte della pubblica amministrazione;
- limitazione delle deroghe che motivano il diniego all’accesso, specificando che questo deve essere necessario per evitare un pregiudizio «concreto» alla tutela degli interessi pubblici e privati elencati nel decreto;
- previsione di linee guida vincolanti dell’ANAC, con il parere del Garante privacy, per meglio chiarire come le Amministrazioni devono interpretare le eccezioni, da parte di organismi super partes, quali ad esempio l’ANAC, sentito il Garante della Privacy.
Queste condizioni sono poi integrate da diverse osservazioni, come la valutazione dell’opportunità di prevedere un monitoraggio della fase attuativa della riforma, anche con la possibile creazione di un Osservatorio, o di chiarire la differenza tra l’accesso previsto dalla legge n. 241 del 1990 e quello previsto dal decreto legislativo n. 33 del 2013, così come modificato da questo decreto in esame, oppure l’identificazione di un unico ufficio-sportello per ogni Amministrazione, che possa essere da riferimento unico per i cittadini che presentano le istanze di accesso, come una sorta di «desk telematico» unico per la trasparenza.
Siamo certamente vicini ad un risultato significativo: senza indulgere a voyeurismo o a ideologia da “guardia e ladri”, si promuovono trasparenza e accountability, si forniscono strumenti per combattere la corruzione e migliorare la qualità della Pubblica Amministrazione. Il FOIA italiano, fatto così, sarebbe un passo avanti non da poco verso un paese più moderno e giusto.