La XVIII legislatura ha avuto la partenza macchinosa che tutti sappiamo, ma le cose non stanno andando meglio da quando finalmente abbiamo un Governo in carica. Questa considerazione si può applicare praticamente a tutti i temi d’interesse pubblico, visto che il Governo si sta occupando solo di immigrazione (tra l’altro inanellando turpitudini e figuracce), e riguarda a maggior ragione un settore che richiede competenza e decisione: l’innovazione digitale del nostro Paese.
Le brevi considerazioni che seguono saranno dedicate a un paio d’urgenze che attendono risposta e alcune prospettive che secondo il Partito Democratico andrebbero perseguite.
Il recepimento del GDPR
La prima urgenza è un decreto legislativo che recepisca e precisi i contenuti del General Data Protection Regulation (GDPR), entrato in vigore definitivamente il 25 maggio scorso. Si tratta di una questione purtroppo finita un po’ in barzelletta presso l’opinione pubblica, visto che tutti noi abbiamo ricevuto decine di mail, più o meno tutte uguali, dai più disparati soggetti che sono entrati in contatto con i nostri dati. E invece si tratta di un tema molto serio (la protezione dei nostri dati personali), su cui l’Unione Europea ha scritto una pagina che la pone all’avanguardia nel mondo. Dal Governo italiano, arriva un imbarazzante silenzio.
Il diritto d’autore
La seconda urgenza riguarda il diritto d’autore. Il Comitato Affari Legali del Parlamento Europeo ha approvato una bozza di direttiva che modifica sostanzialmente il diritto d’autore. Non a caso, durante la scorsa legislatura, come responsabile del Dipartimento Cultura del Partito Democratico ho cercato di stimolare il dibattito e la comparazione tra i diversi sistemi legislativi nazionali. La bozza di direttiva è stata recentemente bocciata dal Parlamento Europeo, senza che nel nostro Paese si sia discussa e motivata una posizione. In autunno, si voterà di nuovo sul tema e auspico, anche se ne dubito, che il nostro Paese arrivi con Governo e Parlamento a guidare una valutazione sul tema.
La promessa (mancata) del Ministero per l’innovazione
Veniamo adesso alle prospettive. Da un governo che fa numericamente perno sul Movimento 5 Stelle, ci si sarebbe aspettata l’attuazione di una promessa che stava nel programma del Movimento stesso: la creazione di un Ministero per l’innovazione tecnologica. Anche Salvini si era espresso favorevolmente al riguardo. L’associazione Copernicani, guidata dall’ex deputato e membro dell’Intergruppo per l’innovazione tecnologica Ivan Catalano, aveva lanciato un appello, molto condiviso, in tal senso. Ovviamente, il Ministero all’innovazione tecnologica non c’è nel Governo Conte e le linee guida sul tema, presentate alle Camere dal super-ministro Luigi Di Maio, sono vaghe e confuse. Vaghezza e confusione che rispecchiano perfettamente il programma del Movimento, per non parlare del contratto di governo con la Lega: si parla genericamente di sostenere investimenti in nuovi beni e servizi (il piano Industria 4.0 rimarrà, sarà modificato, sarà cancellato?), si parla di favorire la nascita delle start-up, si parla di migliorare la cyber-sicurezza. Intenti talmente fumosi che nell’elenco manca la pace nel mondo e poi c’è tutto.
Il programma con cui il Partito Democratico si è presentato alle scorse elezioni si declinava a partire dal presupposto che l’innovazione tecnologica è una chiave fondamentale per l’aumento della produttività della nostra economia e per il miglioramento della qualità dei servizi pubblici. S’includevano quindi varie proposte per estendere gli sviluppi ottenuti tramite i provvedimenti approvati nella scorsa legislatura.
Le proposte per non disperdere i risultati raggiunti
- L’ampliamento da vari punti di vista del Piano Nazionale Scuola Digitale: infrastrutture, formazione, contenuti, sburocratizzazione e digitalizzazione del rapporto tra scuola e famiglie.
- Il supporto allo sviluppo e alla diffusione degli Istituti Tecnici Superiori aventi curricula incentrati su settori strategici quali automazione, robotica, intelligenza artificiale.
- L’estensione del modello Industria 4.0 a un settore che sta facendo passi da giganti nella digitalizzazione e nell’innovazione e che rappresenta il 6% del PIL del nostro paese (addirittura circa il 15%, se si considera l’indotto): la Cultura.
- Il sostegno pubblico affinché la banda ultra larga copra tutto il paese (altro che la mezzora d’internet gratis proposta da Di Maio). A tal proposito, il 5G è stato uno dei cavalli di battaglia del Movimento 5 Stelle e ovviamente il tempo sta dimostrando che Di Maio non ha fatto e non fa altro che chiacchiere.
Su questi temi e su queste proposte, e più in generale sull’innovazione tecnologica quale architrave dello sviluppo del paese, sfideremo in Parlamento la maggioranza di governo, con in mente solo il bene dell’Italia.