Da sei mesi l’Agenzia preposta non ci fa sapere i dati sui beni sequestrati alle mafie (vedi immagine sotto).
Quello dell’aggiornamento è uno dei profili critici dell’open data. Alcune ammiistrazioni non si preoccupano degli aggiornamenti; altre hanno difficoltà a farli. Dico sempre, ai convegni: il lavoro non finisce ma comincia dopo la prima pubblicazione. Poi tocca aggiornarli. Non credo ci sia mancanza di volontà di pubblicare i dati, da parte di un’Agenzia che ha nel proprio dna la legaltità.
La spiegazione è un’altra. Una arretratezza dei processi amministrativi e l’assenza nelle PA di un centro di competenza (e una figura) per la raccolta dei dati.
Una amministrazione che ragiona con processi digitali, non di carta, fa in modo che i dati siano acquisiti in modalità informatica, cosicché sia facile esporli. Alcuni ritardi nell’aggiornamenti dipendono infatti dal difficile processo di raccolta e validazione del dato.
Le lacune degli open data sono insomma cartina tornasole dell’analogico che regna ancora.