Secondo la definizione presente da tempo nella nostra normativa “il documento informatico è la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti”, quindi è senz’altro errato considerare che solo il PDF sia un documento digitale giuridicamente rilevante.
L’attuale definizione di documento informatica adottata anche nel Codice dell’Amministrazione digitale, D.lgs. 82/2005, va interpretata nel senso che ogni atto, purché abbia le caratteristiche minime di cui al presente decreto, è informatico, e per tale ragione anche una e-mail, un tracciato record, un database, una PEC, sono da considerarsi documenti informatici a tutti gli effetti. Va riferito comunque che – secondo le attuali regole tecniche – per identificare, pienamente un documento come informatico, occorre dapprima garantirne il rispetto delle caratteristiche di paternità, di autenticità, di integrità, di affidabilità, di leggibilità e di immodificabilità, caratteristiche tali da garantire nel tempo valore legale al documento stesso, e ciò può essere assicurato solo solo ed esclusivamente attraverso un processo di conservazione a norma di legge.
In particolare, all’art. 3 del DPCM del 13 novembre del 2014 recante le “Regole tecniche in materia di formazione, trasmissione, copia, duplicazione, riproduzione e validazione temporale dei documenti informatici nonché di formazione e conservazione dei documenti informatici delle pubbliche amministrazioni ai sensi degli articoli 20, 22, 23 -bis, 23 -ter, 40, comma 1, 41, e 71, comma 1, del Codice dell’amministrazione digitale di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005”, il legislatore recita che 1. Il documento informatico è formato mediante una delle seguenti principali modalità: (…) b) acquisizione di un documento informatico per via telematica o su supporto informatico, acquisizione della copia per immagine su supporto informatico di un documento analogico, acquisizione della copia informatica di un documento analogico; c) registrazione informatica delle informazioni risultanti da transazioni o processi informatici o dalla presentazione telematica di dati attraverso moduli o formulari resi disponibili all’utente; d) generazione o raggruppamento anche in via automatica di un insieme di dati o registrazioni, provenienti da una o più basi dati, anche appartenenti a più soggetti interoperanti, secondo una struttura logica predeterminata e memorizzata in forma statica. 2. Il documento informatico assume la caratteristica di immodificabilità se formato in modo che forma e contenuto non siano alterabili durante le fasi di tenuta e accesso e ne sia garantita la staticità nella fase di conservazione. 3. Il documento informatico, identificato in modo univoco e persistente, è memorizzato in un sistema di gestione informatica dei documenti o di conservazione la cui tenuta può anche essere delegata a terzi.
La produzione corretta di un documento informatico, nondimeno e come già prima anticipato, presuppone al contempo una attenta e precisa valutazione delle norme in tema di conservazione.
Il D.P.C.M. del 3 dicembre del 2013 recanti le regole tecniche in materia di sistemi di conservazione, ai sensi degli articoli 20, commi 3 e 5 -bis , 23 -ter , comma 4, 43, commi 1 e 3, 44 , 44 -bis e 71, comma 1, del Codice dell’amministrazione digitale di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005 e le “linee guida sulla conservazione dei documenti informatici” pubblicate dall’Agenzia per l’Italia Digitale, hanno individuato, sistematicamente, i principi sulla conservazione dei documenti informatici.
Aspetto di ulteriore rilevanza è l’osservazione delle “Linee guida sulla conservazione dei documenti informatici”, secondo cui l’obbligo di conservazione dei documenti d’archivio è inteso a salvaguardare diritti soggettivi, interessi legittimi, il diritto d’acceso, la ricerca a fini storici, culturali e scientifici ed è finalizzato alla fruizione dei documenti per finalità amministrative e per interesse storico.
L’affermazione quindi, che, qualsiasi documento purché correttamente prodotto va conservato, implica, ad oggi, che la Posta Elettronica Certificata (PEC), in quanto documento di natura informatica, va conservata per un tempo prestabilito dalla legge. Difatti, secondo l’art. 2220 del codice civile i documenti e le scritture contabili devono essere conservati per dieci anni dalla data dell’ultima registrazione e, con particolare riferimento all’art. 2214 dello stesso codice, si impone di “conservare ordinatamente per ciascun affare” la corrispondenza ricevuta e spedita oltre alle fatture e alle scritture contabili.
Infine, si deve tenere in considerazione che l’art. 43 del Codice dell’Amministrazione Digitale stabilisce che i documenti informatici di cui è prescritta la conservazione per legge o regolamento sono conservati “in modo permanente con modalità digitali” nel rispetto delle regole tecniche.
Cosa, quindi, occorre conservare delle PEC spedite? Semplicemente la “ricevuta di consegna completa” in quanto contiene tutti gli elementi atti a garantirne la conservazione nel tempo, ovvero il messaggio inviato, la ricevuta, la firma elettronica e il file daticert.xml che contiene al suo interno tutte le informazioni necessarie (identificato id del messaggio PEC, la consegna e chiha spedito la PEC).
Per concludere si suggerisce, quindi, di archiviare e conservare a norma la PEC, in osservanza dell’articolo 2214 del Codice Civile che prevede l’obbligo, per l’imprenditore di «conservare ordinatamente per ciascun affare gli originali delle lettere, dei telegrammi e delle fatture ricevute, nonché le copie delle lettere, dei telegrammi e delle fatture spedite» e dell’articolo 2220 del Codice Civile che dispone la conservazione per dieci anni delle lettere e dei telegrammi ricevuti, nonché delle copie delle lettere e dei telegrammi spediti. Naturalmente, in via interpretativa, queste regole si possono estendere alle e-mail rilevanti per l’impresa.