Approfittiamo di questo momento nel quale si parla meno di Bitcoin, anche per le vicissitudini dovute al calo della sua valutazione, per vedere la tecnologia blockchain con un’ottica più equilibrata e comprendere meglio come può essere sfruttata al meglio e quali siano i suoi principali punti di forza e quali di debolezza.
L’economist il 31 ottobre 2015 ha dedicato una copertina alla blockchain dal titolo “the trust machine” focalizzando l’essenza della blockchain come meccanismo per validare la fiducia all’interno di una rete di sconosciuti.
Il meccanismo escogitato da Satoshi Nakamoto, lo pseudonimo dietro al quale si nasconde colui che ha descritto la blockchain, consente di avere una alternativa alla presenza di una “terza parte” come garante della fiducia tra soggetti.
Questo “semplice” meccanismo in realtà rimette in discussione molti degli assunti che contribuiscono a costruire la nostra società e i rapporti all’interno di essa a partire dall’economia.
La fiducia e blockchain
La fiducia rappresenta la componente principale che contribuisce alla esistenza della società, una ricca letteratura sociologica ed economica ne ha descritto i benefici e la sua importanza. È attraverso la fiducia che viene a formarsi il “capitale sociale” (da non confondere con quello delle società di capitali) dato dall’insieme di relazioni tra l’individuo e gli altri che permette di costituire accordi e relazioni che accrescono il bene di ognuno. Attraverso la fiducia diffusa in una società è possibile riconoscere le istituzioni che ne formano le regole condivise come lo stato (e dunque la moneta che ne costituisce la base economica riconosciuta e il suo potere di reprimere comportamenti antisociali con la violenza).
Tuttavia in questi ultimi anni alla blockchain si è chiesto di fare tutto e il contrario di tutto, è partita una vera e propria isteria collettiva fino al punto che una azienda produttrice di bibite come la Long Island Icead Tea Corp, quotata al NASDAQ, a cui è bastato cambiare nome in Long Blockchain per crescere del 289% in un giorno. E non è l’unico caso.
La blockchain è particolarmente adatta a costruire applicazioni che hanno bisogno di tenere un registro certificato di ciò che avviene, ad esempio è possibile registrare transazioni, e, in caso di contestazioni, poter risalire in modo affidabile a ciò che è accaduto.
Distribuendo il registro a tutte le parti coinvolte, o più facilmente in un numero di nodi di diverse organizzazioni che non condividono i medesimi interessi, offre una ragionevole certezza ad ognuno che il registra non possa essere manomesso.
Prima della blockchain era necessario che vi fosse un garante in grado di certificare e verificare che le condizioni e le informazioni alla base della transazione fossero certe. Nei fatti attraverso un “notaio” che fosse in grado di offrire garanzie di etica e indipendenza a tutti i coinvolti. Compito dello stato o di organismi internazionali è quello di dettare le regole alle “terze parti” e i meccanismi di auditing affinché tutto possa procedere per il meglio.
Tutto questo ha un enorme costo che tuttavia consente di creare meccanismi efficienti. Ad esempio la Visa consente in pochi secondi di poter validare le transazioni di una carta di credito dando garanzia a cliente e fornitore. Nella finanza esistono moltissimi intermediatori ed ognuno di loro si fa pagare in varie forme per dar luogo alla transazione, ci sono istituti bancari, carte di credito, borse, aziende che verificano la solvibilità, aziende di audit che verificano il corretto comportamento delle altre, il sistema giudiziario, gli enti pubblici che regolano e verificano il buon funzionamento del mercato, ecc.
La presenza di un complesso di norme che regolano i rapporti tra le parti mira a ridurre i costi di transazione tra di esse, semplificando potremmo dire i costi che si vengono a determinare principalmente proprio dal rischio che una di esse possa assumere comportamenti tali da arrecare danno agli altri.
Tutto questo mondo può essere in gran parte superato con la blockchain che riesce ad eliminare molti di questi intermediari. Ovviamente non riesce ad eliminare la necessità che tutte le transazioni siano garantite da un organismo superiore (ad esempio lo stato o organismi simili) in grado di trovare e punire chi assume comportamenti scorretti.
I problemi di affidabilità
Tuttavia la blockchain non è la soluzione a tutto, anzi diciamo che diventa la soluzione subordinata se quella ottimale viene meno. Infatti anche la blockchain ha molti problemi, e non sempre riesce a garantire la piena affidabilità.
Anzitutto, affinché possa essere affidabile, deve coinvolgere un numero di attori alto e in grado di non coordinarsi tra loro.
- Uno dei principali e noti problemi è la condizione che si può determinare se più della metà dei nodi di una blockchain si mette d’accordo per modificare i contenuti di una transazione. In tale caso, senza che nessuno se ne accorga, può venire meno l’affidabilità della catena.
- In secondo luogo la blockchain è lenta, ogni transazione prima di essere validata deve essere controllata chiedendo a tutta la rete se essa è compatibile e non viola le norme della transazione. In tal caso viene registrata e in seguito, passato un certo tempo, validata e scritta definitivamente in modo indelebile. Indelebile sempre che gli algoritmi utilizzati per la crittografia siano affidabili ma lo diamo per scontato. Ad esempio una transazione bitcoin prima di essere validata necessita di circa 10 minuti, in altre criptovalute meno. Se ho bisogno di un sistema altamente affidabile e ad alte prestazioni per il registro delle transazioni diventa difficile utilizzare un sistema basato a blockchain, rischia di essere troppo lento.
- Un altro grande problema della blockchain è che più è numeroso il numero di nodi più il sistema è sicuro ma aumenta notevolmente il numero di nodi che si “contendono” la chiusura del blocco di transazioni. Ovviamente questo è vero moltissimo nel caso delle criptovalute, dove si riceve un compenso per questa attività, ma vale molto meno se ho nodi che validano le transazioni sulla base di regole alternative. In questo caso, per preservare la sicurezza e l’affidabilità del sistema, è importante che le regole per la chiusura dei blocchi siano tali che non sia possibile preventivamente determinare quale nodo sia coinvolto. In tal caso esso sarebbe vulnerabile ad attacchi invalidando un intero blocco di transazioni se l’attacco riuscisse ad inserire informazioni non veritiere all’interno, informazioni che nessuno saprebbe più se sono vere o false.
Alcuni governi, come la Lituania, utilizzano la blockchain per rendere sicuri i propri sistemi informatici, fanno uno snapshoot dei sistemi e ogni tanto verificano che tale “foto” corrisponda con quella attuale potendo così individuare immediatamente se i sistemi sono stati modificati da hacker. La blockchain è distribuita tra i server del governo, non è una rete pubblica ma le regole che questi sistemi usano consente di avere una buona soluzione per la sicurezza. Questo sistema consente di utilizzare la blockchain per mettere al sicuro il registro da manomissioni ma è comunque dello stato che dunque è anche il garante terzo di sé stesso. Questo è il modo in cui molte organizzazioni stanno approcciando la blockchian per aumentare l’affidabilità di sistemi di tracciamento di transazioni ad esempio per la certificazione di filiere produttive o altro.
È chiaro che ne emerge una tecnologia interessante ma da utilizzare in modo appropriato a seconda delle esigenze, non è la panacea a tutti i mali anche se consente di superare alcuni problemi che i sistemi di garanzia da terze parti hanno.
La blockchain, evitando di dover essere condizionata dalla “buona fede” dei terzi (con i limiti suddetti), evita che vi possano essere “azzardi morali” ovvero episodi nei quali singoli possano mettere in atto dei comportamenti tali da favorire alcune parti proprio per il ruolo di terzo ricoperto.
Le applicazioni sono numerosissime in vastissimi campi, dalla finanza alla pubblica amministrazione, dai sistemi IoT ad industria 4.0.
La tecnologia blockchain trova dunque un vasto campo di applicazione ma non rappresenta la “pietra filosofale” che risolve ogni problema, anzi può crearne di nuovi se non viene utilizzata dopo una analisi attenta delle alternative e del contesto “sociale” nel quale ne viene presa in considerazione l’applicazione.
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