Il Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD) rappresenta la norma centrale e di riferimento per la digitalizzazione della nostra pubblica amministrazione. Tra versioni “principali” e decreti correttivi siamo alla sesta versione. In più dobbiamo considerare una serie di piccole modifiche che man mano ne hanno aggiornato alcuni aspetti.
Non molti, però, sono a conoscenza della sua travagliata genesi e della sua storia, partita nell’ormai lontano 2003.
Questo perché si scrive molto su tantissimi ed esaustivi aspetti della pubblica amministrazione digitale, ma non vi è adeguata traccia di aspetti storici e testimonianze sull’evoluzione della normativa relativa a quella che, in questa fase storica, si identifica come Trasformazione Digitale.
Chi scrive, tuttavia, è stato testimone di oltre vent’anni di cambiamenti e ritiene utile per la comunità scientifica e per i cultori della materia lasciare traccia della propria esperienza.
Questo è il primo articolo di una serie che può proseguire nella misura in cui gli addetti, gli esperti e i cultori della materia riterranno di loro interesse e soprattutto utile.
Usando il linguaggio delle fiction possiamo dire che questo articolo è l’episodio pilota.
La storia del CAD
La prima storia che racconto è quella del CAD, partendo dai due anni precedenti alla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale 16 maggio 2005, n. 112, S.O. n. 93 come Decreto Legislativo 7 marzo 2005, n. 82.
Il Ministro di riferimento, all’epoca, era Lucio Stanca, ex manager dell’IBM (fino a diventarne il responsabile EMEA – Europa, Medio Oriente e Africa) e primo Ministro per l’innovazione e le tecnologie.
La sua nomina fu annunciata da Silvio Berlusconi in una trasmissione televisiva. Berlusconi riteneva che la pubblica amministrazione e il Paese dovessero puntare sul digitale per crescere e modernizzarsi. Per il lettore ricordiamo che siamo nel 2001. Il Ministro Stanca rimase in carica per l’intera legislatura fino a metà maggio del 2006.
La genesi
Il CAD nasce nella seconda parte del 2003 non nella forma attuale, ma come “Codice della Digitalizzazione della Pubblica Amministrazione”.
Ha 96 articoli e una suddivisione in XIII Capi. Lo schema di lavoro stabilizzato alla fine del 2003 è strutturato come segue:
Capo I principi generali
- finalità → disponibilità / gestione / accesso / trasmissione / conservazione / fruibilità
- Rapporti con Regioni ed enti locali
- digitalizzazione della P.A.
Capo II Disponibilità dei dati
- dati pubblici
- siti
- comunicazione istituzionale/moduli
Capo III Gestione delle informazioni
- documento informatico
- firma
- protocollo
- procedimenti amministrativi gestiti con modalità digitali
- sistema documentale
Capo IV Conservazione dei documenti
- archiviazione ottica
Capo V Trasmissione
- posta elettronica
- posta certificata
Capo VI Acesso
- Siti
- Modalità di accesso CIE/CNS
- Invio di istanze tramite CIE/CNS
Capo VII Fruibilità
- dati territoriali
Capo VIII Infrastrutture nazionali di servizi telematici
- sistema pubblico di connettività
- infrastrutture di servizio
- e-learning
- e-procurement
- registri pubblici
- anagrafi
- sistemi territoriali
- imprese
- sistemi di pagamento
- telelavoro
Capo IX Principi di attuazione
- organizzazione
- competenze del Ministro
- unità per la digitalizzazione e l’organizzazione
- formazione
Capo X Sicurezza
Capo XI Regole tecniche
Capo XII Sviluppo ed utilizzazione dei programmi informatici nelle pubbliche amministrazioni
CAPO XIII Norme transitorie
Il testo
Il testo, fisiologicamente, riprende e aggiorna le tematiche già presenti nelle norme emanate dal precedente Ministro della Funzione Pubblica Franco Bassanini, con un aggiornamento sui temi del momento come la Carta Nazionale dei Servizi a la Posta Elettronica Certificata.
Il primo articolo suddiviso in due commi recita:
- Lo Stato assicura la disponibilità, la gestione, l’accesso, la trasmissione la conservazione e la fruibilità dell’informazione elettronica e digitale anche attraverso il presente decreto nelle forme e nei limiti della normativa vigente.
- Le disposizioni del presente decreto si applicano alle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, salvo che non sia diversamente stabilito.
Altri articoli disegnano il ruolo delle Pubbliche Amministrazioni come gestori dei dati pubblici che devono essere, tra l’altro, conoscibili, disponibili e trattati in modo sicuro.
Il documento informatico presente nel CAPO III relativo alla Gestione delle Informazioni è definito come nel decreto del Presidente della Repubblica 445/2000 che è il Testo unico della documentazione amministrativa. Il CAD che entrerà in vigore il primo gennaio 2006 ne abrogherà solo una parte.
L’art. 18 e la firma elettronica
La normativa sulle sottoscrizioni elettroniche viene anch’essa stabilita come evoluzione del DPR 445/2000, ma l’Italia ha attuato la direttiva europea 1999/93/CE relativa ad un quadro comunitario per le firme elettroniche il decreto legislativo 23 gennaio 2002, n. 10
Questo aspetto sarà decisivo per lo specifico testo definitivo del CAD.
L’articolo 18 conteneva una norma che sopprimeva la firma autografa per la PA comunque riprendendo l’articolo 25 del DPR 445/2000.
Art. 18 (Firma di documenti informatici delle pubbliche amministrazioni)
1. In tutti i documenti informatici delle pubbliche amministrazioni la firma autografa o la firma, comunque prevista, è sostituita dalla firma digitale o da altro tipo di firma elettronica qualificata, in conformità alle norme del presente decreto.
2. L’uso della firma digitale integra e sostituisce ad ogni fine di legge l’apposizione di sigilli, punzoni, timbri, contrassegni e marchi comunque previsti.
L’articolo 32, comma 3 stabilisce regole per la sottoscrizione dei Contratti informatici
3. Quando, secondo la legge o la volontà delle parti, un contratto deve essere provato per iscritto, ovvero nei casi in cui la forma scritta è richiesta sotto pena di nullità, l’apposizione o l’associazione al documento informatico della firma digitale o altro tipo di firma elettronica qualificata costituisce valida sottoscrizione.
Nel testo definitivo si farà riferimento alle scritture private e agli articoli 2702 e 1350 del Codice Civile. Per i già citati obiettivi storici può essere utile ricordare che in tutte e sei le versioni “principali” del CAD il valore probatorio e l’efficacia giuridica delle sottoscrizioni informatiche è stata modificata.
La sezione IV è dedicata al protocollo. Verrà espunta nelle versioni successive quando si decide che non si vuole cambiare il rango normativo, delegificato con il DPR 445/2000. Nel CAD comunque resta l’attuale articolo 40-bis.
La sottoscrizione informatica, la gestione documentale, i sistemi di pagamento e la posta elettronica certificata (che avrà le sue regole tecniche qualche mese dopo nel novembre del 2005) modificano la natura esclusivamente pubblica del Codice.
Il nuovo titolo della norma diventa e rimane nel tempo “Codice dell’Amministrazione Digitale”.
La sezione V stabilisce norme per i procedimenti amministrativi gestiti con modalità digitali. Questa parte viene eliminata in base ad accordi con la Funzione Pubblica e in linea con la modificata visione politica di quello che è diventato il CAD.
La gestione documentale viene abbastanza semplificata e trova oggi attuazione negli articoli vigenti del CAD dal 41 al 44.
La conservazione dei documenti informatici è all’epoca identificata come archiviazione ottica. Il termine comunque viene rapidamente superato per evidente obsolescenza tecnologica.
La trasmissione del documento informatico aggiorna l’articolo 14 del DPR 445/2000 già modificato dal DPR 11 febbraio 2005, n. 68 che regolamenta la Posta Elettronica Certificata (PEC).
Il resto del testo sviluppa i contenuti dei siti, in un momento storico durante il quale Internet si sta sviluppando in modo veloce e pervasivo. Importanti sono le regole che oggi sono più sintetiche come stabilite negli articoli 53 e 54 del CAD.
Viene introdotta la Carta Nazionale dei Servizi poi successivamente connessa alla Tessera Sanitaria.
Viene stabilita la parità di scopo con la Carta d’Identità Elettronica per l’accesso ai servizi online della pubblica amministrazione.
Stante il periodo storico, nello schema iniziale del Codice si escludono gli Enti Locali vista la norma Costituzionale (art. 117, lettera r) sul tema. In base agli accordi successivi l’articolo 2, comma 1 del CAD vigente stabilisce il suo ambito di applicazione anche per le Regioni e le autonomie locali.
Scompare il riferimento normativo stabilito nell’art. 84, comma 1
1. Il procedimento amministrativo ex lege n. 241/90 è effettuato tramite tecnologie informatiche entro e non oltre il 1° gennaio 2007.
Il testo rimanente stabilisce regole per la sicurezza e in particolare per lo schema nazionale di sicurezza, per le regole tecniche, oggi Linee guida in capo all’Agenzia per l’Italia Digitale come stabilito nel consolidato articolo 71 del CAD.
Ampio spazio viene dato alle regole sul riuso dei programmi informatici della pubblica amministrazione con norme molto estese e dettagliate che oggi sono stabilite in modo più sintetico nell’articolo 69.
Anche il testo dello schema di codice si concludeva con norme transitorie e abrogazioni.
Conclusioni
In conclusione possiamo affermare che il primo schema consolidato del CAD conteneva molti riferimenti a normative precedenti e in particolare al DPR 445/2000. Numerose tematiche e regole sono scomparse nelle varie versioni a causa del differente contesto di riferimento, anche internazionale, come per il regolamento 910/2014 (eIDAS).
Alcune tematiche sono state sfumate, probabilmente per evitare l’espansione di una norma sulla trasformazione digitale in terreni collegati alla Funzione Pubblica.
Negli anni la digitalizzazione è stata delegata alla Funzione Pubblica stessa e solo nel Governo in carica si è definita una specifica carica per il Ministro per l’innovazione e la digitalizzazione.
La vita del CAD non fu facile. Ottenuta l’approvazione del testo in Consiglio dei Ministri il Ministro Stanca dichiara che:
“L’Italia è tra le prime nazioni al mondo a proporre un simile strumento normativo, frutto di una rielaborazione in chiave moderna delle numerose leggi e norme che riguardano l’utilizzo delle nuove tecnologie sia da parte degli uffici pubblici nei rapporti con cittadini e imprese, sia la loro adozione nei rapporti giuridici tra privati”.
Alle critiche di Bassanini, comunque primo riformatore di una PA verso l’informatica, il Ministro Stanca risponde:
“Bassanini critica dicendo che il codice contiene proclami ambiziosi e irrealistici. Io penso che, al contrario, non ci siano proclami. Stiamo infatti portando avanti una profonda trasformazione e modernizzazione della PA, che certamente è un progetto di grande ambizione. […] in verità ha fatto bene Bassanini a non fare questo Codice quando lui era al Governo perché non aveva assolutamente le basi per farlo. Noi, invece, lo abbiamo potuto varare tre anni dopo in quanto abbiamo prima sperimentato tutto quello che abbiamo scritto […] Un codice senza la relativa infrastruttura sarebbe stato una utopia”.
Il resto dei 15 anni è storia con una PA ancora molto cartacea e ancora alla ricerca di una trasformazione digitale reale che poi consente realmente di avere servizi online, smart working, trasparenza, efficienza, efficacia ed economicità.
Per un Paese migliore.