Al fine di supportare le famiglie durante l’emergenza Covid-19, lo Stato ha previsto, tra le altre cose, l’attribuzione di buoni spesa a soggetti che soddisfano determinati requisiti economici da attestare in un’autocertificazione da fornire ai Comuni. Quello che non emerge a prima vista da questo scenario riguarda i problemi legali nascosti legati all’attribuzione dei buoni spesa.
Buoni spesa come moneta elettronica
Il primo problema che è da porsi riguarda la configurabilità dei buoni spesa come moneta elettronica essendo spendibili per l’acquisto di beni di prima necessità.
Da un punto di vista regolamentare, il buono rientra nell’esenzione prevista per i cosiddetti “strumenti a spendibilità limitata” dall’art. 3, lett. k) della Direttiva 2366/2015 (la Payment Services Directive 2 – PSD2) secondo cui “La presente direttiva non si applica [—] k) ai servizi basati su specifici strumenti di pagamento utilizzabili solo in modo limitato, che soddisfino una delle seguenti condizioni; (i) strumenti che consentono al detentore di acquistare beni o servizi soltanto nei locali dell’emittente o all’interno di una rete limitata di prestatori di servizi direttamente vincolati da un accordo commerciale ad un’emittente professionale; (ii) strumenti che possono essere utilizzati unicamente per acquistare una gamma molto limitata di beni o servizi”.
Inoltre, l’impossibilità di convertire i buoni (o l’importo residuo dei medesimi) in valuta li esclude dalla nozione di moneta elettronica.
La circostanza che i buoni rientrino in una esenzione prevista dalla PSD2 non li esenta però del tutto da adempimenti regolamentari. Ai sensi dell’art. 37, paragrafo 2 della PSD2, è previsto un obbligo di notifica alla Banca d’Italia in caso di utilizzo di strumenti a spendibilità limitata quali sono i buoni con operazioni di pagamento eseguite nei precedenti 12 mesi superiori all’importo di 1 milione di euro.
Si tratta di un semplice adempimento amministrativo che ora è stato posticipato al 30 giugno a causa dell’emergenza Covid-19, ma è comunque da tener conto e comporta una valutazione da parte della Banca d’Italia.
Le Faq del Garante
Allo stesso modo, il Garante per la protezione dei dati personali nelle sue FAQ ha di recente raccomandato che il rimborso agli esercizi commerciali del valore dei buoni spesa avvenga dietro presentazione di una semplice autodichiarazione, evitando così la presentazione sistematica degli scontrini che associati all’identità del beneficiario del buono comporterebbe la comunicazione di dati anche di natura particolare, come nel caso di acquisti di prodotti alimentari specifici. Gli scontrini dovranno essere conservati dagli esercizi commerciali e presentati solo in caso di eventuali controlli, evitando quindi una continua comunicazione di dati personali.
Infine, un ulteriore aspetto da considerare riguarda la trasparenza delle comunicazioni associate ai buoni Covid-19. Infatti, molti esercizi commerciali stanno aggiungendo a proprie spese un importo aggiuntivo al valore nominale dei buoni attribuiti dai Comuni. Tuttavia, il rischio è che eventuali claim diano l’impressione che l’esercizio commerciale si faccia carico dell’intero valore del buono, dando vita ad una forma di pubblicità ingannevole. I buoni dovranno quindi rappresentare in modo fedele la quota che è attribuita dall’esercizio commerciali in più rispetto all’importo attribuito dai Comuni.
Queste criticità sembrano gestibili e l’attuale inquadramento giuridico evita dei formalismi amministrativi eccessivi che avrebbero impedito di fruire dei buoni in un periodo in cui le famiglie hanno un immediato bisogno di sussidi. La speranza è che questa tendenza alla semplificazione sia seguita anche con altre forme di sussidio per fare in modo di attribuire prontamente gli aiuti a chi ne ha bisogno.