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Capitanio: “Digitale, bene un sottosegretario ma serviva un ministero. Ecco le sfide per il nuovo Governo”

Un ministero ad hoc e con portafogli, forse, sarebbe stata la chiave di volta definitiva per concentrare tutte le competenze in un solo luogo, evitando inevitabili rimandi. Ma Giorgia Meloni ha optato per un sottosegretario. Ora il Governo dovrà evitare alcuni rischi di atomizzazione

Pubblicato il 26 Ott 2022

Massimiliano Capitanio

Commissario Agcom

giorgia meloni deepfake

I 40 miliardi che il PNRR stanzia per la digitalizzazione del Paese, a cui si aggiungono i fondi della Missione 6 per la digitalizzazione del sistema sanitario nazionale e per la telemedicina, spiegano da soli la crucialità di questa sfida per l’Italia e, naturalmente, anche per l’Europa.

Questa transizione, allo stesso livello di quella ecologica, è la chiave di volta per un Paese che voglia essere sicuro, sovrano e proiettato al futuro.

Perché servirebbe un ministero ad hoc (ma ci sarà un sottosegretario)

Il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, dopo i malumori per la scelta di non confermare un ministero per la Transizione digitale, ha rassicurato che “il dipartimento sarà affidato a un sottosegretario alla presidenza del Consiglio e non si perderà un minuto del lavoro fatto che anzi sarà rilanciato”.

Un ministero ad hoc e con portafogli, forse, sarebbe stata la chiave di volta definitiva per concentrare tutte le competenze in un solo luogo, evitando inevitabili rimandi tra Presidenza del Consiglio e Ministero dello Sviluppo economico, passando a volte anche da Ministero della Cultura, Ministero della Pubblica Amministrazione e Ministero delle Infrastrutture. Così come era avvenuto per semplificare la burocrazia, la metafora sarebbe stata quella di attivare una sorta di Sportello unico per il digitale, un ministero per le Infrastrutture digitali e per l’innovazione che rispondesse agli auspici del settore.

Quando temo la atomizzazione dei provvedimenti penso ad esempio agli ultimi provvedimenti del Governo uscente: il ministero della PA che, in autonomia, decide di affidare a una società privata la concessione gratuita di Spid per i dipendenti pubblici, il ministero degli Interni che rivoluziona le funzioni della carta di identità elettronica mettendo a rischio la sussistenza dello stesso Spid, oggi in mano a 30 milioni di italiani, ma anche il direttore dei Monopoli che annuncia la possibilità per i tabaccai di non accettare pagamenti digitali per valori bollati e sigarette. Segnali della necessità di un coordinamento nelle iniziative.

Le sfide del nuovo Governo e il ruolo di Agcom

La sfera della digitalizzazione, insieme all’innovazione, racchiude le partite della cybersicurezza, delle infrastrutture delle tlc, della semplificazione della Pubblica Amministrazione, di una moderna formazione dei nostri giovani per ancorarli al mondo del lavoro, dello sviluppo delle imprese, ma anche della sostenibilità ambientale, dell’offerta turistica integrata e di molto altro.

Agcom accompagnerà il Paese in questa affascinante sfida perché il tema della digitalizzazione va affrontato sotto il profilo “hardware” della infrastruttura e della rete, ma anche sotto quello “software” dei contenuti e della responsabilizzazione di chi li fa circolare.

Software: adozione del nuovo quadro regolamentare

Siamo, infatti, al crocevia di due momenti fondamentali: da un lato l’Europa ha assistito a un imponente processo di adeguamento e aggiornamento del quadro giuridico di riferimento con l’adozione del Nuovo Codice europeo delle comunicazioni elettroniche, della Direttiva sui servizi media audiovisivi, della Direttiva quadro in materia di diritto d’autore, delle disposizioni per le piattaforme contenute nel Regolamento sul “Platform to business”. Agcom sarà chiamata a “mettere a terra” la regolazione di dettaglio.

Dall’altro lato, la stagione di fermento e di grande innovazione normativa nel settore digitale ha messo sul tavolo atti come il Digital markets Act e il Digital Services Act la cui implementazione è di particolare interesse per tutte le autorità di settore, soprattutto in vista dell’individuazione del Digital Services Coordinator per cui Agcom rappresenta certamente un candidato naturale.

Non ha ancora attirato l’attenzione che si merita il recentissimo Regolamento denominato “European Media Freedom Act” (EMFA) pubblicato lo scorso 16 settembre dalla Commissione europea. Il provvedimento si prefigge, tra l’altro, di proteggere il pluralismo e l’indipendenza dei servizi di media e di introdurre nuove regole destinate ad incidere sui servizi di media pubblici e commerciali, sulla stampa e sulle radio, sulle piattaforme online, nonché sui governi e sulle autorità di regolamentazione dei media.

Media Freedom Act, al via la legge Ue sulla libertà dei media: obiettivi e problemi applicativi

Ciò che deve destare un certo interesse è proprio il fatto che la proposta parte da un punto saldo: il riconoscimento dell’informazione come bene pubblico. L’esigenza di tutelare l’indipendenza dei media a livello dell’Unione Europea, anche da minacce esterne si configura come un item fondamentale nell’agenda del legislatore eurocomunitario. Non è un caso, infatti, che quest’ultimo abbia deciso di utilizzare uno strumento come il Regolamento, invece delle tradizionali Direttive. Per loro stessa natura, infatti, i Regolamenti sono immediatamente applicabili negli Stati membri e dettano un’armonizzazione minima del quadro regolamentare al di sotto del quale ogni Paese membro non può attestarsi.

Non si tratta di un elemento di poco conto se consideriamo che in forza della cosiddetta libertà di stabilimento i soggetti regolati possono essere stabiliti in uno dei qualsiasi Paesi membri per cui si applica il frame normativo vigente in quel paese; quindi, assicurarsi che questi ultimi adottino regole minime comuni rappresenta una maggior tutela per tutti gli utenti europei, a prescindere dal paese di provenienza. E questo passaggio è cruciale in vista di una omogeneità nei provvedimenti di settore.

Sebbene siamo ancora in un fase iniziale di adozione del regolamento l’Autorità ne sta seguendo attivamente l’iter ed è coinvolta nel dibattito istituzionale sotto diversi profili per far sì che anche la posizione italiana sia tenuta in debita considerazione in fase di revisione del regolamento stesso, anche nell’attesa di ereditare dal regolatore francese ARCOM la presidenza dell’ERGA ossia il gruppo dei regolatori dell’Audiovisivo europei, organo che più da vicino segue l’iter di approvazione del Regolamento in tutti i paesi membri. Per questo l’Autorità acquisirà un ruolo chiave nell’implementazione dell’EMFA nei prossimi mesi.

Hardware: la nuova rete

Inutile negare, poi, anche il ruolo fondamentale che giocheranno anche i progetti da attuare nell’ambito del PNRR che lambiscono, non in via incidentale, gran parte dei mercati regolati da Agcom soprattutto nelle comunicazioni elettroniche.

Agcom ha un ruolo proattivo e rilevante nell’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), con riferimento ai Piani di intervento pubblico previsti nella “Strategia italiana per la Banda Ultra Larga – Verso la Gigabit Society”, in particolare, in relazione al “Piano Italia a 1 Giga” e al “Piano 5G”.

Inoltre, sempre in relazione allo sviluppo della rete l’Autorità ha emanato le Linee guida che identificano le condizioni di accesso wholesale alle reti a banda ultra-larga destinatarie di contributi pubblici. Un analogo provvedimento è stato assunto anche per le reti 5G.

Continuano ovviamente, in coordinamento con il MiSE, le attività annesse alla gestione del radio spettro per una efficiente allocazione delle risorse frequenziali non solo per quanto attiene lo sviluppo del 5G ma anche e soprattutto il refarming della banda 700 MhZ per i broadcaster e le attività di pianificazione delle frequenze per la DAB Radio.

Un certo interesse è stato poi suscitato da due procedimenti che hanno avuto come protagonisti TIM e DAZN. Nel primo caso parliamo dell’Offerta di coinvestimento presentata da TIM per la realizzazione di una nuova rete ad alta capacità, ai sensi degli artt. 76 e 79 CECE. Si è trattato del primo procedimento di questo genere in Europa sebbene abbia ora registrato una battuta di arresto e sia allo stato al vaglio dell’Autorità;

Nel secondo il riferimento è ovviamente all’offerta di contenuti televisivi premium, relativamente alla trasmissione in live streaming delle partite di serie A da parte di DAZN.

Questo ha permesso di agire su tre diversi ambiti la tenuta della rete, la qualità delle trasmissioni e tutela dei consumatori, la rilevazione degli ascolti. Fondamentale il passaggio sulla tenuta della rete anche alla luce del dibattito quanto mai cruciale sulla possibilità che gli OTT contribuiscano economicamente alla infrastrutturazione digitale del Paese.

Quanto al dibattito sulla rete unica, entrato anche nell’agenda del nuovo Governo Meloni, l’obiettivo dell’Autorità di concerto con la Commissione europea con le altre autorità nazionali di regolazione e con i Ministeri competenti è quello di favorire lo sviluppo di un ecosistema digitale equo, trasparente e non discriminatorio, in cui siano rispettati i diritti di libertà, il pluralismo informativo, la piena concorrenza, la tutela di utenti, consumatori e aziende che operano nel web.

E tra queste tutele non posso non citare il contrasto alla pirateria audiovisiva che sottrae al sistema Paese 1,7 miliardi ogni anno, oltre a decapitare migliaia di posti di lavoro e mettere a repentaglio la sicurezza dei dati dei cittadini, corresponsabili a volte inconsciamente di questi reati.

Perché la digitalizzazione è, forse in primis, una urgente rivoluzione culturale.

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