Non possiamo permetterci una Pubblica Amministrazione ferma mentre le professioni, gli stili di vita, i mercati e le produzioni vengono inesorabilmente permeati e trasformati dal digitale.
Nel Desi 2018 l’Italia era e resta in fondo alla classifica, nonostante qualche timido passo avanti fatto negli ultimi anni sul piano tecnologico, con la creazione di piattaforme nazionali quali ANPR, SPID e PagoPA e sul piano degli indirizzi, vedi il Piano Triennale per l’informatica nella PA che stabilisce le azioni che devono essere fatte per arrivare alla completa digitalizzazione delle PA e garantire quindi la cittadinanza digitale.
Fatte le piattaforme, ora la serve la spinta politica
Ad oggi occorre da una parte una forte spinta politica che faccia davvero dell’innovazione tecnologica una politica a tutti gli effetti e che si smetta di trattare l’innovazione come “l’informatica dei CED” della quale si può in qualche modo fare a meno. La maggior parte degli Enti sul territorio non colgono l’importanza di questi temi e disattendono puntualmente le indicazioni sia del CAD sia dei Piani conseguenti in quanto non ritengono il tema di fondamentale importanza e soprattutto non hanno nessun premio o nessuna sanzione a tale proposito.
Dall’altra parte occorre affrontare davvero quello che è il fulcro della vera trasformazione digitale e che finora non è stato affrontato in maniera considerevole: la rivisitazione dei processi interni delle PA guidati dal digitale, occorre cioè che le Pubbliche Amministrazioni comincino a rivedere il loro lavoro quotidiano anche nell’ottica del cittadino che usufruisce dei servizi online.
La PA online, una vetrina che non semplifica la vita
Non è più pensabile che i servizi online delle PA siano la vetrina dove si mettono i moduli cartacei e dove soprattutto si mette in mostra tutta la burocrazia interna dell’Ente con il risultato di complicare la vita al cittadino invece di semplificarla.
Il tema principale è quello delle competenze digitali legate all’innovazione dei processi interni agli Enti che non possono essere più rimandate: l’innovazione deve essere vista come mezzo non come fine e gli uffici devono essere coinvolti fin dall’inizio facendo capire loro che l’innovazione serve non solo per i cittadini ma semplifica, ottimizza e facilita anche il loro lavoro. Dobbiamo lavorare per innovare le filiere dei processi al fine di semplificare e facilitare sì la vita al cittadino ma anche il lavoro del dipendente pubblico che lavora nel back office e di quello che oggi sta allo sportello per il cittadino.
Innovare i processi interni della PA
Forse finora si è parlato troppo solo di servizi digitali al cittadino. Questi ultimi vengono solo come risultato di una completa innovazione dei processi e quindi dei back-office.
Con una vera innovazione dei back-office poi si avranno dei veri front-office davvero efficienti ed efficaci con i quali si supera anche il problema delle competenze digitali dei cittadini: chi non ha le competenze o i mezzi per accedere da solo o chi ama andare comunque allo sportello ci potrà continuare ad andare trovando qualcuno in grado di dar loro una risposta celere e definitiva, in quanto l’operatore avrà a disposizione gli strumenti e tutte le informazioni necessarie. Ecco che non si parla più solo di servizi digitali al cittadino ma di innovazione di processi al fine di innovare (che poi si ripercuote positivamente anche sui servizi all’utente ovviamente).
Accompagnare le PA locali nel processo di innovazione
Per poter raggiungere questo obiettivo non è pensabile però che le PA locali abbiano o possano avere tutte le competenze tecniche necessarie, visto che la maggior parte sono di medio-piccole dimensioni: per questo occorre un lavoro coordinato del Governo con i livelli intermedi come le Regioni che già agiscono come intermediari tecnologici su molti fronti ma che ora dovrebbero aiutare gli Enti territoriali anche sul tema dei processi. Quindi un lavoro di gruppo con una forte governance agile che consenta l’assunzione di decisioni riducendo al minimo il tempo necessario per le attività e che metta in campo le risorse e le competenze coordinandosi con le Regioni da utilizzare sui territori.
In questa logica il Centro, il livello nazionale, elabora strategia a livello di Paese, crea standard, condivide regole tecniche, le Regioni e Province Autonome implementano e attuano le politiche adattando alle peculiarità di ogni singolo territorio. Questo modello di governance, articolato ma chiaro, offre a tutti gli interlocutori nazionali uno “schema di gioco” riconosciuto e riconoscibile, stabile e che garantisce operatività tecnica e politica.