Scenario 2018

Castellani (Regioni): “Ecco cosa manca per fare una vera PA digitale”

Nel 2017 ci sono state importanti iniziative per PA digitale, in primis il Piano Triennale. La preoccupazione è interventi rapidi su norme secondarie, regole e guidelines. Servono skill adeguati per gestire spesa IT. Fondamentale quindi che venga riconosciuto il ruolo delle Regioni come soggetti aggregatori per i territori

Pubblicato il 21 Dic 2017

Laura Castellani

coordinatore del gruppo interregionale “Cittadinanza Digitale”- Cisis Commissione Speciale Agenda Digitale

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Il mese di dicembre è un mese di bilanci e c’è da dire che in questo anno ci sono state molte importanti iniziative volte a completare il processo di digitalizzazione della PA.

In primis il Piano Triennale che definisce un modello evolutivo dell’ICT della PA che le Regioni e Province Autonome condividono e sul quale stanno lavorando fin dall’inizio.

La preoccupazione principale è sicuramente riferita alla importante attività implicata dal piano in tempi stretti di emanazione di normativa secondaria, di regole tecniche e di linee guida inevitabilmente intrecciate con le problematiche relative alle scelte tecnologiche ed architetturali (inevitabilmente nel piano solo indirizzate) ed alla relazione e all’impatto con il mercato ed il sistema dei fornitori. Occorre che il modello di governance del Piano sia integrato prevedendo il coinvolgimento delle articolazioni territoriali (Regioni e Città metropolitane) in quanto la progettazione, implementazione e gestione di servizi che dovranno essere dispiegati nel territorio non possono non tenere conto delle situazioni in essere a livello territoriale e soprattutto delle problematiche di dispiegamento e gestione che dovranno essere affrontate.

È difficile infatti pensare che, ancorché il Piano faccia sistematico riferimento al sistema di convenzioni e accordi quadro messo a disposizione da Consip, la stragrande maggioranza degli 8 mila Comuni italiani e delle molte altre amministrazioni nel territorio dispongano al loro interno di skill adeguati per gestire in autonomia gli acquisti in rapporto diretto con i grandi player nazionali selezionati dai soggetti aggregatori, e per  organizzare tali forniture in un impianto compiuto di accesso ed uso dei sistemi nazionali, considerata la complessità ed articolazione tecnica delle forniture e dei servizi a cui si dovrebbe fare ricorso (si pensi a solo titolo di esempio alle problematiche di sicurezza digitale indirizzate dal Piano a carico degli enti), con il risultato che l’attuazione del piano sul territorio sarebbe quasi impossibile.

Ed è per questo che è fondamentale che venga riconosciuto il ruolo delle Regioni come soggetti aggregatori per i territori, ruolo che del resto in molti territori è già svolto da tempo e che in quest’ultimo periodo sta facendo davvero vedere dei risultati, proprio grazie alla collaborazione con il livello Centrale.

L’attività che stiamo portando avanti è relativa al dispiegamento di tutte le infrastrutture materiali ed immateriali inserite nel Piano. Su queste ultime mi voglio soffermare in particolare alla diffusione di SPID e di PagoPA sulle PA locali che sta procedendo ma che necessita di una accelerazione per poter raggiungere i risultati attesi. Mi riferisco in particolare a SPID per il quale non solo i numeri non sono ancora quelli sperati ma non siamo ancora riusciti a far capire bene l’importanza di avere un’unica identità digitale riducendo SPID ad uno dei diversi strumenti di autenticazione ai servizi.

Occorre fare un cambio di passo e, dopo aver risolto alcuni problemi che ancora rimangono quali ad esempio la gestione delle tutele e delle deleghe per i minori e la costruzione di un helpdesk condiviso tra gli Identity Provider e i Service Provider, cominciare ad attivare SPID su tutti i servizi in maniera esclusiva, partendo fin da subito con la cessazione del rilascio di qualsiasi altra credenziale. Questo soprattutto sui servizi che davvero il cittadino usa più frequentemente. È importante per questo attivare i servizi privati che spesso sono quelli che i cittadini usano quotidianamente. Solo così si riuscirà a far capire ai cittadini cos’è SPID e la sua importanza, cosa che ad oggi non accade, nonostante le numerose campagne di comunicazione fatte.

Anche su PagoPa, come su SPID, vi è un gruppo tecnico interregionale che segue le attività a livello centrale prima di AgID e successivamente del Team per la trasformazione digitale.

Il lavoro di dispiegamento sui territori sta procedendo e ora dobbiamo lavorare per far sì che vengano portati su PagoPA in particolare alcuni tributi quali la TARI e l’IMU, il pagamento delle multe e i pagamenti legati ai SUAP dialogando sia con gli Enti ma soprattutto con i fornitori dei gestionali affinché sviluppino le interfacce verso le piattaforme regionali che fanno da intermediario per le PA locali verso PagoPA. Lavoreremo per facilitare questo lavoro dei fornitori cercando di uniformare le interfacce verso le diverse piattaforme.

Direi che ad oggi gli strumenti per arrivare alla tanto sperata “PA digitale” ci sono tutti ma dobbiamo accelerare per far sì che questi strumenti arrivino davvero in fondo, non dimenticando che non bastano solo gli strumenti tecnologici ma occorre spingere l’acceleratore anche sulla trasformazione dei processi all’interno della PA.

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