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Certificati anagrafici in edicola, perché dopo ANPR non si può più: il compromesso necessario

Il passaggio da database locali a ANPR ha messo fine a tutti gli accordi stipulati dalle singole amministrazioni con edicole e tabaccherie convenzionate per l’erogazione dei certificati anagrafici. Urge una soluzione affinché la digitalizzazione sia davvero pensata in un’ottica di miglioramento della vita dei cittadini

Pubblicato il 24 Apr 2023

Giulia Pastorella

Deputata della Repubblica italiana, vicepresidente di Azione e Consigliera comunale a Milano

eIDAS 2

Fino all’implementazione dell’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR) era possibile per i cittadini accedere ad alcuni servizi offerti dalle pubbliche amministrazioni – come, ad esempio, i certificati anagrafici – per il tramite di edicole e tabaccherie: un’opportunità non da poco per le molte persone che non hanno dimestichezza con il digitale (pensiamo agli anziani) per evitare lunghe file agli sportelli.

In seguito al deployment dell’ANPR, questo non è più possibile. Come fare per ripristinare questa possibilità?

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Trasformazione digitale: la sfida dell’inclusività

Rendere inclusivo il cambiamento è una delle sfide più grandi per chi ambisce a governare il cambiamento. Questo intendimento dovrebbe valere soprattutto quando si parla delle tecnologie digitali, che offrono enormi possibilità a chi sa utilizzarle ma al contempo rischiano di lasciare ai margini le fasce più deboli della popolazione.

C’è un esempio su tutti che, per la sua banalità, ritengo perfettamente esemplificativo del tema, ovvero quello della richiesta dei certificati anagrafici presso gli sportelli convenzionati (come edicole e tabaccherie).

Da anni ormai, in molti comuni questo tipo di documenti può essere richiesto autonomamente in modalità digitale, evitando le lunghe file agli sportelli comunali. Tuttavia, molte persone anziane, ma non solo, non dispongono delle competenze necessarie a fare questa operazione e, soprattutto nelle grandi città, per loro andare negli uffici pubblici significa spesso doversi spostare lontani da casa e fare lunghe file, cosa che non sempre è possibile per chi ha problemi di mobilità.

Per questo, alcune amministrazioni avevano trovato un’ottima soluzione di compromesso: convenzionare edicole e tabaccherie, abilitandole a erogare alcuni basilari servizi già gestibili in autonomia da chi è in grado di utilizzare i portali online. Facciamo l’esempio della città di Milano, che conosco bene in quanto amministratrice locale. L’amministrazione, già a partire dal 2019 aveva attivato (previa autenticazione individuale) un servizio online di rilascio di certificati anagrafici ai cittadini e ad alcune categorie particolari, quali notai e gli avvocati. Durante la pandemia il servizio fu esteso tramite convenzione anche alle tabaccherie e ad altri soggetti che, quindi, acquisivano la possibilità di accedere al servizio per conto terzi, potendo stampare i certificati e fornendo un prezioso servizio di vicinato.

Per Milano i numeri erano incoraggianti: nel corso del 2022[1] il Comune ha rilasciato ai cittadini 43.183 certificati tramite app, 43.631 in edicola, 1.052 in cartolibreria e 4.504 in tabaccheria. Ampio successo anche delle convenzioni con ordini di professionisti, con 355.178 certificati rilasciati all’Ordine degli avvocati di Milano e 178.594 ad avvocati di altri ordini fuori Milano.

Questo fino all’implementazione dell’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente, poi qualcosa si è rotto.

Il database nazionale tra passi avanti e passi indietro

Il limite del sistema ante-ANPR risiedeva nel fatto che l’accesso documentale era limitato a una dimensione locale e chiunque volesse un documento anagrafico doveva rivolgersi al Comune di pertinenza. Le informazioni, insomma, erano contenute in banche dati locali limitate ai soli residenti.

La creazione e il successivo deployment dell’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente hanno finalmente integrato tutti i documenti a livello nazionale, rendendoli sempre disponibili e svincolandoli dal controllo locale, garantendo un servizio che diventa di fatto universale e segue il cittadino anche nei suoi cambi di residenza.

Tuttavia, proprio il passaggio da database locali a ANPR ha messo fine a tutti gli accordi stipulati a livello di singole amministrazioni con i privati convenzionati. I servizi di erogazione dei certificati in edicole e tabaccherie sono stati sospesi in seguito a una circolare inviata alla fine di ottobre dal Ministero dell’Interno. Il Ministero, infatti, sostiene che per garantire la sicurezza, l’integrità e la riservatezza dei dati dei cittadini l’accesso per conto terzi all’ANPR può essere concesso soltanto a sindaci e dipendenti delle pubbliche amministrazioni attraverso credenziali specifiche. Una decisione che, sebbene guidata da un criterio condivisibile, esclude qualsiasi tipo di convenzione, salvando solo quelle con gli ordini professionali. E non si tratta soltanto di disservizi agli utenti, ma anche di stress organizzativi in capo a chi deve erogare il servizio. A Milano le prime stime parlano di un aumento delle richieste che si avvicina alle 500 unità giornaliere nella sede anagrafica principale di Via Larga.

Alla ricerca di un compromesso

Cosa fare, dunque? Di fronte alla scarsa reattività del Ministero dell’Interno nel rivedere la propria circolare agendo sulla base normativa su cui posa ANPR, alcuni comuni stanno valutando di creare delle copie dei dati su database locali, per mantenere la possibilità di erogare servizi di anagrafe con l’ausilio di terzi.

Una soluzione di certo non ottimale, in quanto rischia di generare difformità di servizi e problemi di allineamento, ed è una strada costosa per i comuni che decideranno di percorrerla. Inoltre, rischia addirittura di essere una duplicazione pericolosa, in quanto amplia la superficie passibile di attacchi informatici.

L’opzione ovviamente risolutiva sarebbe che il legislatore nazionale intervenisse per porre rimedio alla questione e per questo me ne sono interessata in prima persona. Dapprima ho fatto un’interrogazione a risposta scritta al Ministero dell’Interno e successivamente ho proposto ai miei colleghi senatori un emendamento al decreto PNRR, che era in discussione al Senato.

Nella risposta alla mia interrogazione il Ministero dell’Interno, invece di ammettere l’esistenza di un problema legato all’applicazione di una specifica norma (il DPCM n. 194 del 10 novembre 2014), ha sostenuto che siccome l’accesso dei soggetti convenzionati ai dati dei cittadini non è “motivato dalla necessità di utilizzare tali documenti per lo svolgimento di attività lavorative o professionali dei predetti esercizi commerciali” non c’è bisogno di intervenire. Una non risposta, visto che questo tipo di accesso non è utile a tabaccai o edicolanti ma serve a garantire un servizio aggiuntivo al cittadino.

Conclusioni

Pertanto, ho tentato di intervenire sulla norma con un emendamento al decreto PNRR, facendo leva sugli aspetti di semplificazione e digitalizzazione del rapporto tra enti locali e cittadini, che è uno degli obiettivi del PNRR appunto (missione: Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura). Tuttavia sul testo è stata apposta l’ennesima fiducia rendendo di fatto impossibile l’accoglimento di qualsiasi modifica migliorativa.

Ho quindi provato a tramutare l’emendamento in un Ordine del giorno collegato al decreto PNRR, in modo da impegnare il Governo ad intervenire, che ha ottenuto però un parere negativo.

Ad ogni modo ho scoperto che anche l’ANCI e alcuni comuni si stanno muovendo per sensibilizzare il Governo; quindi, rimango con ottimista sperando che prima o poi il Governo capisca l’opportunità politica di trovare una soluzione a questo problema, affinché la digitalizzazione sia davvero pensata in un’ottica di miglioramento della vita dei cittadini, anche quando significa che debba favorire servizi offline.

Note

  1. Dati aggiornati al 28 dicembre 2022

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