Non solo spid e cie

Che anno sarà per la cittadinanza digitale: cosa è stato fatto, cosa resta da fare

Quel che più si attende dal 2023 è che il concetto di cittadinanza digitale vada oltre PagoPA e l’uso dell’AppIO: per far questo occorrerà dare attuazione piena alle norme presenti nel CAD, che consentono di evitare di produrre nuovamente le informazioni già in possesso della PA

Pubblicato il 10 Gen 2023

Eugenio Prosperetti

Avvocato esperto trasformazione digitale, docente informatica giuridica facoltà Giurisprudenza LUISS

Infrastruttura di comunicazione: un approccio open source

Nell’accingermi a scrivere, anche quest’anno, il punto delle cose fatte e da farsi sui temi della cittadinanza digitale, riguardo l’articolo dell’anno scorso, con la speranza di dire che molte delle cose ivi segnalate sono state indirizzate.

All’esordio del 2022 sottolineavo l’importanza del momento: si trattava del passare da una diffusa consapevolezza dell’esistenza di identità elettronica – diffusasi in maniera consistente per via della necessità legata al COVID ma, anche e soprattutto, di lavorare per costruire un vero e proprio concetto di cittadinanza digitale, non limitato ad un uso dell’identità come credenziale di accesso al sistema dei pagamenti digitali. Questo tema rimane ancora aperto.

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Identità digitale: cosa è stato fatto, cosa manca

Oggi, agli inizi di questo 2023, dobbiamo infatti dire che è certamente andata avanti la diffusione di SPID e di CIE ma è innegabile che CIE sia ancora percepita come “carta d’identità” e poco usata come identità elettronica; sono inoltre aumentate le transazioni di PagoPA ma, come vedremo a breve, esse sembrano ancora molto poche in relazione ai servizi disponibili e alla cittadinanza che ne fruisce… e, ancora una volta, non possiamo dire che sia disponibile per il cittadino un vero e proprio sistema di cittadinanza digitale, accessibile a tutti e completo.

Mancano ancora elementi fondamentali del sistema e mancano i presupposti per coinvolgere le fasce della popolazione che sono tradizionalmente refrattarie alla trasformazione digitale anche perché il domicilio digitale – che è il centro della cittadinanza digitale – soffre ancora di mancata piena attuazione e di confusione attuativa. Bisogna però riconoscere che molto è stato fatto per integrare l’identità elettronica nei servizi pubblici. Oggi nella grandissima parte dei siti della PA si nota la possibilità di accedere con l’identità elettronica e trovare disponibili i servizi di proprio interesse, dall’anagrafe, alla previdenza, alla scuola, alla sanità, ai servizi comunali per edilizia, tributi, multe, rifiuti, ecc.

La parte mancante rimane quindi quella della comunicazione tra P.A. e cittadino e viceversa: appunto il domicilio digitale e la gestione e l’uso dei dati nei procedimenti amministrativi.

Prima però di affrontare il tema, vediamo a che punto siamo nella attuazione dell’identità elettronica, nei pagamenti e nelle altre infrastrutture “di base” della trasformazione digitale e cerchiamo di fornire un quadro di quali sono le necessità e le carenze in vista del nuovo anno, cercando di capire cosa sta andando nel senso giusto e su cosa il Governo dovrebbe più focalizzarsi.

La situazione attuale dell’identità elettronica

Qualche settimana fa ha destato preoccupazione un susseguirsi di dichiarazioni in cui vari esponenti Governativi di rilievo hanno ipotizzato, a distanza di poche ore, di abolire SPID o di integrarla con CIE o, ancora, di lavorare per correggere i problemi di SPID e CIE… senza dare una chiara indicazione di quale sarà l’effettivo percorso. Chi scrive non è tra gli ipercritici: ho scritto su queste pagine che abolire SPID a favore di CIE senza un preciso progetto sarebbe un errore, sarebbe gettare via 10 anni di lavoro: ma questo accavallarsi di idee e dichiarazioni sui temi dell’identità elettronica è anche probabile segno che il Governo sta attivamente riflettendo su come impostare la strategia del digitale e può dunque essere anche considerato un segnale importante di attenzione al tema… se però verrà seguito, nel breve, da un piano certo, definito e dettagliato. D’altra parte, ci sono consistenti fondi del PNRR in gioco e non sarebbe ammissibile perdere tempo buttando via sistemi esistenti e diffusi per ricrearli ex novo.

Quale è la situazione attuale dell’identità elettronica? Partiamo dai dati sulla diffusione di CIE.

I dati sulla diffusione di CIE

CIE vede a, fine 2022, 32.676.321 carte rilasciate. Si stima che solo una su dieci siano attivamente utilizzate come identità elettronica. Alessandro Longo in un suo recente articolo su Repubblica[1] ha citato dati per cui solamente una autenticazione elettronica su cinquanta sarebbe effettuata mediante CIE. D’altra parte, da qualche mese a questa parte, il Governo non pubblica più i dati estesi dell’utilizzo di CIE ma solo il numero delle carte rilasciate. Nel 2022 sono state effettuate circa 570 milioni di autenticazioni elettroniche e – se i dati sopra citati relativi al rapporto tra SPID e CIE sono attendibili – oltre 510 milioni sarebbero avvenute utilizzando SPID e non CIE.

Il rapporto di forza tra SPID e CIE

Il rapporto di forza tra SPID e CIE riceve una importante conferma anche dal dato ufficiale riportato dal sito ANPR: a dicembre 2022 il 95% degli accessi è avvenuto via SPID e solo il 3% via CIE, il 2% ancora via CNS.

D’altronde SPID, ad oggi, conta 33.324.270 utenti e -a differenza di CIE- si tratta sicuramente di utenti che ne hanno richiesto l’attivazione per l’uso come identità elettronica: SPID non ha infatti la possibilità di essere utilizzata fisicamente. Vi sono già attive su SPID e 12.297 amministrazioni e 147 fornitori di servizi privati (non è detto sia lo stesso numero su CIE, anche qui il dato non è noto). I dati non devono sorprendere: SPID è nata per rispondere al fallimento della CNS che, proprio nella necessità di una carta fisica, di lettori, di software di lettura trovava seri problemi di utilizzo.

Il numero delle PA attive su SPID

Il numero delle PA attive su SPID è incrementato ed ha raggiunto – in astratto – una soglia alta: l’IndicePA rileva infatti un totale di 19.704 Pubbliche Amministrazioni in Italia e, dunque, sarebbe attivo su SPID il 62% delle P.A. Sono inoltre attivi 147 fornitori di servizi privati e, tra questi, anche alcuni aggregatori poiché nel 2022 è finalmente potuto partire questo tipo di servizio. Il numero sembra destinato a crescere.

È però anche vero che non è noto per quali e quanti servizi pubblici online sia stato attivato SPID. Una Amministrazione risulta “attiva” nelle statistiche di cui sopra anche se fornisce SPID solo per i servizi basilari e, in questo senso, il dato delle quasi totalità dei Comuni su SPID citato dal Ministro per la P.A. in una intervista di qualche giorno fa è poco indicativo poiché tutti i Comuni devono aver attivato i servizi anagrafici via ANPR, cui si accede – per forza di cose – tramite SPID e devono altresì incassare somme tramite PagoPA… resta da vedere se i servizi non legati ad ANPR e PagoPA sono anche accessibili attraverso l’identità elettronica.

Servizi digitali della PA: diffusione ancora disomogenea

Un giro a campione compiuto da chi scrive tra i siti di piccoli Comuni del Nord, del Centro e del Meridione mostra, non a caso, molta disomogeneità: si va da alcuni Comuni che hanno recepito solo il PagoPA e non consentono di utilizzare SPID per accedere a specifici servizi online, se non per la procedura di pagamento a Comuni che hanno (correttamente) l’intera sezione dei servizi online consultabile via SPID e CIE a situazioni intermedie di Comuni che abbinano, in alcuni servizi, proprie credenziali (es. per le multe o i tributi locali) all’accesso SPID in alcune tipologie di servizi. Questa disomogeneità rischia di ripercuotersi sul territorio servito: l’identità elettronica si diffonde in tanto in quanto viene percepita come utile e, se utilizzata per pochi servizi, viene attivata in occasione dell’uso dello specifico servizio e poi dimenticata… non entra nelle abitudini dell’individuo e viene vissuta come una “complicazione”. Molto diverso se viene percepita come una credenziale che si può usare ovunque e con frequenza… solo allora è un fattore di semplificazione e cittadinanza digitale.

Anche alcune agenzie governative ed Autorità indipendenti sembrano ancora fare poco uso delle identità elettroniche per i servizi online, richiedendo – ad esempio per le proprie procedure di segnalazione utenti – di effettuare registrazioni su sistemi che non contemplano SPID e CIE. Da notare invece che i servizi del punto d’accesso alla Giustizia, fondamentale per gli avvocati, sono da qualche tempo accessibili via SPID/CIE, che dunque risulta utilizzabile per il processo telematico civile e penale.

Identità digitale, da dove siamo partiti e dove siamo ora

D’altra parte, quando iniziò il lavoro su SPID il gruppo di lavoro – del quale chi scrive ha avuto l’onore di far parte – partì da un dato: la Pubblica Amministrazione italiana usava oltre 100.000 credenziali diverse per far accedere i cittadini ai propri servizi. L’identità elettronica ha il compito di sostituirle tutte ed il lavoro – a quanto sembra – è ormai ben avviato ma ben lungi dall’essere concluso e, in questo senso, sarà fondamentale ben utilizzare le risorse del PNRR senza sprecare tempo e senza indugi, anche – se necessario – per migliorare SPID e CIE, ma senza buttare alle ortiche il lavoro svolto. È dunque innegabile che nel 2023 sia importante rafforzare il sistema CIE: nel 2022 è stata formalmente aperta la porta ai provider ed aggregatori di servizi privati già accreditati per servizi SPID ma il Ministero dell’Interno – ente responsabile del governo di CIE – non è ancora dotato di poteri e strutture di vigilanza analoghe a quelli di Agid: il Decreto dell’ottobre 2022 che prevede l’accreditamento dei nuovi fornitori di servizi e aggregatori CIE nemmeno prevede che vi sia vigilanza ma solo “monitoraggio” da parte del Ministero e non sembrano applicabili le sanzioni previste per le violazioni relative al sistema SPID e dunque, poiché ora è stata attivata la possibilità di uso nei servizi privati di CIE anche con livello 2 è imperativo portare le strutture di regolamentazione e vigilanza di CIE alla pari con quelle di SPID, per non minare la sicurezza del sistema e creare una facile porta di accesso utilizzi poco vigilati dell’identità.

La diffusione di PagoPA

Veniamo alla diffusione di PagoPA. I resoconti di fine anno sui dati delle transazioni, stando alle interpretazioni che si leggono, testimonierebbero l’uso pervasivo del sistema.

I dati vanno però anche qui analizzati ed interpretati. Come già rilevai l’anno passato, è importante notare che PagoPA non è un servizio che consente esclusivamente pagamenti digitali: i pagamenti con bollettino PagoPA possono essere infatti anche pagamenti fisici; la funzione della piattaforma è di essere un unico intermediario verso la P.A. ma il pagamento può non essere effettuato con modalità elettroniche dal cittadino; i dati su PagoPA vanno allora analizzati per capire quali sono i pagamenti processati e quali sono le modalità di effettuazione dei medesimi.

Ora, ancorché il numero di pagamenti nel 2022 sia raddoppiato rispetto al 2021, con ben 360 milioni di pagamenti processati, vediamo che circa 150 milioni di pagamenti sono processati da Mooney, Postepay e Lispay, providers che hanno un altissimo numero di sportelli dove si opera con questi sistemi il pagamento fisico in tabaccherie/uffici postali. È dunque possibile che il dato sia relativo a operazioni di pagamento in presenza tramite bollettino.

Inoltre, la maggior parte dei pagamenti riguarda un ristretto numero di servizi: circa 100 milioni di pagamenti sono diretti al Ministero dei Trasporti (che ha attivato PagoPA sui servizi della Motorizzazione “Portale dell’Automobilista” per pagare bollo e tributi auto) ed ACI, mentre 80 milioni di pagamenti sono diretti ad aziende energetiche. Un grande comune come Milano non va oltre i 3.500.000 di pagamenti nell’anno… circa uno ad abitante (ed è l’unico comune tra i principali enti creditori per numero di transazioni!), tutta la Regione Veneto supera di poco i 3 milioni di transazioni. Colpisce che Roma Capitale sia assente ai primi posti: vuol dire che i romani fanno meno di una operazione a testa all’anno su PagoPA per pagamenti comunali… solo le due rate della TARI ne giustificherebbero almeno due a testa, senza contare le iscrizioni ai nidi comunali, le reversali per i pagamenti di contributi per pratiche edilizie e molto altro… veramente non si spiega l’assenza di comuni grandi come Roma e Napoli dai primi posti se non nel fatto che i pagamenti siano fatti con bollettino cartaceo PagoPA e non vengono dunque, per qualche motivo, conteggiati direttamente al Comune.

È facile notare che si tratta di dati che dimostrano che il sistema ha ancora molto terreno da percorrere e che non è affatto diffuso in maniera estesa tra la popolazione, nemmeno nei grandi centri, e che, in ogni caso, anche dove viene utilizzato, una grande parte dei pagamenti avviene ancora recandosi fisicamente a pagare il bollettino.

ANPR e App IO

Ottime notizie arrivano invece da ANPR: è partita proprio a dicembre 2022 l’integrazione con le liste elettorali e, ad oggi, 65.675.442 residenti di cui 5.948.830 residenti all’estero (AIRE) sono censiti, quindi la totalità della popolazione. Vi sono stati 10 milioni circa di accessi per consultazione e, dunque, il servizio si può dire avviato e funzionante.

Vediamo invece la situazione per quanto riguarda la App IO: ad oggi è stata “scaricata” da poco più di 32 milioni di utenti, il che non vuol dire che siano tutti utenti attivi (si può scaricare ma non attivare ed è sospetto che venga fornito il solo dato dei download e non quello degli utenti attivi). Anche per l’app IO l’85% degli utenti si è autenticato con SPID.

Cosa serve per democratizzare l’app IO

Molte volte su queste pagine ho scritto che per democratizzare l’app IO (non a caso vedendo il dato dei sistemi operativi utilizzati dagli utenti, si copre che ad oggi il 70% degli utenti attivi ha in tasca un costoso iPhone) sarebbe allora necessario che il nuovo Governo si concentrasse su due temi riguardanti il punto d’accesso unico: in primo luogo – non mi stancherò mai di ripeterlo – occorre che ve ne sia anche una versione su web aperto, utilizzabile con qualsiasi device e sottratta alle logiche degli “app store” proprietari, anche per consentire a persone con problemi oggettivi a usare uno smartphone di accedere con il proprio PC, tastiera e monitor. Potrebbe essere anche una buona idea quella di consentire ad altri provider di occuparsi di sistemi di interfaccia unica diversi da AppIO, aprendo il mercato alla concorrenza, proprio perché è evidente che l’AppIO – così come congegnata – non soddisfa le esigenze di accesso della cittadinanza che non ha capacità o voglia di usare lo smartphone per rapportarsi con la PA; l’altra cosa necessaria è una grande campagna sui mezzi tradizionali, tv e stampa, che spieghi con esempi e istruzioni semplici, come usare il punto d’accesso unico e a cosa serve: un rapido sondaggio tra parenti e amici – certo non scientifico né esaustivo – mi lascia pensare che anche chi è dotato di identità elettronica non sempre conosce l’esistenza dell’appIO o, anche se installata e attivata, non ne conosce a fondo le funzioni, ad esempio, se installata per il cash back non è notissimo che serva anche per gestire i pagamenti alla P.A.

È infatti importante che si risolvano tutte le criticità di utilizzo e diffusione dell’interfaccia unica: essa viene infatti anche indicata come possibile sede del “domicilio digitale” eletto dal cittadino, sulla quale arriveranno le notifiche con valore legale provenienti dal nuovo sistema di notifiche della P.A. quando sarà operativo (doveva già esserlo ma ci sono stati rallentamenti).

Si tratta di un sistema non esente da criticità che ho già segnalato su queste pagine[2].

La piattaforma notifiche

La piattaforma notifiche, pur prevedendo modalità cartacee di invio dell’avviso di notifica per i cittadini privi di domicilio digitale non assicura pari garanzie rispetto alla tradizionale notifica: verrà inviato un avviso che contiene un link per scaricare l’atto usando SPID o CIE ma la notifica – secondo le norme sulla piattaforma di notifiche – non sarà inefficace se l’avviso, per qualsiasi motivo, non verrà ricevuto dal destinatario (anche se inviato a indirizzo errato) e, oltre tutto, la notifica non sarà opponibile. A meno di cambiamenti normativi che – non lo nascondo – sarebbero necessari, questo renderà – nei fatti – obbligatorio dotarsi di domicilio digitale.

Il domicilio digitale

Il domicilio digitale, peraltro, è in attesa di completa attuazione: l’Agid ne ha messo a punto le Linee Guida ma ancora non è operativo l’INAD – l’Indice Nazionale dei Domicili Digitali, che consentirà di reperire il domicilio digitale dei soggetti diversi da imprese e professionisti iscritti in albi e se ne attende l’attivazione, che è presupposto necessario per reperire i domicili digitali in maniera certa ed affidabile. Non funzionerebbe un sistema di domicilio digitale affidato ai singoli archivi delle P.A.

Si spera inoltre che nel 2023 si faccia chiarezza sull’uso della PEC professionale come domicilio digitale. Sul punto un improvvido intervento del Garante Privacy ha vietato l’uso della PEC professionale, eletta come domicilio digitale, per ricevere multe. Ma – come rilevavo su queste pagine[3] – si tratta di un’interpretazione errata delle Linee Guida Agid sul domicilio digitale che riferiscono questa limitazione esclusivamente al domicilio digitale dei professionisti non presenti in INI-PEC, laddove sia stato eletto un domicilio digitale personale. Si tratta di temi da chiarire con urgenza: la piattaforma notifiche non prevede particolari distinzioni tra domicilio digitale personale e professionale che vengono utilizzati indifferentemente, se l’uno è pieno la notifica è inviata sull’altro e il CAD prevede che possano coincidere.

Conclusioni

Ma, come dicevo in apertura, quel che più si attende dal 2023 è che il concetto di cittadinanza digitale inizi ad assumere una veste che va oltre i pagamenti con PagoPA e l’uso dell’AppIO: per far questo oltre alla formazione e comunicazione sulle possibilità offerte dai vari sistemi disponibili, sarà necessario dare attuazione piena a quelle norme, presenti nel CAD, che prevedono che l’uso dei sistemi di cittadinanza digitale consenta di evitare di produrre nuovamente le informazioni già in possesso dell’Amministrazione: l’Amministrazione dovrebbe impostare i propri sistemi e procedure in maniera che, all’accesso, il cittadino trovi già tutto pronto e debba solo integrare o modificare ove necessario – sul modello di quel che già avviene con la dichiarazione dei redditi precompilata. La Piattaforma Nazionale Dati è uno strumento importante ma proporre dati e servizi su di essa rimane una facoltà delle Amministrazioni e non vi sono particolari vincoli ad utilizzarli.

In questo sarà importante l’avvento, nei prossimi anni, del c.d. “portafoglio” europeo dell’identità elettronica ma occorre fare attenzione che questo sistema non divenga qualcosa di nuovo e diverso che si sovrappone a quanto di buono costruito negli anni: SPID e, prossimamente, CIE hanno già sistemi di attributi ed è certamente possibile costruire sin d’ora un portafoglio italiano dell’identità e renderlo compatibile con il futuro portafoglio europeo. Occorrerà anche fare attenzione a non sovrapporre i servizi del portafoglio con servizi di mercato (ad esempio la verifica documentale nel settore bancario), per evitare problemi concorrenziali di attuazione del sistema.

Insomma, i temi non mancano e i presupposti per lavorarci nemmeno: tutto lascia pensare sarà un anno interessante e fattivo. Auguri!

  1. https://www.repubblica.it/economia/2022/12/22/news/spid_abolizione_cie_accessi-380213246/?ref=search
  2. https://www.agendadigitale.eu/cittadinanza-digitale/piattaforma-notifiche-digitali-quello-che-i-cittadini-devono-sapere-per-evitare-problemi/
  3. https://www.agendadigitale.eu/documenti/multe-notificate-via-pec-luci-e-ombre-dellintervento-del-garante-privacy/

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