Digitalizzare i servizi della PA, semplificando l’accesso ai cittadini, è una delle priorità da affrontare per lo sviluppo del sistema Paese. Un nodo fondamentale anche alla luce degli indirizzi del PNRR, che pone il digitale come leva per il rilancio del tessuto socioeconomico italiano. Un’occasione da cogliere per migliorare il rapporto tra utenti ed enti pubblici, rendendo più veloci, facili ed efficaci i processi e semplificando la burocrazia. Tuttavia, nonostante una maggiore consapevolezza sull’importanza di innovare la PA e i propri servizi, resta ancora tanto da fare, anche sul fronte del coinvolgimento dei cittadini.
PA digitale e citizen experience, lo scenario
Va precisato infatti che, sebbene negli ultimi due anni la consapevolezza del ruolo che la digitalizzazione della PA può giocare nello sviluppo sociale ed economico del Paese sia aumentata, a livello delle organizzazioni coinvolte sia dei singoli cittadini, l’Italia ha ancora una posizione arretrata nell’indice DESI 2021, che misura la maturità digitale in Europa. Nel ranking pesa ancora una modesta domanda di servizi pubblici digitali da parte dei cittadini che vi ricorrono solo per il 36%, a fronte di media europea del 64%.
Questo gap non può essere più spiegato solo con il digital divide culturale, territoriale e di connettività. Negli ultimi due anni si è infatti verificata una notevole crescita della cultura digitale dei cittadini. Un segnale in questa direzione viene, ad esempio, dalla crescita delle piattaforme abilitanti nazionali. Secondo i dati aggiornati alla prima metà di giugno 2022 sono state rilasciate oltre 30,6 milioni di identità SPID, che i cittadini utilizzano con sempre maggiore frequenza anche per usufruire dei servizi online della PA, con oltre 330 milioni di accessi nel primo quadrimestre del 2022. Sono inoltre quasi 29 milioni le carte identità elettroniche rilasciate (CIE), mentre sono stati effettuati poco meno di 30 milioni di download dell’appIO.
Persone che nel 2019 non erano in grado di utilizzare uno strumento tecnologico né erano consapevoli della necessità di digitalizzare la propria esperienza come cittadini, oggi accedono normalmente allo sportello digitale del proprio Comune, possono lavorare da casa, svolgono attività di formazione da remoto. Un trend confermato anche dalle ultime stime dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, che nel primo trimestre 2021 stimava la presenza di 5,37 milioni gli smart worker italiani (di cui 1,44 milioni nella PA) destinati a diventare 4,38 milioni nel post pandemia, con formule ibride.
Si può dunque ipotizzare l’esistenza di una vasta platea di cittadini pronta a utilizzare i servizi digitali della PA che finora non è stata adeguatamente mobilitata, forse anche a causa di una scarsa attenzione alla citizen experience.
I requisiti fondamentali dei servizi digitali pubblici
La digitalizzazione dei servizi PA permette di rendere più efficiente, rapido e sicuro l’accesso ai cittadini, migliorando il rapporto tra enti e persone e snellendo i processi amministrativi, fiscali e burocratici. Usare una soluzione digitale deve essere più facile che uscire di casa e andare allo sportello, risparmiando non solo tempo ma anche complicazioni: non deve quindi essere difficile da usare e deve essere strutturata in modo da poter essere facilmente approcciata da qualunque cittadino. I servizi oltre che semplici devono essere efficaci, fornire cioè lo stesso risultato (o migliore) di quanto si otterrebbe dal servizio fisico.
Un altro requisito fondamentale è la sicurezza, la cui necessità è presente sul versante PA, assai meno su quello del cittadino che spesso considera una perdita di tempo passaggi di sicurezza indispensabili come, ad esempio, l’autenticazione a due fattori. In questo caso, la PA dovrebbe svolgere un ruolo educativo per far comprendere che gli step di sicurezza, intrinseci nel contatto fisico grazie al riconoscimento allo sportello da parte del pubblico ufficiale, non possono essere eliminati ma resi accettabili pur garantendo standard di sicurezza adeguati.
Un modello di governance condiviso
In questo scenario, iniziative come il PNRR hanno creato le condizioni perché aumentasse la consapevolezza della necessità di investire in servizi digitali efficaci. In passato, invece, la mancanza di un modello di governance condiviso e centralizzato aveva determinato eterogeneità dei processi, dispersione delle competenze, mancanza di meccanismi di coordinamento, con il rischio di duplicazione delle funzioni e della tecnologia. Negli ultimi dieci anni, il dibattito sul modello organizzativo della PA si è evoluto e ha dato i suoi frutti.
Oggi i principi guida, indicati nel Piano Triennale e ribaditi in Italia digitale 2026, condivisi all’interno del PNRR, indicano le direttrici lungo cui sviluppare le attività di transizione al digitale della PA; fra queste:
- digital & mobile first per i servizi;
- cloud first, ossia adozione del paradigma cloud;
- inclusione e accessibilità dei servizi;
- interoperabilità;
- sicurezza e privacy by design;
- prodotti e servizi user-centric, fin dalla progettazione;
- data driven e agile, che indica la necessità miglioramento continuo dei servizi digitali, basato sull’esperienza degli utenti e la misurazione di prestazioni e utilizzo;
- once only, ossia i dati una volta forniti a un’amministrazione diventano patrimonio condiviso di tutta la PA e non devono più essere richiesti;
- dati pubblici come bene comune e riuso.
Questi principi evidenziano, fra l’altro, la necessità di un approccio e di una metodologia che mettano al centro il cittadino. Indicano inoltre esplicitamente che tutte le soluzioni digitali devono puntare sull’usabilità e dunque nel processo di design deve essere inclusa la valutazione della citizen experience. A conferma di queste indicazioni, il PNRR concentra sui servizi digitali e sulla cittadinanza digitale circa un terzo degli oltre 6 miliardi dedicati alla trasformazione digitale della PA per raggiungere l’obiettivo dell’80% dei servizi pubblici essenziali erogati online entro il 2026.
Questa volta è altamente probabile che le singole amministrazioni non considerino gli obiettivi di digitalizzazione come un mero adempimento, ma si rendano conto dell’utilità di migliorare le relazioni con i cittadini e la propria efficienza interna grazie ai servizi digitali di qualità.
La soluzione di UNGUESS per la citizen experience
William Amorese, Senior Sales Account Manager di UNGUESS
UNGUESS, a partire dalla sua esperienza nel miglioramento dei prodotti digitali, in collaborazione con importanti realtà pubbliche e private, condivide, in particolare, la scelta di mettere al centro, fin dall’inizio, il punto di vista dell’utilizzatore finale. Il suo approccio consente di rappresentare uno spaccato della società in cui viviamo grazie alla sua community di persone altamente profilate, che possono essere selezionate sulla base dell’utente target richiesto dall’azienda cliente.
Al centro dell’azione di UNGUESS c’è infatti la metodologia crowdtesting, che sottopone il prodotto digitale alla verifica della sua community capace di intercettare e far emergere le esigenze degli utenti reali grazie alla varietà di profili che la compongono. È così possibile comprendere il comportamento del prodotto digitale e il livello di citizen experience fin dal momento del design e non solo per verificarne l’usabilità, rispetto all’utente a cui è destinato, sia una volta pronto per il lancio che quando è già sul mercato. L’organizzazione cliente può contare su una consulenza che abiliti alla realizzazione di una soluzione rispettosa oltre dei criteri di usabilità anche dei parametri di sicurezza necessari, fin dal momento della progettazione.
Contributo editoriale sviluppato in collaborazione con Unguess