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Commercialisti e open data, i nuovi modelli di collaborazione con la PA

L’utilizzo sempre più massiccio degli Open Data chiama anche la categoria dei dottori commercialisti a un profondo rinnovamento. Molto è stato fatto e proposto per contribuire alla semplificazione della macchina burocratica e alla riduzione dei costi della PA, ma il percorso è solo all’inizio

Pubblicato il 25 Lug 2017

Daniele Tumietto

Dottore commercialista

OpenTusk: l'iniziativa Open Data che trasforma la regione Puglia

È un periodo storico in cui si raccolgono sfide a trovare strumenti e modelli, anche mentali, volti da un lato ad attaccare i paradigmi che per molti anni hanno stratificato la conoscenza, al punto da comprimerla e appiattirla verso il basso; dall’altro che abbiano solide fondamenta mentre tutto si adatta e si trasforma plasmandosi al mercato e ai suoi contenitori.

In un’epoca in cui si parla di salti quantici, si solleva quel conflitto che sempre vede, da una parte, l’incompetenza tecnologica che non costituisce condizione esimente e discriminante cui ci si può sottrarre (ossia: si può essere o il problema o la sua soluzione); dall’altra, la Rete che punta lungo molteplici rotte, due delle quali l’acquisizione e l’integrazione di dati provenienti da fonti diverse e la loro conoscenza e distribuzione in un formato più o meno aperto per i quali si identificano processi e procedure, normativa, Standard, budget, responsabilità e responsabili, investimenti.

La combinazione dei due fattori genera un’ulteriore aggravante del digital divide, alterando e quasi deformando il senso di percezione della realtà, a causa delle estensioni che consentono gli strumenti stessi: il processo decisionale risente della “haystack syndrome”, ossia di identificare quei key data la cui rilevazione, modifica e monitoraggio condiziona l’intero sistema in osservazione.

Questa combinazione sortisce i suoi effetti nelle relazione tra gli attori, siano essi imprese, professionisti, pubblica amministrazione, semplici cittadini; mina il più grosso paradigma esistente, quello delle decisioni calate dall’alto e lo rovescia, facendole partire dal basso, e questo accade senza spezzare il legame originario: la raccolta dati e la relativa profilazione consente in tempo reale di percepire e strutturare politiche di governo di brevissimo, breve e medio-lungo periodo con feedback e derivanti aggiustamenti del piano agenda.

Questo processo virtuoso, in parte normato su base nazionale, coinvolge gli opendata all’interno della disciplina dell’open government, le cui variabili chiave sono certezza della fonte, pubblicità, trasparenza, condivisione, sicurezza, privacy: regolamenti comunali, delibere di giunta o atti di indirizzo negli Enti Pubblici – anche questi opendata – rappresentano modalità di trasparenza sia del proprio indirizzo e operato sia di una mappatura del territorio e della reale percezione della dinamica dei bisogni del proprio bacino di utenza, consentendo, oggi, un monitoraggio della vita pubblica al di là della stessa qualifica dell’ente.

Se da un lato la normazione spinge verso una maggiore produzione e diffusione dei dati in formato aperto e ne cura l’offerta, dall’altro esiste una domanda per i più diversi fini, dal civic hacking e ai monithon, ai commerciali con l’integrazione del dato riusato e remixato con altri dati, propri e/o di terze parti, causando lo sviluppo di nuove tendenze di mercato, di professionalità e di impiego, più o meno condivise, di economia in generale e che solo qualche anno fa erano assolutamente inesistenti.

Un ruolo centrale in questa direzione lo hanno i dottori commercialisti.

Questa figura professionale è rilevante sia per formazione – una cerniera tra l’economia e il diritto con competenze ampie e molto trasversali – sia per utenza – imprese, privati, pubblica amministrazione – sia per potere di rappresentanza, che di controllo in qualità di revisore legale e di ente locale.

La categoria è chiamata ad avviare un profondo rinnovamento, che stenta a partire, inteso come estensione in altri campi delle proprie competenze ed abilità tradizionali (ex D.lgs. n.139/2005) tipico caso di “innovazione dalla tradizione”.

Negli ultimi 20 anni essa è stata tra le prime a sperimentare con successo l’avvio di attività relative alle trasmissioni telematiche, contribuendo sensibilmente alla semplificazione della macchina burocratica e alla riduzione dei costi della Pubblica Amministrazione e concorrendo al miglioramento dei rapporti con gli Enti Istituzionali preposti (Agenzia delle Entrate, Camera di Commercio, Istituti di Previdenza e del Lavoro e altri minori).

Tutto questo si è realizzato mediante la riduzione del numero di documenti cartacei gestiti e l’eliminazione dell’inserimento del numero dei relativi dati e di eventuali duplicati, da parte dei dipendenti pubblici, quindi facendosene quasi totalmente carico di questo pesante onere economico.

Sempre con altrettanto successo, i dottori commercialisti hanno realizzato proposte concrete di interventi di semplificazione nella gestione amministrativa e degli adempimenti contabili e fiscali nei rapporti con le Pubbliche Amministrazioni, come è capitato con i nuovi spesometri, o con le prime proposte di gestione della fattura elettronica “europea” secondo la Direttiva n.55/2014.

Ma questo non basta più: l’integrazione tra le opportunità legislativamente identificate dalla norma citata e dai suoi corollari e gli strumenti tecnologici offerti aprono un ampio ventaglio di vantaggi al punto di porre il dottore commercialista al centro di una vera rivoluzione: la categoria si trova ad essere, nella sua relazione con i diversi attori ad essa collegati, un hub di conoscenza che deve evolversi e aprirsi al mondo digitale per trarre il massimo beneficio possibile dalle proprie competenze, determinate anche in via esclusiva.

Il principale limite non è l’attitudine al cambiamento: in una variabilità esponenziale della normativa fiscale essa è data per acquisita quanto inconsapevole, perché ci si adatta alle esigenze del ruolo di intermediario tra Enti, principalmente il Fisco, e l’utente finale; piuttosto, nell’atto di recepire e gestire correttamente il mondo dell’innovazione e dei suoi riflessi pratici nel contesto di intervento per generare metodologicamente soluzioni taylor-made all’utente.

Grazie all’applicazione pratica degli opendata di un Comune, se un cittadino può informarsi in maniera trasparente delle attività e dei rispettivi livelli di servizio, della relativa gestione, e come essi siano distribuiti sul territorio, arrivando anche a proporre, per proprio tramite o di associazioni, soluzioni perseguibili e che la stessa Amministrazione può adottare, altrettanto può fare il commercialista, valutando l’impatto di apertura di una nuova impresa sul territorio: dai dati dello Sportello Unico Attività Produttive, la georeferenziazione delle attività presenti e della loro titolarità consente una più agevole compilazione delle pratiche di apertura, inizio, modifica e cessazione attività, senza recarsi per accedere agli atti e verificare la proprietà/possesso; incrociati con i dati del settore Lavori Pubblici e del settore Urbanistica si possono avere dettagli di servizio a supporto (utilities), nonché eventuali difformità edilizie; si può quindi decidere se aprire in rapporto all’incidenza demografica della zona, alla disponibilità di parcheggi più o meno a pagamento e alla relativa concentrazione di attività simili, specie se si tratta di negozi quali farmacie – dove esiste un preciso rapporto con la popolazione – e tabacchini/monopoli di stato – dove al rapporto con la popolazione si aggiunge la distanza da altro punto monopolio di Stato -.

Se a questo si aggiungono i dati provenienti dalla locale Camera di Commercio si ha anche la fotografia del circondario, sviluppando politiche territoriali condivise e di aggregazione che consentono economie di scala nel campo della gestione dei servizi.

L’insieme dei dati può essere utilizzato anche a fini interni da parte dell’Amministrazione Pubblica: la stessa allocazione denota gli insediamenti urbani, la richiesta e copertura dei relativi servizi, le tendenze stanziali della popolazione e le sue dinamiche, fabbisogni di natura primaria, oltre che aree di costo su cui intervenire per ottimizzarle secondo i dettami della “spending review”.

Sin qui l’approccio iniziale: complicando il modello sul livello di aggregazione dei dati rilasciati, si arriva all’ottimizzazione di politiche agricole, industriali e dei servizi mirate, portando a valorizzazione dei prodotti locali, alla creazione di imprese e consorzi, e, dall’integrazione con i dati aziendali che il commercialista e l’imprenditore titolare di azienda possiedono, a campagne marketing funzionali all’apertura di nuovi segmenti di mercato e alla creazione di posti di lavoro.

Esiste un ulteriore beneficio: la progressiva digitalizzazione e manipolazione del dato porta ad una ottimizzazione dei processi della Pubblica Amministrazione nei rapporti con il cittadino, riducendo i tempi di lavorazione delle pratiche dalla presentazione sino all’approvazione definitiva e anche alla riduzione del volume di carta esistente.

Nel Comune di Lecce, sotto la guida dell’allora assessore (ed ora vicensindaco) Alessandro Delli Noci, a partire dall’anno 2014, si è avviato il progetto Opendata nell’ambito del Settore della Programmazione Strategica Unitaria, creando un apposito ufficio interno con l’obiettivo di:

  • contestualizzare a livello cittadino le politiche di valorizzazione dei dati pubblici disciplinando i processi di produzione e rilascio dei dati detenuti dal Comune di Lecce;
  • facilitare l’individuazione dei dati in possesso dell’amministrazione comunale che sono di interesse per la comunità, creando una mappatura dei dati complessivamente disponibili;
  • definire una strategia condivisa e partecipata di apertura degli stessi;
  • favorire la partecipazione dei cittadini al governo della cosa pubblica e la fruizione dell’informazione prodotta dal settore pubblico, declinando, a livello locale, la strategia nazionale di valorizzazione del patrimonio informativo pubblico descritta nell’Agenda Nazionale;
  • migliorare la formazione digitale del personale della P.A per favorire l’interoperabilità dei sistemi interni ed esterni all’ente intervenendo sulla digitalizzazione dei processi per migliorare i processi organizzativi;
  • erogare servizi differenti e sempre più efficienti alla cittadinanza, contribuendo a migliorare ed aumentare la trasparenza, la condivisione, la partecipazione e l’innovazione;
  • promuovere la cultura dell’open data a livello di ente e sensibilizzare il territorio sulle tematiche legate agli Open Data;
  • promuovere lo sviluppo economico locale creando per le aziende le condizioni favorevoli per un approccio innovativo che utilizzi i dati pubblici per la costruzione di nuovi prodotti e nuovi servizi;

cui ha fatto seguito una consultazione pubblica che ha visto la presenza degli attori del territorio con le rispettive istanze. Anche l’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Lecce ha presenziato alle diverse riunioni in cui sono state evidenziate qualità, quantità dei dati, modalità di rilascio e soprattutto il concorso alla mappatura e pianificazione territoriale e qualificandosi come primo Ordine Territoriale a livello nazionale per il loro utilizzo. Dalla collaborazione ai tavoli di operabilità con architetti, geometri, ingegneri e rappresentanti di associazioni di categoria, imprese e terzo settore, è emerso un quadro di interventi che ha dettato un’agenda in precise zone della città per l’insediamento di nuove attività produttive in aree di espansione demografica; sono stati valutati gli asset patrimoniali ed i loro aspetti fiscali; è stato ottimizzato il rapporto con la Pubblica Amministrazione per il rilascio delle autorizzazioni riducendone i tempi; sono stati migliorati i servizi di intervento stradale e identificate le strade a più alto rischio di incidenti nonché aree critiche dei trasporti per elevato volume di traffico; sono stati creati due chatbot per la pubblicazione degli atti dell’Albo Pretorio e per la comunicazioni degli interventi di Polizia Municipale.

Il contributo dei dottori commercialisti ed esperti contabili è stato significativo, e si è solo all’inizio! Il percorso intrapreso non si esaurisce qui, soprattutto nel campo del riuso e nella divulgazione dei dati, e va tenuto presente che dei 375 dataset complessivi provenienti da tre differenti organizzazioni (Comune di Lecce con 290, Camera di Commercio 80 e le Comunità di pratica 5) i dottori commercialisti hanno partecipato all’intero processo di rilascio di 135 dataset del settore economia e finanze. Il riuso di questi dati, attraverso due concorsi, ha consentito di generare diverse app e dashbord volte ad ottimizzare gli stessi processi di gestione sia interni al comune sia per utente.

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