framework europei

Competenze digitali, recuperare i ritardi con Digcomp 2.1

Come affrontare l’emergenza competenze digitali che vede l’Italia tra gli ultimi Paesi in Europa? Con politiche organiche ma anche partendo dai modelli consolidati come Digcomp ed e-CF. E iniziative concrete sul territorio: autovalutazioni, moduli formativi, presìdi permanenti capillari

Pubblicato il 25 Mag 2017

Nello Iacono

Esperto processi di innovazione

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La pubblicazione della versione 2.1 del framework europeo Digcomp è un evento molto importante, perché permette di disporre in modo completo di un riferimento internazionale consolidato per le politiche di sviluppo delle competenze digitali trasversali dei cittadini. Grazie alla nuova versione, sono definiti nella loro completezza otto livelli di competenza (da quello base, in cui un semplice compito viene eseguito soltanto con una guida, a quello più avanzato, in cui si è in grado di eseguire un compito altamente specialistico), e i corrispondenti elementi di apprendimento necessari per permettere il passaggio da un livello al successivo e quindi per associare agli esiti di una valutazione gli interventi formativi relativi.

In Italia, l’evento si aggiunge, in modo estremamente significativo, alla recente pubblicazione delle linee guida per le competenze ICT basate sul framework europeo e-CF, che hanno “l’obiettivo di fornire alle amministrazioni indicazioni trasversali sull’impiego delle nuove figure professionali, ad esempio rispetto alla standardizzazione di skill e competenze richieste e all’integrazione delle prestazioni di servizi professionali nell’ambito di contratti di servizio ICT”, come evidenzia la presentazione dell’AgID.

Come sappiamo, l’ambito delle competenze digitali è uno dei principali di arretratezza del nostro Paese, correlato non a caso con un livello di analfabetismo funzionale (misurato dall’OCSE con la rilevazione PIAAC (Programme for the International Assessment of Adult Competencies) tra i più alti in Europa (intorno ai due terzi della popolazione, ponendo “l’Italia all’ultimo posto nella graduatoria dei paesi partecipanti rispetto alla percentuale degli individui intervistati che ottengono un punteggio al livello intermedio (3) o superiore (4 o 5) nella scala delle competenze linguistiche”).

Secondo il DESI (Digital Economy and Society Index) nel 2016 il 37% della forza lavoro dell’Unione Europea aveva un livello insufficiente di competenze digitali. Di questi, l’11% non aveva per nulla competenze digitali e non usava internet. Per l’Italia le percentuali sono anche peggiori: si raggiunge il 48% della forza lavoro con competenze digitali insufficienti, sulla base di un 21% che non ha nessuna competenza digitale (e non ha mai utilizzato Internet).

Insomma “l’emergenza competenza digitale” è ancora lì, e l’unica iniziativa nazionale in campo, relativa al solo ambito scolastico (mi riferisco al Piano Nazionale Scuola Digitale) è ancora in gran parte in fase di iniziale dispiegamento (sono poche le azioni per cui i progetti delle singole scuole sono già in fase avanzata di attuazione, molti sono ancora in fase di definizione). Manca, inoltre, l’attenzione (e quindi la corrispondente progettazione e valutazione dei risultati) per uno dei principali “effetti collaterali culturali voluti” degli interventi che si attuano sulla scuola: l’impatto e il cambiamento nelle famiglie. Dichiarato nel PNSD, è l’unico impatto di una iniziativa nazionale sulle competenze digitali degli adulti. Poco, troppo poco, ma non sembra che anche questo “poco” sia curato fino in fondo.

La disponibilità di un framework come DigComp diventa, così, fondamentale per un’azione di “recupero”, perché permette l’utilizzo condiviso (nel senso di nucleo di conoscenza condivisa) e può arricchirsi, con le stesse modalità, grazie alle esperienze che possono essere realizzate. Processo, questo, fondamentale per un incremento significativo nella velocità di cambiamento.

Cosa fare?

Continuo a pensare che porre il tema delle competenze digitali come priorità della strategia nazionale di crescita digitale sia fondamentale e che siano necessarie azioni di sistema, ai vari livelli:

  • una strategia nazionale, con un programma organico che guardi in modo sistemico alle specificità sui diversi ambiti (scuola, università, imprese, settore pubblico, …), come indirizzato dalle linee guida di cui AgID aveva coordinato l’elaborazione nel 2014;
  • una governance, con l’identificazione prima di tutto di un “process owner” politico, sull’intero tema, per il coordinamento dello sviluppo delle competenze in tutte le fasce d’età e sociali della popolazione, e nei diversi livelli territoriali. Con un coordinamento operativo che consenta, ad esempio, di sfruttare fino in fondo la grande opportunità dei fondi europei e con obiettivi comuni, chiari, misurabili, condivisi, partendo da quelli espressi nella Strategia 2016 della Coalizione per le competenze digitali;
  • un approccio allo sviluppo basato su framework europei – innanzitutto Digcomp ed e-CF, che hanno applicazioni significative anche nel nostro Paese. L’e-leadership vede uno sforzo interessante di modellazione e applicazione soprattutto, ma non solo, in ambito di pubblica amministrazione.

Ma nell’auspicio che AgID riprenda presto un’iniziativa forte su questo fronte (anche a partire dalla Coalizione per le competenze digitali e del gruppo di lavoro per DigComp) è fondamentale che ciascuna amministrazione e ciascuna organizzazione intraprendano delle azioni, basate su questi modelli e condividendo le esperienze di attuazione, in regime permanente di co-progettazione e co-produzione tra attori pubblici e privati, tra istituzioni e cittadini.

Con DigComp 2.1 il passo diventa più semplice, anche per declinare il modello generale delle competenze digitali trasversali anche nell’ambito lavorativo e scolastico (gli esempi riportati sono molto utili). Alcuni auspici: iniziamo dalle autovalutazioni, diffondiamo i materiali formativi, le esperienze, rendiamo capillari sul territorio presìdi permanenti sulle competenze digitali (la recente esperienza dei Punti Roma Facile, dopo quelle dei Punti Pane e Internet, dei PAAS toscani e dei P3@Veneti, va in questa direzione).

Partiamo da qui, è responsabilità di tutti.

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