La continua espansione dell’uso delle criptovalute e le caratteristiche implicite del sistema di scambio hanno attirato le attenzioni delle Autorità di controllo, impegnate a prevenire reati di riciclaggio di denaro o altre condotte illecite o il finanziamento del terrorismo. Ma l’istituzione del registro degli operatori in criptovalute rappresenta un passo verso la regolamentazione del mercato.
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Le criticità delle criptovalute
Infatti, gli scambi di criptovalute sono, generalmente, anonimizzati nell’identità dei soggetti utilizzando la pseudonimizzazione e lo scambio di dati avviene tra due wallet identificati da una stringa alfanumerica che rappresenta la chiave pubblica del sistema di crittografia asimmetrica.
Il meccanismo alla base delle criptovalute, infatti, consente di eseguire transazioni economiche senza che sia possibile conoscere i soggetti coinvolti né la causa sottostante generando il concreto rischio dell’utilizzo delle valute virtuali per scopi illeciti.
Oltre al rischio della volatilità insito nel mercato delle criptovalute, sono state evidenziate, nell’ultimo periodo, anche altre criticità collegate ad alcune società che forniscono servizi legati alle monete virtuali.
Infatti, alcune criptovalute sono alle prese con sanzioni e blocchi da parte di diversi organi di controllo.
In particolare, gli organi di controllo rivolgono attenzione alla sede operativa delle società o dove, in ultima analisi, sono svolte le transazioni.
Paradisi fiscali
Le criptovalute sembrerebbero quasi tutte privilegiare i paradisi fiscali. Inoltre, già alcuni dei responsabili delle società o le stesse società risulterebbero già sanzionate per violazioni alla normativa di antiriciclaggio.
La normativa per le criptovalute
Proprio per gestire questo nuovo mercato il Mef con d.lgs. 231/2007 così come integrato dal d.lgs. 90/2017 (attuativo della direttiva UE 2015/849) e dal d.lgs. 125/2019 (attuativo della direttiva UE 2018/843) all’art. 1 co. 2 d.lgs. 231/2007 introduce le definizioni di valuta virtuale (lett. qq), prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale (exchanger, lett. ff) e di servizi di portafoglio digitale (wallet provider, lett. ff-bis).
Per tali soggetti, ne derivano doveri di identificazione e adeguata verifica del cliente e del titolare effettivo, l’obbligo di conservazione dei dati, di astensione e segnalazione così come l’applicazione delle fattispecie previste dall’art. 55 d.lgs. 231/2007.
Inoltre, questi soggetti dovranno adottare adeguate procedure interne per aderire alla normativa, tra le quali la formazione permanente del personale in materia di antiriciclaggio.
Per i cambiavalute, gli exchanger e i wallet provider, sono stati anche previsti oneri di iscrizione in uno speciale registro oltre che la comunicazione al MEF dell’inizio dell’operatività in Italia e l’adesione al sistema pubblico antifrode rimandando l’applicazione a un decreto attuativo da emettere da parte del MEF e il coordinamento della disciplina fiscale.
Attualmente è in fase di approvazione uno specifico decreto ministeriale che disciplina l’iscrizione degli operatori in criptovalute nell’apposito registro che dovrà essere gestito dall’Organismo degli agenti e mediatori (Oam) che avrà tre mesi di tempo dalla data di pubblicazione del decreto per istituire tale registro.
Il registro operatori delle criptovalute
L’iscrizione nel registro sarà condizione essenziale per esercitare legalmente l’attività dei servizi riguardanti la gestione delle valute virtuali e dei servizi collegati al portafoglio digitale sul territorio
nazionale.
L’Oam è l’organismo competente in via esclusiva e autonoma per la gestione degli elenchi degli
agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi. In una sezione speciale dell’elenco dedicato agli agenti in attività finanziaria, sono iscritti anche gli agenti che prestano esclusivamente i servizi di pagamento.
Istituito ai sensi del Decreto Legislativo 13 agosto 2010, n. 141, l’Oam ha personalità giuridica di diritto privato, nella forma di Fondazione, dotata di autonomia organizzativa, statutaria e finanziaria.
L’OAM è tenuto, tra gli altri compiti, a verificare:
- la permanenza dei requisiti necessari per l’iscrizione;
- il rispetto da parte degli iscritti delle disposizioni loro applicabili;
- l’assenza di cause di incompatibilità, di sospensione e di cancellazione nei confronti degli
iscritti; - l’effettivo svolgimento dell’attività ai fini della permanenza negli Elenchi.
L’Organismo degli agenti e mediatori (Oam)
L’Oam è dotato poi di poteri di accertamento, di ispezioni e sanzionatori nei confronti degli iscritti necessari per lo svolgimento dei suoi compiti istituzionali. È, a sua volta, sottoposto alla vigilanza della Banca d’Italia.
Lo statuto, approvato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, sentita la Banca d’Italia, regola il funzionamento dell’Oam. I componenti del comitato di gestione dell’organismo sono stati scelti da parte dello stesso Ministero tra persone dotate di comprovata competenza in materie finanziarie, economiche e giuridiche, nonché di caratteristiche di indipendenza tale da assicurarne l’autonomia di giudizio.
Attraverso l’istituzione del registro sarà, innanzi tutto, possibile rilevare il numero degli operatori che, ad oggi, sono sconosciuti. Verrà alla luce non solo il nome dei soggetti prestatori ma più in generale anche il loro numero, così da comprendere quale sia l’effettiva entità numerica sul territorio anche al fine poi di rafforzare l’ente per effettuare gli opportuni controlli.
Linee guida per le criptovalute
Già nel settembre 2020, il GAFI ha pubblicato il Virtual assets red flag indicators of money laundering and terrorist financing con cui ribadisce che l’utilizzo di nuove tecnologie per trasferire rapidamente valori in tutto il mondo, oltre ad avere potenziali vantaggi dati dalla rapidità ed economicità dei pagamenti, può essere utile strumento a disposizione della criminalità.
Infatti, l’anonimato che caratterizza i virtual assets può consentire il riciclaggio di proventi di reati come il traffico di droga, il contrabbando illegale di armi, la frode, l’evasione fiscale, gli attacchi informatici, l’aggiramento delle sanzioni internazionali, oltre che il finanziamento del terrorismo.
Gli indicatori di anomalia
Per tutti questi motivi sono evidenziati una serie di indicatori di anomalia (red flag indicators) che potrebbero suggerire l’uso illecito di virtual assets, utili a supportare, da un lato, i VASPs, le istituzioni finanziarie, i professionisti e i soggetti obbligati a rilevare e segnalare le transazioni sospette e ad applicare una corretta customer due diligence, dall’altro, le Autorità di controllo nell’analisi delle segnalazioni di operazioni sospette e nell’attività di vigilanza AML/CFT in generale.
Uso anomalo di virtual asset
Il lavoro trae origine dai casi che il FATF ha analizzato e da uno studio effettuato sulla base di oltre cento casi di utilizzo anomalo di virtual asset, segnalati tra il 2017 e il 2020, e sono un ottimo strumento pratico a disposizione dei soggetti obbligati e delle Autorità di controllo per l’attività di monitoraggio AML/CFT.
Tutti gli indici delle criptovalute
Chiaramente il rapporto precisa, come generalmente è negli indicatori, che la rassegna delle condotte descritte nel rapporto non è di per sé sufficiente per l’inoltro degli SOS, ma l’attività dei vari soggetti obbligati dovrà sempre considerare tali condotte in contesto più ampio e in combinazione con i convenzionali indicatori di rischio connessi ai clienti, alle operazioni e ai prodotti.
Tra gli indicatori ricordiamo:
- anomalie connesse alle transazioni, quando la loro dimensione e frequenza denoti una serie di criticità;
- indicatori riguardanti modelli impropri di transazioni, in particolare relative a nuovi clienti che attivano relazioni non coerenti con il proprio profilo;
- indicatori associati a tecnologie che garantiscano l’anonimato, rendendo i Vas appetibili veicoli di riciclaggio e finanziamento del terrorismo;
- indici di anomalia relativi ai mittenti o ai destinatari delle transazioni, in particolare, nel momento dell’attivazione dell’account (indirizzi IP anonimi, molteplici account creati da uno stesso soggetto) oppure quando non sia possibile procedere alla customer due diligence (informazioni insufficienti, incomplete o false sul cliente, origine dei fondi e destinazione);
- red flag indicators sulla provenienza dei fondi che, dall’analisi dai casi emersi nel documento, si sono dimostrati derivare da traffico di droga, frodi, truffe informatiche e attività criminali in genere oppure l’uso di VAs originati o destinati a servizi di gioco d’azzardo online, l’uso di carte di credito/debito collegate a VA wallet per prelievi di ingenti quantità di valuta corrente (crypto-to-plastic);
- indicatori di anomalia collegati al contesto geografico, soprattutto relativo allo “sfruttamento” da parte dei riciclatori di debolezze sistemiche in termini di carenze nell’applicazione degli standard GAFI nello specifico settore dei VAs e dei VASPs. Infatti, è emerso che molti paesi ancora non richiedono il rispetto dei requisiti AML/CFT per i soggetti operanti nell’ecosistema dei virtual assets e, proprio in queste giurisdizioni “a rischio”, si assiste alla domiciliazione di VASPs nonché alla provenienza, destinazione o transito delle operazioni.
Lo stesso ente ha emanato una serie di linee guida di cui l’ultimo aggiornamento è del mese in corso.
Conclusioni
L’istituzione del registro degli operatori in criptovalute rappresenta già in primo passo importante verso una piena regolamentazione del mercato. Sarà comunque necessario armonizzare i controlli delle disposizioni delle procedure di antiriciclaggio e di contrasto al finanziamento del terrorismo procedendo anche alla specifica formazione degli organi di controllo.