Unione europea

Spazio digitale unico per i dati, in gioco la competitività (anche) dell’Italia

Il piano della Commissione ue con un miliardo di euro di fondi per creare uno spazio unico digitale per i dati in Europa, presentato oggi, è un tassello di un ampio percorso. A cui lavorano diversi attori. Necessario anche trovare soluzioni che garantiscano il controllo su come i dati possano essere condivisi ed utilizzati

Pubblicato il 19 Feb 2020

Dario Avallone

IDSA (International Data SPace Association), Engineering

digital markets act

Il piano per il digitale presentato oggi dalla Commissione europea si concentra sulla grande sfida dell’esponenziale incremento di volume dei dati generati, sempre più spina dorsale di una nuova economia Europea, e per questo imprescindibile elemento nella definizione di una politica industriale europea chiara. Per questo motivo individua un miliardo di euro di fondi per creare uno spazio unico digitale per i dati in Europa.

Già a inizio anno il Commissario Europeo Thierry Breton, che è responsabile di un ampio ventaglio di attività, dalla difesa all’industria, dal mercato unico al digitale, incontrando alcuni quotidiani internazionali, tra cui Il Sole 24 Ore, metteva sul tavolo in modo estremamente chiaro il grande tema – e per contro anche l’importante opportunità – su cui la Commissione Europea ha concentrato alcune delle proprie priorità: la gestione del dato. In particolare Breton, sottolineando l’evidente necessità di difendere non solo i dati personali dei cittadini ma anche, e soprattutto, la sempre crescente mole di dati generata dall’industria, in quanto fattore di competitività e evoluzione, esplicitamente affermava: L’Europa è chiamata a difendere la propria sovranità e quindi deve essere capace di proteggere la propria industria, i propri servizi e in ultima analisi i propri cittadini”. 

Uno spazio unico per i dati in Europa

L’impegno dell’Europa è molto serio e concreto, costruito sulla base di un intenso dialogo con le parti e di approfondite analisi, come emerge anche dal report della Commissione frutto di una serie di incontri sulla necessità di creare un Data-Space europeo. Il documento evidenzia anche il rilevante tema della condivisione dei dati e la necessità di trovare soluzioni che garantiscano il controllo su come essi possano essere condivisi ed utilizzati. Naturalmente il tema ha richiamato l’attenzione della politica perché prima ancora è caldissimo nell’industria, come si è visto anche nell’ultima edizione del World Economic Forum.

Accertato l’ormai nota realtà per cui “il primo capitolo della Quarta Rivoluzione Industriale è stato alimentato da un’esplosione di dati sfruttati da straordinari progressi tecnologici e dalla diffusione di dispositivi collegati” rendendo di conseguenza le Big Tech tra le aziende più apprezzate al mondo, ci si interroga su ciò che renderà il prossimo capitolo della trasformazione digitale un successo per tutta l’economia e la società nel suo complesso. La risposta passa attraverso il modo in cui i governi e le aziende possono garantire che i dati siano utilizzati in modo da bilanciare i benefici per tutti. E in quest’ottica uno dei punti cardine che vengono evidenziati, è la necessità di definire dei protocolli di condivisione.

E’ questo il contesto in cui ha preso vita, per iniziativa dell’industria, partendo dalla Germania ma con l’Italia tra i primi Paesi ad aderire e a creare un hub locale, la International Data Space Association  (IDSA). Facilmente intuibile come l’iniziativa abbia una rilevanza strategica, sia perché sta aiutando le industrie a maturare una corretta consapevolezza della necessità di proteggere il valore delle proprie informazioni condividendo sempre più su scala nazionale e internazionale i dati in ecosistemi popolati da una pluralità di attori, sia per il costante e fattivo contributo dato nell’interlocuzione con i Governi locali e le Istituzioni Europee per definire quella politica economica europea di cui abbiamo parlato, che considera la sovranità dei dati generati nel Continente come elemento imprescindibile per proteggere e mantenere la competitività in uno scenario internazionale in cui gli equilibri tra i Paesi risultano sempre più impattati dalla rilevanza delle tecnologie.

Regole e standard IDSA

Nel concreto IDSA ha lavorato alla definizione delle regole e degli standard certificati necessari per permettere ad aziende, enti pubblici e privati di condividere informazioni in modo sicuro e interoperabile all’interno di ecosistemi. Standard che puntano a salvaguardare i valori di un’Europa giustamente aperta al mondo digitale globalizzato ma al contempo consapevole di dover proteggere le proprie imprese e i propri cittadini dagli effetti che hanno i diversi sistemi di valori e legali a cui sono soggette le diverse imprese coinvolte a livello internazionale. Con un obiettivo anche sui consumatori finali europei, affinché non rinuncino alla loro privacy utilizzando prodotti e servizi di aziende globali non soggette alle medesime regolamentazioni europee, e perché le imprese europee non rischino di perdere risorse cruciali per la creazione di valore. Questo si traduce nello sviluppo di un software, che si chiama Connector, fortemente personalizzabile che permette di mettere a disposizione o di fruire dati nella certezza di essere “compliant” rispetto allo standard.

Grazie alla sua pluriennale esperienza negli ecosistemi digitali, Cefriel è stato scelto come Hub italiano di IDSA, emetterà a disposizione le sue competenze nel dialogherà con gli altri hub europei in Finlandia, Spagna, Francia, Olanda e Germania, e con le aziende favorendone l’adesione all’associazione in modo da ampliare la rete e la potenzialità dell’iniziativa.

Una priorità soprattutto per chi si occupa di accompagnare il Paese nella trasformazione digitale, avendo ben chiaro il valore e le opportunità offerte da piattaforme ed ecosistemi ma anche la necessità di far sì che le aziende che vengono coinvolte nell’adesione a queste piattaforme, tecnologie ed ecosistemi possano farlo nella garanzia di una totale protezione del loro patrimonio di informazioni. Non offrire tale garanzia definendo una chiara sovranità dei dati, significa alimentare timori e sfiducia nelle imprese, rallentare l’innovazione e gli investimenti e, in definitiva, frenare la competitività. Il fatto che l’Italia sia in primissima linea su questo fronte e che attorno all’iniziativa si sia già raccolto molto consenso e attenzione, è un’ottima notizia.

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