le modifiche del decreto

Semplificazioni, cosa cambia per gli avvocati: domicilio digitale e pubblici elenchi per notificazioni

Le novità introdotte dal decreto Semplificazioni incidono anche sul mondo dell’avvocatura, intervenendo sul domicilio digitale e sui pubblici elenchi utilizzabili per le notificazioni dell’avvocato. Il punto sulle modifiche

Pubblicato il 06 Ago 2020

Roberto Arcella

Centro Studi Processo Telematico

domicilio-digitale

Il decreto Semplificazioni apporta un ulteriore vistoso lifting al Codice dell’Amministrazione digitale con impatti anche sul lavoro degli avvocati, intervenendo profondamente, tra l’altro, sulla disciplina del domicilio digitale. Per quanto l’avvocatura abbia comprensibilmente, nel quadro delle novità introdotte, enfatizzato quella della reintroduzione dell’indice previsto dall’art. 6-ter del Codice tra quelli suscettibili di utilizzo ai fini delle notificazioni a mezzo posta elettronica certificata, le innovazioni sono di ben più ampia portata.

Nei paragrafi che seguono si tenterà di dare un inquadramento organico alle citate modifiche contenute negli articoli 24, 26, 28 e 37 del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, soffermandosi, ovviamente anche sulle problematiche connesse alla novella dell’art. 16-ter del D.L. 179/2012 in materia di pubblici elenchi utilizzabili per le notificazioni dell’avvocato.

L’aggiornamento degli elenchi contenenti i domicili digitali

Con l’art. 24, comma 1-bis, si è voluto far fronte al problema dell’aggiornamento registri dei domicili digitali, talvolta popolati da indirizzi non più funzionanti e viene pertanto prevista la cancellazione d’ufficio di quelli non più attivi: al riguardo, le Linee Guida dovranno fissare le modalità di accertamento di tale inattività. Alle stesse Linee guida è inoltre demandata la fissazione delle le modalità di gestione e di aggiornamento dell’elenco dei registri anche nei casi di decesso del titolare del domicilio digitale eletto o di impossibilità sopravvenuta di avvalersi del domicilio.

Tale norma, tuttavia, non risolve un vulnus: è noto infatti che, tra i registri che alimentano quello di cui all’art. 6-bis del C.A.D. si annovera il RegInde, previsto dall’art. 16, comma 7, del D.L. 29 novembre 2008, n. 185 e disciplinato dall’art. 7 del Decreto del Min. Giustizia n. 44/2011 in materia di processo telematico. Orbene, poiché tale registro continua ad essere gestito dal Ministero della Giustizia, il relativo aggiornamento continuerà ad essere demandato esclusivamente al meccanismo previsto dall’art. 8 del Provvedimento del Direttore Generali dei Servizi Informativi Automatizzati del medesimo Ministero e la cancellazione risulterà comunque frutto meramente indiretto degli aggiornamenti inviati dagli Ordini professionali con le comunicazioni telematiche ivi previste. Sul punto, come si vedrà più avanti, non giova neanche la nuova disciplina introdotta con il novellato art. 16, comma 7-bis, del D.L. 185/2008.

Modifiche alla disciplina del domicilio digitale del cittadino

Non solo avvocati, ovviamente. Val la pena ricordare qui che nell’ambito delle misure atte ad attenuare le conseguenze del digital divide, si è poi intervenuto sull’art. 3-bis del CAD, norma introdotta dal DL 179/2012 e che disciplina il domicilio digitale del cittadino. Si tratta esattamente dei commi 3-bis e 4-bis.

La modifica del primo di essi mira a fissare il principio che ciascun cittadino debba avere un proprio domicilio digitale e ad assicurare che la conoscenza dei documenti inviati al domicilio digitale del cittadino sia effettiva. La norma novellata, introdotta con l’art. 5 del Dlgs 217/2017, prevedeva infatti che con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro delegato per la semplificazione e la pubblica amministrazione, sentiti l’AgID e il Garante per la protezione dei dati personali previsto dalla prima parte del comma, fossero «determinate le modalità con le quali ai predetti soggetti può essere reso disponibile un domicilio digitale ovvero altre modalità con le quali, anche per superare il divario digitale, i documenti possono essere messi a disposizione e consegnati a coloro che non hanno accesso ad un domicilio digitale».

Con la nuova disposizione, invero integralmente riformulata, si sostituisce il verbo servile di possibilità col perentorio «è messo a disposizione», e si prevede che laddove il cittadino non abbia accesso al proprio domicilio digitale, i documenti debbano essere effettivamente consegnati e non soltanto messi a disposizione.

Il nuovo comma 4-bis, invece, dispone per il tempo in cui non sarà stata ancora data attuazione al comma 3-bis prevedendo, in alternativa alla consegna al cittadino del documento in formato analogico con firma autografa o a mezzo stampa, il recapito di un avviso recante le indicazioni delle modalità con le quali i documenti, oggetto di comunicazione da parte delle PA e conservati negli archivi di queste ultime come documenti elettronici (firmati con firma digitale o con altra firma elettronica qualificata), sono messi a sua disposizione. Coerentemente con l’obbligatorietà del domicilio digitale prevista dal comma 3-bis, viene espunta la previsione dell’elezione di domicilio come unica modalità di iscrizione nell’elenco (previsione stata introdotta dal correttivo CAD del 2017), e la già menzionata tale forma di comunicazione alternativa viene estesa non solo ai casi in cui i cittadini non abbiano un domicilio digitale, ma anche ai casi di domicilio digitale non attivo, non funzionante o non raggiungibile. Nello stesso spirito, la nuova formulazione del comma 4-quinquies prevede che ciascuno possa eleggere domicilio, ai sensi dell’art. 47 cod. civ., presso un domicilio digitale diverso da quello di cui al comma 1-ter, ma ciò soltanto sino all’adozione delle Linee guida colà previste.

Modifiche alla disciplina di INIPEC ed a quella dell’Indice nazionale previsto dall’art. 6-quater del Codice dell’Amministrazione Digitale

Per effetto dell’art. 24, co. 1, lett. b) del D.L. 76/2020, l’iscrizione in INIPEC non è più limitata, quanto ai professionisti, a quelli iscritti ad ordini o collegi professionali, ma viene estesa ai «professionisti diversi da quelli di cui al primo periodo, iscritti in elenchi o registri detenuti dalle pubbliche amministrazioni e istituiti con legge dello Stato», quali i difensori abilitati alla rappresentanza ed alla difesa del contribuente ai sensi del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 156. Al riguardo, si ricorda che dal 1° aprile 2020 la Direzione della Giustizia tributaria del Dipartimento Finanze è competente per la gestione del nuovo Elenco nazionale degli abilitati all’assistenza tecnica. La nuova norma ha quindi importanti ricadute anche sulla disciplina del processo tributario telematico, laddove a detti professionisti potranno essere indirizzate anche le notificazioni previste dall’art. 16–bis D.lgs. 546/1992, sino ad oggi limitate, quanto ai destinatari, a quelli che avessero eletto domicilio digitale nel ricorso o nel primo atto difensivo ovvero il cui indirizzo di posta certificata fosse reperibile nei pubblici elenchi, con chiaro riferimento all’art. 16-ter D.L. 179/2012.

A valle di tale importante novità, tali professionisti, ormai confluiti in INIPEC, vengono espunti dall’elenco previsto dall’art. 6-quater del C.A.D. e già denominato “Indice nazionale dei domicili digitali delle persone fisiche e degli altri enti di diritto privato, non tenuti all’iscrizione in albi professionali o nel registro delle imprese” diviene ora “Indice nazionale dei domicili digitali delle persone fisiche dei professionisti e degli altri enti di diritto privato, non tenuti all’iscrizione in albi professionali elenchi o registri o nel registro delle imprese”.

Piuttosto oscura resta invece la ratio della previsione secondo la quale il professionista, non iscritto in albi, registri o elenchi professionali di cui all’articolo 6-bis, abbia comunque facoltà di eleggere presso l’Indice ex art. 6-quater un domicilio digitale professionale e un domicilio digitale personale diverso dal primo: la norma infatti rischia di ingenerare confusioni ed inconvenienti, dovendosi distinguere per tali soggetti tra notificazioni aventi rilevanza personale e quelle aventi invece rilevanza professionale, non sempre di agevole discernimento, e complicazioni anche nelle relate di notifica dell’avvocato, dovendosi ivi dare atto, ad esempio, dell’assenza di iscrizioni nell’uno o nell’altro elenco e rendere conto, quindi, anche della selezione di un domicilio digitale piuttosto che di un altro.

Apprezzabile è invece la scelta di vietare espressamente l’utilizzo dei domicili digitali «per l’invio di comunicazioni commerciali, come definite dall’articolo 2, comma 1, lettera f) , del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70» (art. 6-quinquies, comma 3, CAD).

La Piattaforma per la notificazione digitale degli atti della pubblica amministrazione

Si ricorda che con l’art. 8 comma 1 del decreto-legge n. 35 del 14 dicembre 2018 fu costituita una società per azioni interamente partecipata dallo Stato cui fu demandato lo svolgimento delle attività connesse all’attuazione degli obiettivi dell’Agenda Digitale Italiana e, segnatamente, la gestione della piattaforma per l’interconnessione e l’interoperabilità tra le pubbliche amministrazioni e i prestatori di servizi di pagamento abilitati ai sensi dell’art. 5 del C.A.D. (PagoPA s.p.a.). Con l’art. 1, comma 492, della Legge 27 dicembre 2019, n. 160, fu prevista l’istituzione di una piattaforma digitale per le notifiche, demandata a PagoPA S.p.A., con l’ulteriore prescrizione che quest’ultima avrebbe dovuto affidarne la realizzazione alla società di cui all’articolo 83, comma 15, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, vale a dire alla società di gestione del sistema informativo dell’amministrazione finanziaria (SOGEI).

Con l’art. 26, comma 3, del decreto-legge “semplificazioni” vengono dettagliate finalità e funzionamento di detta piattaforma, a valere «ai fini della notificazione di atti, provvedimenti, avvisi e comunicazioni, in alternativa alle modalità previste da altre disposizioni di legge, anche in materia tributaria». Su tale piattaforma le amministrazioni possono “rendere disponibili” telematicamente (con ciò contraddicendo l’innovazione introdotta all’art. 3-bis, comma 3-bis, di cui si è detto) i corrispondenti documenti informatici, dei quali è assicurata l’autenticità, immodificabilità, la leggibilità e la reperibilità anche eventualmente mediante le tecnologie basate su “registri distribuiti” (c.d. blockchain) o comunque garantendo la conformità dei documenti informatici agli originali analogici mediante attestazioni di conformità o certificazioni di processo.

Nel concreto, la notificazione avviene mediante recapito al destinatario, al relativo domicilio digitale risultante dagli elenchi ex artt. 6-bis, 6–ter e 6-quater CAD ovvero ad uno dei domicili digitali eletti, di un avviso recante il relativo identificativo univoco (IUN) e le modalità di accesso alla piattaforma per l’acquisizione del documento oggetto di notificazione. Se la casella di posta elettronica certificata o il servizio elettronico di recapito certificato qualificato risultano saturi, il gestore della piattaforma effettua un secondo tentativo di consegna decorsi almeno sette giorni dal primo invio. Se anche a seguito di tale tentativo la casella di posta elettronica certificata o il servizio elettronico di recapito certificato qualificato risultano saturi oppure se l’indirizzo elettronico del destinatario non risulta valido o attivo, il gestore della piattaforma rende disponibile in apposita area riservata, per ciascun destinatario della notificazione, l’avviso di mancato recapito del messaggio e dà notizia al destinatario dell’avvenuta notificazione dell’atto a mezzo di lettera raccomandata, senza altri adempimenti. Agli altri destinatari, privi di domicilio digitale, l’avviso di avvenuta ricezione è notificato senza ritardo, in formato cartaceo, a mezzo posta direttamente dal gestore della piattaforma. L’accesso alla piattaforma da parte del cittadino, infine, avviene di regola attraverso SPID o con la Carta di Identità Elettronica. È infine previsto il doppio termine di perfezionamento della notificazione eseguita in tal fatta, che coincide per la P.A. col momento in cui il documento è reso disponibile sulla piattaforma ed è differito per il destinatario al settimo giorno successivo alla data di ricezione dell’avviso in formato elettronico od al decimo giorno successivo a quello cartaceo.

Le notificazioni dell’avvocato ed il ritorno dell’IPA tra i registri utilizzabili

Il provvedimento d’urgenza dedica poi l’art. 28 al noto problema dell’impossibilità di raggiungere alcuni enti pubblici con le notificazioni telematiche dell’avvocato.

Si ricorda che per l’art. 3-bis L. 53/1994, le notificazioni telematiche dell’avvocato possono essere eseguite esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante “da pubblici elenchi”. Questi ultimi sono individuati dall’art. 16-ter d.l. 179/2012, modificato dalla legge 228/12 e convertito nella legge 221/12. La norma in parola prevedeva inizialmente che «a decorrere dal 15 dicembre 2013, ai fini della notificazione e comunicazione degli atti in materia civile, penale, amministrativa e stragiudiziale si intendono per pubblici elenchi quelli previsti dagli articoli 4 e 16, comma 12, del presente decreto; all’articolo 16 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009, dall’articolo 6-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, nonché il registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal Ministero della Giustizia».

All’art. 16 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009, vigente in detto periodo, vi erano quindi menzionati due elenchi: al comma 6, il registro delle imprese; al comma 8, l’IndicePA (o IPA, altrimenti detto). Tuttavia, la legge 114/14 di conversione del d.l. 90/2014, vi apportò una rilevantissima modifica, non richiamandosi più in essa non più l’intero art. 16 del D.L. 185/2008 ma solo il comma 6, escludendo quindi dal novero degli elenchi pubblici l’IndicePA, che pertanto non è stato più idoneo a costituire fonte di reperimento degli indirizzi di posta certificata delle pubbliche amministrazioni per gli atti notificati a far data dal 19/8/2014.

Per effetto di tale susseguirsi di norme, le Pubbliche amministrazioni avevano l’obbligo di comunicare i propri indirizzi PEC per la relativa iscrizione nel registro PA entro la data del 30 Novembre 2014, osservando le modalità previste dall’art. 9-bis del Provvedimento del Direttore dei Servizi Informativi Automatizzati del Ministero della Giustizia. E tuttavia, sia per effetto dell’assenza di sanzioni ulteriori a quella prevista dall’art. 16, comma 6, DL 179/2012 (notifica “in cancelleria” delle notificazioni e comunicazioni di cancelleria, con la difficile conoscibilità in concreto dell’atto notificato), sia a causa di difficoltà tecniche connesse all’impossibilità di associare nella base di dati del registro in parola più di un indirizzo ad uno stesso codice fiscale (con conseguente impossibilità di iscrivervi le strutture territoriali di alcuni enti), il Registro PA è rimasto a lungo poco popolato.

L’art. 28 del DL 76 del 16 luglio 2020 è intervenuto al riguardo su due fronti.

Sono state anzitutto soppresse dall’art. 16, comma 12, cit. le parole “30 novembre 2014” ed è stata prevista la possibilità (comma 1 lett. “a”) per le pubbliche amministrazioni di «comunicare altresì gli indirizzi di posta elettronica certificata di propri organi o articolazioni, anche territoriali, presso cui eseguire le comunicazioni o notificazioni per via telematica nel caso in cui sia stabilito presso questi l’obbligo di notifica degli atti introduttivi di giudizio in relazione a specifiche materie ovvero in caso di autonoma capacità o legittimazione processuale. Per il caso di costituzione in giudizio tramite propri dipendenti, le amministrazioni pubbliche possono altresì comunicare ulteriori indirizzi di posta elettronica certificata, riportati in una speciale sezione dello stesso elenco di cui al presente articolo e corrispondenti a specifiche aree organizzative omogenee, presso cui eleggono domicilio ai fini del giudizio»: ciò in tardivo recepimento di quanto aveva suggerito il Consiglio di Stato nel parere reso il 4 Ottobre 2017, n. 1654/2017, sull’allora schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 179, concernente “modifiche e integrazioni al Codice dell’amministrazione digitale di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, ai sensi dell’art. 1 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”, ove si legge: «…occorre prevedere una disposizione che consenta a ciascuna pubblica amministrazione, in un regime controllato ma secondo il principio di responsabilità, di indicare anche eventualmente più di un indirizzo di posta elettronica certificata, quale corrispondente domicilio digitale, e ciò sia nel caso in cui, in base alla normativa vigente, singoli organi o articolazioni territoriali abbiano una autonoma capacità o legittimazione processuale, o comunque sia prevista la notifica degli atti processuali presso di essi, sia nel caso in cui le pubbliche amministrazioni stiano in giudizio tramite propri dipendenti (nel caso di costituzione tramite avvocati interni, iscritti nel loro registro speciale, valgono invece le ordinarie regole di domiciliazione presso il difensore, con la conseguenza che viene meno l’utilizzo di tale registro)»

Detta modifica va letta in relazione alla previsione di cui al comma 2, secondo cui «…con provvedimento del responsabile dei sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, da adottare nel termine di novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono dettate le specifiche tecniche per l’attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 16, comma 12, del decreto-legge n. 179 del 2012, come modificato dal presente articolo». Ciò significa che entro 90 giorni dovrà essere operata una revisione delle specifiche tecniche che regolano il Registro PP.AA., e segnatamente dell’art. 9-bis citato, con la conseguente modifica della struttura della base di dati e l’inserimento di una “sezione speciale” del Registro PP.AA. deputata all’iscrizione dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche con i relativi indirizzi di posta elettronica certificata.

L’art. 28, comma 1 lett. b), peraltro, è intervenuto sull’art. 16, comma 13, del DL 179/2012 con la previsione espressa di una duplice sanzione. La prima parte della norma novellata prescrive infatti che «In caso di mancata comunicazione ai sensi del comma 12, le comunicazioni e notificazioni a cura della cancelleria si effettuano ai sensi dei commi 6 e 8» (n.d.e. dell’art. 16, comma 12, DL 179/2012): sanzione questa che era già applicabile (ma nel concreto inapplicata) alla luce dell’assetto normativo previgente. La seconda, invece, prevede che «le notificazioni ad istanza di parte si effettuano ai sensi dell’articolo 16 -ter, comma 1 -ter».

Ed è sul punto che l’avvocatura ha unanimemente esultato.

Il cuore della novità normativa risiede infatti proprio nell’art. 16-ter, comma 1-ter, del DL 179/2012, introdotto dalla norma d’urgenza qui in esame: « Fermo restando quanto previsto dal regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611, in materia di rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato, in caso di mancata indicazione nell’ elenco di cui all’articolo 16, comma 12, la notificazione alle pubbliche amministrazioni degli atti in materia civile, penale, amministrativa, contabile e stragiudiziale è validamente effettuata, a tutti gli effetti, al domicilio digitale indicato nell’elenco previsto dall’articolo 6 -ter del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e, ove nel predetto elenco risultino indicati, per la stessa amministrazione pubblica, più domicili digitali, la notificazione è effettuata presso l’indirizzo di posta elettronica certificata primario indicato, secondo le previsioni delle Linee guida di AgID, nella sezione ente dell’amministrazione pubblica destinataria. Nel caso in cui sussista l’obbligo di notifica degli atti introduttivi di giudizio in relazione a specifiche materie presso organi o articolazioni, anche territoriali, delle pubbliche amministrazioni, la notificazione può essere eseguita all’indirizzo di posta elettronica certificata espressamente indicato nell’elenco di cui all’articolo 6 -ter del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, per detti organi o articolazioni».

In altri termini, se l’Ente non ha comunicato il proprio indirizzo (o i propri indirizzi) PEC nel nuovo Registro PP.AA, sarà da considerare pubblico registro anche quello previsto dall’art. 6-ter del Codice dell’Amministrazione Digitale, dovendosi adoperare l’indirizzo “primario” in caso di presenza di più indirizzi oppure quello corrispondente all’articolazione territoriale del medesimo, ove sussista l’obbligo di notifica degli atti introduttivi di giudizio in relazione a specifiche materie presso organi o articolazioni, anche territoriali, delle pubbliche amministrazioni. E’ da segnalare, inoltre, che la disposizione transitoria, contenuta nella prima parte del comma 2, ne dispone l’immediata applicazione, sicché, in attesa dell’approntamento delle nuove specifiche tecniche, gli avvocati potranno adoperare anche l’indirizzario contenuto nel predetto elenco ex art. 6-ter del CAD, con la cautela di dare atto nella relata di notifica atto, oltre che del registro adoperato, anche del fatto che nel registro PP.AA. non sia stato reperito un indirizzo dichiarato dall’Ente ai sensi dell’art. 16, comma 12, DL 179/2012.

L’apprezzabile novella evidenzia tuttavia alcune difficoltà di coordinamento. Si ricorda infatti che per l’art. 66 del correttivo CAD del 2017 (D.lgs. 217/2017) era stata prevista la «confluenza dell’elenco di cui all’articolo 16, comma 12, del decreto-legge n. 179 del 2012 in una sezione speciale dell’elenco di cui all’articolo 6-ter del decreto legislativo n. 82 del 2005, consultabile esclusivamente dagli uffici giudiziari, dagli uffici notificazioni, esecuzioni e protesti e dagli avvocati» prevedendosi altresì che sarebbero ivi state «stabilite le modalità con le quali le pubbliche amministrazioni che non risultino già iscritte nell’elenco di cui all’articolo 16, comma 12, del decreto-legge n. 179 del 2012, comunicano l’indirizzo di posta elettronica certificata da inserire nella sezione speciale di cui al presente comma». Corollario di tale previsione è che la potestà amministrativa sul Registro PA dovrebbe passare dal Ministero della Giustizia all’Agid, responsabile invece per il registro previsto dall’art. 6-ter del CAD, laddove, invece, il comma 2 dell’art. 28 ha ribadito la potestà subregolamentare in capo alla DGSIA in materia di Registro PP.AA.

Le disposizioni miranti ad incentivare l’utilizzo della PEC

L’art. 37 del DL “Semplificazioni” interviene poi sulla terminologia del codice dell’amministrazione digitale mediante la sostituzione huc atque illuc delle parole “posta elettronica certificata” con “domicilio digitale”.

Sul piano delle garanzie di esattezza e di completezza delle iscrizioni dei domicili digitali delle imprese nel Registro delle Imprese, il decreto modifica l’art. 6-bis del D.L. 29 novembre 2008, n. 185 e viene previsto il raddoppio della sanzione pecuniaria prevista dall’art. 2630 cod. civ. a carico di chiunque che, essendovi tenuto per legge a causa delle funzioni rivestite in una società o in un consorzio, omette di eseguire, nei termini prescritti, denunce, comunicazioni o depositi presso il registro delle imprese, ovvero omette di fornire negli atti, nella corrispondenza e nella rete telematica le informazioni prescritte dall’art. 2250. Viene inoltre previsto che contestualmente all’erogazione della sanzione, sia assegnato d’ufficio un nuovo e diverso domicilio digitale, acquisito tramite gara nazionale bandita dalla Consip S.p.A..

Al comma 1, lett c), inoltre, è stato previsto che il Conservatore dell’ufficio del registro delle imprese che rilevi un domicilio digitale inattivo, debba chiedere alla società di provvedere all’indicazione di un nuovo domicilio digitale entro il termine di

trenta giorni, decorsi i quali senza opposizione della società, debba procedere alla cancellazione dell’indirizzo dal registro delle imprese, avviando contestualmente la procedura di cui al comma 6-bis.

Analoghe disposizioni, sia sul piano della terminologia che delle sanzioni, sono previste in materia di RegInde. Viene introdotta la novella dell’art. 16, comma 7-bis, D.L. 185/2008, che contiene la previsione secondo cui il Collegio o l’Ordine di appartenenza debba diffidare il professionista che non vi abbia provveduto a comunicare il proprio domicilio digitale entro trenta giorni e che in caso di inadempimento “il Collegio o Ordine di appartenenza commina la sanzione della sospensione dal relativo albo o elenco fino alla comunicazione dello stesso domicilio”. E’ inoltre previsto che «l’omessa pubblicazione dell’elenco riservato previsto dal comma 7, il rifiuto reiterato di comunicare alle pubbliche amministrazioni i dati previsti dal medesimo comma, ovvero la reiterata inadempienza dell’obbligo di comunicare all’indice di cui all’articolo 6 – bis del decreto-legislativo 7 marzo 2005, n. 82 l’elenco dei domicili digitali ed il loro aggiornamento a norma dell’articolo 6 del decreto del Ministro dello sviluppo economico 19 marzo 2013, costituiscono motivo di scioglimento e di commissariamento del collegio o dell’ordine inadempiente ad opera del Ministero vigilante sui medesimi».

Al riguardo, la norma non sussiste alcun contrasto, quanto alla professione forense, con l’art. 50 della Legge 31 dicembre 2012 n. 247, trattandosi di sanzione amministrativa e non disciplinare.

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