Sanità

Dematerializzare la Cartella Clinica: adesso è facile. Ecco come

Con le ultime novità normative e tecniche, anche la conservazione della cartella clinica cartacea può essere realizzata in digitale.
Le vecchie norme infatti non tengono conto delle maggiori garanzie che un processo di conservazione sostitutiva offre rispetto ai processi ad oggi utilizzati come la micro filmatura

Pubblicato il 07 Dic 2015

Nicola Savino

esperto digitalizzazione a norma dei processi aziendali

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Le Cartelle Cliniche Cartacee (CCC), della cui regolarità risponde il responsabile dell’unità operativa che ha in carico il paziente, devono essere redatte ai sensi del D.M.San. del 5.8.77 e del DPCM 27.6.86 e successivi, su fogli messi a disposizione o riconosciuti validi dalla Zona-Territoriale e le relative annotazioni debbono essere redatte, rispettando la sequenza cronologica, contestualmente agli eventi segnalati. Alle cartelle cliniche cartacee, oggi si accosta la modalità della Cartella Clinica Elettronica, ovvero intesa come atto pubblico, utilizzata per la gestione organica e strutturata dei dati riferiti alla storia clinica di un paziente in regime di ricovero o ambulatoriale, garantendo il supporto dei processi clinici (diagnostico-terapeutici) e assistenziali nei singoli episodi di cura e favorendo la continuità di cura del paziente tra diversi episodi di cura afferenti alla stessa struttura ospedaliera mediante la condivisione e il recupero dei dati clinici in essi registrati, prevedendo, un processo di conservazione digitale, a partire dal 1 gennaio 2013, che ha radicalmente cambiato il processo di dematerializzazione.

Omettendo quanto di già se ne è ampiamente parlato in merito, la nostra attenzione va tutta alla conservazione delle CCC (Cartelle Cliniche Cartacee). Per le cartelle cliniche cartacee la Circolare 11 febbraio 2004 n. 8, emanata dalla direzione generale per gli archivi e rivolta agli istituti archivistici italiani, ha vietato il processo di conservazione sostitutiva, ovvero di non autorizzare la distruzione degli originali cartacei dei documenti facenti parte delle stesse e destinati alla conservazione permanente, in quanto atto pubblico di fede privilegiata.

Allora ci si chiede come vengono conservate; quale tipo di procedura viene ad essere adottata; e se c’è una determinata procedura da seguire, quale valore giuridico assume? E’ ormai noto che le CCC possono essere conservate con il processo di microfilmatura, quando ci sono evidenti situazioni di pericolo che indicheremo più avanti.

Che cosa si intende per microfilmatura?

Un microfilm è un supporto analogico su pellicola che serve a conservare un documento per poi trasmetterlo, leggerlo o stamparlo. Le immagini microfilm di solito sono ridotte da 15 a 48 volte rispetto al documento originale. I formati più comuni sono due: microfilm (bobina)e microfiche (pellicola piana). Le immagini microfilm possono essere in positivo o in negativo. Dal 1997 le cartelle cliniche si possono trasformare in microfilmatura , infatti diverse aziende sanitarie sia private sia pubbliche hanno infatti chiesto ed ottenuto, con appositi decreti del ministero per i Beni culturali e ambientali, e con l’autorizzazione delle Sovrintendenze archivistiche, ”l’autorizzazione ad avvalersi della facoltà, prevista dall’art.25 della legge 4 gennaio 1968, n.15, per la fotoriproduzione sostitutiva delle cartelle cliniche. Per la lettura e la stampa di solito sono preferite le immagini in negativo, che sono con lo sfondo scuro. Tale procedura, imposta dalla circolare ministeriale dell’11.02.2004, non può assurgere alcuna valenza giuridica rispetto alla conservazione sostitutiva, in quanto , è risaputo, che è un processo limitato nel tempo e non garantisce la stessa sicurezza dei documenti informatici.

Ovvero: è evidente che la fotoriproduzione è meno sicuro e meno efficace del documento informatico, così come è stato inteso dal Codice dell’Amministrazione Digitale. Ricordiamo che la fotoriproduzione, e i microfilm di sicurezza, garantiscono la conservazione del contenuto dei documenti di archivio in caso di incendio o altre calamita’ consentendo, altresi’, tramite una seconda copia necessaria per la consultazione, di preservare i documenti dal logorio dell’uso e da altri fattori. E’ evidente invece che la produzione di un documento informatico garantirebbe sicurezza, qualità ed efficacia oggettivamente maggiori, anche dal punto di vista normativo, essendo lo stesso documento informatico, normato da diverse disposizioni legislative e tecniche. Dunque, alla luce delle precisazioni fino ad ora riportate , perché si potrebbero microfilmare le CC e non si potrebbero dematerializzare?

Il processo di conservazione sostitutiva (e non digitale in quanto si vanno a sostituire i supporti analogici con quelli digitali), infatti, sintetizza una procedura informatica che attribuisce valore legale al documento digitale e ne garantisce la conservazione nel tempo. Il valore così attribuito al documento informatico ha piena efficacia probatoria, al pari dei documenti analogici o cartacei. L’obiettivo della conservazione sostitutiva è di consentire alle Strutture Sanitarie Pubbliche e Private di dematerializzare la quasi totalità della documentazione cartacea prodotta o, addirittura, di limitarne la produzione, come definito dal DPCM del 13 Novembre 2014 e del DPCM del 3 Dicembre 2013. Seppur è vero che le CCC devono essere firmate ed autenticate dal Direttore Sanitario, quale Pubblico Ufficiale a ciò autorizzato, così come disposto nel S.M San del 5. 8..7 e nel DPCM 27.6.86, sarebbe opportuno digitalizzarle affinché non via sia un inutile dispendio di carta, anche per eventuali cause di forza maggiore e/o eventi naturali ( allagamenti- incendi ecc), che potrebbero comportare una distruzione totale di tutto l’archivio cartaceo. Va, quindi, considerato che i documenti informatici contenenti copia di atti pubblici, formati in origine su supporti analogici hanno la stessa efficacia se viene apposta sul documento una firma da un PU. Infatti, affidandosi ad un Responsabile di Conservazione, si potrebbe creare un processo di conservazione, contenente tutte le cartelle cliniche del singolo paziente, cartelle che verranno conformate all’originale mediante un’apposizione o associazione di firma da parte del Direttore Sanitario, quale pubblico ufficiale a ciò autorizzato. Fermo restando quanto sopra riportato, non si può escludere la digitalizzazione di una cartella clinica cartacea considerato che il Direttore Sanitario, quale pubblico ufficiale a ciò autorizzato, valutata la corrispondenza all’originale, ne appone la conformità alla stessa. Tale tesi va rafforzata anche secondo quanto previsto nell’ultimo paragrafo del 1 comma dell’art. 22 e dal 2 comma dello stesso articolo, in quanto il Direttore Sanitario firma digitalmente la cartella clinica e successivamente la spedisce in modo tale che la loro esibizione e produzione sostituisce quella dell’originale.

Questo articolo siamo certi che provocherà diverse prese di posizioni, probabilmente ce lo auguriamo, soprattutto perché permetterà alle strutture sanitarie, di poter ottimizzare tempi, costi e risorse grazie alla dematerializzazione della cartella clinica cartacea che ad oggi rappresenta il costo più importante per qualunque struttura sanitaria, che comunque ad oggi grazie al Codice dell’Amministrazione Digitale e varie Linee Guida del Ministero, possono produrre direttamente in digitale le cartelle cliniche elettroniche e tutta la documentazione sanitaria.

A tal fine Seen Solution Srl insieme all’ Avv. Michele Iaselli Presidente ANDIP e BU Digital Legal Consulting Director di Seen Solution Srl, ha inviato quesito al Ministero della Salute e già protocollato per permettere allo stesso Ministero di produrre una circolare ad hoc e dare seguito alla completa dematerializzazione della cartella clinica.

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