La crisi sanitaria e le sue conseguenze economiche hanno ovviamente rappresentato il tema centrale del discorso al Senato del Presidente Mario Draghi, tanto che la parola più ricorrente è stata “pandemia” e non avrebbe certo potuto essere altrimenti. Ma nella ricetta per superare la crisi, quale spazio avranno l’innovazione e la digitalizzazione di imprese e Pubblica Amministrazione?
Nominato “en passant”, a prima vista, il digitale potrebbe sembrare essere stato trascurato: vedremo invece che forse la visione della materia non è mai stata tanto matura. Lo stesso dicasi per l’ambiente, che, a parole-chiave, è sembrato non esistere e che invece, nella sostanza, è stato il punto dove più si è orientato quello “sguardo rivolto al futuro” e alle “next generation” del presidente Draghi.
Proprio la scelta del Ministro Roberto Cingolani all’Ambiente conferma l’attenzione all’innovazione e alla tecnologia: Cingolani, già Chief Technology and Innovation Officer della società del settore difesa e aerospazio Leonardo, sarà interprete del ruolo in chiave innovativa da esperto di robotica, meccatronica, Intelligenza Artificiale e computer quantistici.
Vediamo nel dettaglio i punti dell’agenda Draghi dedicati a innovazione e digitalizzazione di imprese e PA.
Crisi educativa: riforma ITIS, dell’Università e della Ricerca tra le priorità da affrontare
Prima sorpresa: nella struttura del discorso rilasciata alle agenzie di stampa, al capitolo “Lo stato del paese”, dietro “Crisi sanitaria” e “Crisi Sociale”, ha trovato posto “Crisi Educativa”. L’istruzione è tra le emergenze da affrontare, al pari del piano vaccinale.
Tra le priorità per ripartire, la riforma degli istituti tecnici: primo punto a favore della digitalizzazione, quella vera, che interessa chi con il digitale si sporca le mani e che rivela l’estremo senso pratico del Presidente.
Noi operatori sappiamo perfettamente bene quanto la carenza di professionisti e di tecnici specializzati nelle infinite nuove competenze del digitale sia penalizzante e con questo passaggio pratico è proprio a questa lacuna che si vuole riparare. Il Presidente Draghi ha infatti ricordato che è stato stimato in circa 3 milioni, nel quinquennio 2019-23, il fabbisogno di diplomati di istituti tecnici nell’area digitale e ambientale: il Programma Nazionale di Ripresa e Resilienza, assegna 1,5 md agli ITIS, 20 volte il finanziamento di un anno normale pre-pandemia. Ma senza innovare l’attuale organizzazione di queste scuole, ha ricordato Draghi, si rischia lo spreco di quelle risorse.
Per il superamento della crisi educativa il discorso è proseguito con l’adeguamento dei percorsi universitari e di ricerca, che vanno orientati ai nuovi bisogni relativi alla digitalizzazione, ancora una volta, e all’ecologia. Non a caso il Ministero dell’Università e della Ricerca è adesso guidato da Cristina Messa, professore universitario, esperta nell’innovazione tecnologica in grado di capire in modo profondo, come è stato già sottolineato, quali possano essere i percorsi per avere le competenze digitali che servono agli operatori ed ai manager per gestire la transizione digitale ma anche per promuovere le competenze tra i giovani e tornare con la ricerca a guidare l’innovazione digitale.
La digitalizzazione come abilitatrice delle riforme in agenda
I temi del discorso Draghi sollevano grandi ambizioni di riforma: il ripensamento del Turismo, le politiche attive del lavoro, la parità di genere, l’eterna questione del Mezzogiorno, la necessità di riforme del fisco e della giustizia, della Pubblica Amministrazione e dei rapporti internazionali, per recuperare centralità in Europa e nel Mediterraneo e riallineare l’Asse Atlantico. In tutto questo, sembra che l’innovazione tecnologica perda di importanza. Ma non è così.
Digitalizzazione e innovazione non sono una sfida del Ministro preposto o del comitato tecnico di eccellenza. Non sono una voce indipendente di un programma, come può essere la riforma del Fisco. Come non è possibile dotarsi delle migliori e più avanzate tecnologie e pensare di essere diventati più digitalizzati.
La digitalizzazione, l’innovazione e la tecnologia sono lo scheletro che regge la trasformazione dei processi e su cui si sostiene la riprogettazione di come lavora, si muove, interagisce con gli altri un’organizzazione, così come avviene in azienda.
La digitalizzazione è lo strumento che ci abiliterà alle riforme, che permetterà di ripensare la sanità territoriale e il fisco, che darà efficienza alla giustizia, trasparenza all’azione della PA. La digitalizzazione è lo strato tecnico e culturale su cui possiamo ripensare al bilanciamento vita/lavoro, pure questo nel programma Draghi, o al rilancio del Sud, tema sempre attuale, anche per questo Governo.
Per la digitalizzazione nel nostro paese sono stati spesi fiumi di parole: teorie, strategie, formule e troppi pochi fatti. Nel 2015, anche chi scrive si entusiasmò per il documento del Consiglio dei Ministri “Strategia per la crescita digitale 2014-2020”, che si apriva con la necessità di crescita per l’Italia, dallo sviluppo di gran lunga inferiore alla media europea. Da allora la situazione non si è evoluta: se è vero che sono stati fatti molti passi avanti, è anche vero che nel frattempo si sono moltiplicate anche le sfide. L’Italia è ancora tra le ultime Nazioni per digitalizzazione e gravità della crisi: la pandemia ci ha trovati più fragili di quasi tutti gli altri paesi europei.
Il Presidente Draghi ha riportato le previsioni della Commissione Europea sulla recessione del continente: fra poco più di un anno è previsto il recupero dei livelli di attività economica pre-pandemia ma non in Italia, dove non accadrà prima della fine del 2022.
PIL e digitalizzazione sono direttamente correlati: gli anni in cui il PIL nazionale è rimasto stagnante o è arretrato sono gli stessi in cui il processo di digitalizzazione non si è realizzato. La soluzione era ed è puntare sul recupero del terreno perduto nella trasformazione digitale.
Ma non si tratta di finanziare grandi opere, come per le infrastrutture, e creare così ricchezza e lavoro: si tratta di imparare ad usare mentalità e strumenti del mondo dell’innovazione e del digitale che hanno in sé una spinta riformista.
Cambiare le cose, tendere al miglioramento, avere attenzione per le persone e per l’ambiente, promuovere trasparenza e inclusione, sapersi muovere a proprio agio nella complessità: il digitale comprende tutto questo, questioni comuni a tutti i settori di un’organizzazione e così anche di uno Stato.
I passaggi del discorso Draghi sulla digitalizzazione
Il digitale è quindi il fil rouge di moltissimi passaggi del discorso del Presidente:
- Nel recupero dell’esperienza fatta nella didattica a distanza;
- Nella necessità di rafforzare le dotazioni digitali dei centri per l’impiego;
- Nella protezione dell’ambiente che passa anche per le soluzioni digitali;
- Nella revisione dell’ecosistema in cui si sviluppano le attività umane, che deve comprendere investimenti in digitalizzazione e cloud computing;
- Nella risposta al cambiamento climatico e alla pandemia, che dovrà essere una combinazione di politiche che facilitino l’innovazione;
- Nel garantire parità, che significa anche assicurarsi che tutti abbiano eguale accesso alle competenze digitali e tecnologiche;
- Nelle missioni del programma Next Generation EU, in cui rimarranno innovazione e digitalizzazione e le reti di trasmissione 5G
Digitalizzazione, riforma della PA e investimenti pubblici
La capacità e l’autonomia degli amministratori di valutare e affidare i progetti digitali è stata spesso considerata una competenza chiave mancante: ciò ha portato al sovrafinanziamento di progetti ambiziosi, poi naufragati, o allo squilibrio delle proporzioni costi/benefici fortemente sbilanciate sui costi.
Su questo tema, il Presidente Draghi si è espresso sottolineando la necessità di investire sulla preparazione tecnica dei funzionari pubblici per permettere alle amministrazioni di poter pianificare e progettare gli investimenti. Anche in questo passaggio, ha ripreso i temi della tecnologia, citando anche puntualmente la volontà di incoraggiare l’utilizzo di tecniche predittive basate sui più recenti sviluppi in tema di Intelligenza Artificiale.
La Pubblica Amministrazione è fragile: il Presidente ne ha osservato la capacità di adattamento e reazione dimostrata quest’anno con la diffusione del lavoro a distanza e l’utilizzo delle tecnologie digitali a disposizione ma ha sottolineato la necessità di miglioramento del rapporto con il cittadino attraverso i servizi digitali. Ha quindi dato indicazioni molto precise sulla riforma da attuare, che si muoverà lungo due direttrici:
– investimenti in connettività con realizzazione di piattaforme efficienti e di facile utilizzo per i cittadini;
– aggiornamento continuo delle competenze dei dipendenti pubblici, anche selezionando nelle assunzioni le migliori competenze e attitudini in modo rapido, efficiente e sicuro.
Renato Brunetta, Ministro della Pubblica Amministrazione, discusso per le sue posizioni in passato critiche sullo smart working nella PA, è stato anche il riformista promotore della ricetta elettronica e del certificato telematico di malattia nonché della prima impostazione del Fascicolo Sanitario Elettronico. Sostenitore e motore quindi di scelte strategiche lungimiranti basate sulla digitalizzazione.
L’innovazione come motore della Ricostruzione
Il presidente Draghi ha promesso di fare le riforme, necessarie per accedere ai fondi europei, e non solo di gestire un’emergenza. Ha parlato di “ricostruzione”, spingendosi ad un paragone forte con la ricostruzione del Dopoguerra, che vide un boom economico e sociale senza precedenti, spinto dall’innovazione industriale e dal design, così come oggi può essere spinto dal design dei servizi e dalle innovazioni tecnologiche, ancora più sorprendenti di quanto fossero le tecnologie che aprirono l’epoca dei consumi di massa.
Sostenere l’innovazione, però, significa anche saper lasciare andare il passato e, in un Paese fortemente assistenzialista e tradizionalista come il nostro, alcune parole hanno avuto un effetto dirompente, costituendo una sfida necessaria nonché una verità dolorosa e mai detta dalle nostre istituzioni.
Si tratta del passaggio in cui il Presidente Draghi ha affermato che il Governo dovrà proteggere tutti i lavoratori, ma che sarebbe un errore proteggere senza distinzioni tutte le attività economiche: alcune dovranno cambiare, anche radicalmente. La scelta di quali attività proteggere e quali accompagnare nel cambiamento sarà il compito della politica economica italiana nei prossimi mesi.
L’idea è quindi di trattare il digitale come un legante di tutte le riforme e uno strumento di re-design e non come un elenco di grandi opere. Il momento delle grandi opere c’è stato, un momento eccezionale che infatti ha richiesto l’intervento del Commissario Straordinario Diego Piacentini: sono state realizzate SPID, Pago PA, IO, Anagrafe Unica, il cloud della PA, la fattura elettronica.
Il sistema informatico è stato impostato: adesso occorre iniziare ad utilizzarlo per rivedere i processi gestionali e amministrativi e, come nelle aziende, cominciare ad innovare il modo di andare sul mercato e verso i cittadini grazie alle tecnologie.
Il Ministero per l’Innovazione Tecnologica e la Transizione al Digitale, pur senza portafoglio, è guidato da una personalità forte come Vittorio Colao. Il Ministro dovrà supportare i colleghi coinvolti nella transizione digitale, che abbiamo visto essere competenti e potenzialmente molto ricettivi se non propositivi.
Come un Chief Digital Officer nazionale, o meglio come un Responsabile della Transizione al Digitale, dovrà coordinare e orchestrare le attività di tutti. Buon Lavoro, quindi, al Presidente del Consiglio, ai Ministri tutti e al nostro Ministro di riferimento, Vittorio Colao, con l’augurio che arrivi finalmente il momento del Rinascimento Digitale.