Anche gli Usa, come l’Europa, stanno lavorando a una regolamentazione degli asset digitali e stanno valutando l’introduzione del dollaro digitale.
Il presidente Joe Biden a marzo aveva chiesto delle proposte ai Ministeri e alle agenzie interessate (dal Tesoro alla Giustizia, dalla Federal Trade Commission-FTC alla Security & Exchange Commission-SEC) per poter poi deliberare gli interventi normativi[1] e ora ha ricevuto le relazioni. Le decisioni sono nelle sue mani, ma sono tanti e complessi gli aspetti che andranno valutati.
Le frodi sulle criptovalute
Partiamo dal nodo delle frodi. Nelle stime della FTC le frodi sulle criptovalute sono cresciute secondo la dinamica riportata nella figura 1.
Secondo la Casa Bianca, che ha ricevuto in questi giorni le prime nove Relazioni delle Agenzie federali, la capitalizzazione di mercato degli asset digitali a novembre 2021 era superiore ai 3.000 miliardi di dollari, ma nella sola crisi di solvibilità delle stablecoin, ossia delle criptovalute ancorate ad una moneta fiat (di solito il dollaro), a maggio di quest’anno erano stati bruciati 600 miliardi, cosicché se si tiene conto anche della perdita generalizzata delle quotazioni delle monete digitali, la capitalizzazione attuale è precipitata ad un terzo del valore di novembre.[2]
Il marasma della raccolta di fondi per digital asset
Già dal 2018, lo studio del Wall Street Journal, analizzando oltre 1.400 criptovalute, aveva individuato il marasma della raccolta di fondi per digital asset: plagio diffuso, furto di identità e promesse di improbabili rendimenti. Premium Trade, ad esempio, esibiva nel proprio sito web come CEO la foto di tal Idan Cohen “imprenditore di esperienza” insieme a quelle degli altri membri del consiglio di amministrazione, le cui foto erano presenti in altri 500 siti web di diverse aziende con nomi diversi! Ram Rosenfeld, capo-sviluppatore della blockchain dell’azienda, si trasformava in Merritt Donovan esperto di marketing in un altro sito. Le presentazioni delle aziende che raccoglievano i fondi, la cui descrizione del progetto era affidata, come sempre, ad un libro bianco non erano da meno: su 1.450 libri bianche esaminati dal giornale, 111 contenevano sezioni intere copiate di sana pianta da altri libri bianchi. Almeno due dozzine di società promettevano investimenti “senza rischio”, una affermazione esplicitamente vietata dalla SEC, ma riproposta da PlexCorps quando raccolse 15 milioni di dollari con la promessa del 1.354% di profitti in meno di un mese[3].
Più di recente la FTC, nella sua rassegna dedicata alla protezione del consumatore, segnala che dall’inizio dell’anno 2021 i truffatori digitali hanno portato a segno truffe per 1 miliardo di dollari in criptovalute, colpendo 46.000 persone, con un danno di 2.600 dollari pro-capite. In testa troviamo Bitcoin, con il 70%, poi Tether, con il 10%, poi Ether con il 9%, tre delle più diffuse criptovalute.
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La miscela perfetta per avviare e concludere la truffa
La miscela perfetta per avviare e concludere la truffa è: socialnetwork + criptovaluta. Con il socialnetwork si aggancia la vittima, con la criptovaluta la si spenna facendo sparire i soldi e le proprie tracce.
Su cento frodi avviate sui social, il 40% si conclude con una transazione in criptovaluta che risulta di gran lunga il mezzo di pagamento più diffuso per le frodi.
La frode più diffusa (571 milioni) sono le opportunità di investimento fasulle: false promesse di guadagni raccontate a persone sprovvedute. Nei siti, dopo gli investimenti, i malcapitati possono seguire i loro guadagni favolosi, ma sono tutti falsi: quando chiedono la liquidazione gli vengono richiesti altri soldi come fee, e poi non ricevono nulla.
Subito dopo la frode delle false promesse di guadagno vengono le “frodi romantiche” (185 milioni): “questi Casanova della tastiera con la loro supposta ricchezza e sofisticazione, offrono suggerimenti ad investire in cryptovalute e aiuti a fare gli investimenti”[4]. La crescita delle truffe romantiche è esponenziale: nel 2020 salgono di 5 volte e nel 2021 di 25 volte rispetto al 2019, raggiungendo una perdita media di quasi 10.000 dollari: da notare che, a differenza delle truffe a domicilio, qui le vittime sono prevalentemente giovani.
Sono questi dati che hanno spinto il Presidente Biden ad avviare l’attività delle amministrazioni federali per giungere alla regolamentazione del mercato finanziario degli asset digitali e quindi delle criptovalute, e a spingere la FED in direzione della creazione del dollaro digitale. I problemi della sicurezza dell’investimento e della tutela del consumatore, infatti, sono divenuti urgenti con la diffusione delle criptovalute.
Per quanto riguarda, invece, la creazione negli Stati Uniti della Dollaro Digitale, ossia della moneta elettronica emessa dalla Banca Centrale (CBDC), i problemi sono più complessi.
Il dollaro digitale (US-CBDC)
Il documento più importante che ha ricevuto in questi giorni il Presidente è elaborato dall’Office of Science & Technology Policy, l’ufficio che fornisce consulenza all’Esecutivo sugli aspetti scientifici e tecnologici dell’economia e delle politiche della sicurezza, della salute, delle relazioni con l’estero, dell’ambiente, coordinando le amministrazioni coinvolte[5]. Il documento affronta tutti gli aspetti cruciali della creazione della moneta digitale: i partecipanti, la governance, la sicurezza, gli standard, la ricerca, la collaborazione, le opzioni per lo sviluppo. Ma il documento entra nel merito delle opzioni proposte solo dal punto di vista tecnico, non fornisce alcuna indicazione di preferenza di una alternativa rispetto ad un’altra. Le principali opzioni considerate sono: libro mastro decentralizzato o centralizzato, accesso gratuito o oneroso, depositi limitati o illimitati, accesso generale o per diversi livelli di clientela (ad esempio consumatori/aziende), servizi di pagamento solo on-line o anche off-line etc.
Nonostante la rigorosa neutralità dell’analisi, emerge dal documento un quadro che ci consente di provare a prefigurare i principali nodi che l’amministrazione dovrà sciogliere. Ricordiamo che gli obiettivi indicati dall’Ordine Esecutivo per la eventuale creazione del Dollaro Digitale erano:
- efficienza, economicità, sicurezza, rispetto della privacy e facile fruibilità del sistema, al fine di renderlo popolare ed accessibile alla popolazione che oggi non ha accesso al conto bancario o paga elevati fee per le transazioni come le rimesse degli emigrati;
- consolidamento della leadership tecnologica degli Stati Uniti nell’area delle applicazioni finanziarie;
- consolidamento della leadership del dollaro nel sistema finanziario internazionale;
- resilienza del sistema dei pagamenti legato al Dollaro Digitale rispetto ad attacchi terroristici o cyber.
I nodi da sciogliere
Dal documento possiamo ricavare che esistono dei trade-off assai difficili da sciogliere.
Il primo riguarda l’attrattività del nuovo sistema di transazioni con moneta digitale: essa è tanto maggiore quanto più le transazioni sono basate su libri mastri distribuiti e tanto meno centralizzato è il controllo sulle transazioni. Come è noto, sono proprio queste le caratteristiche che spingono all’uso delle criptovalute come Bitcoin, e sono caratteristiche che attraggono sia i tecnologi assatanati, sia i libertari che contestano le istituzioni finanziarie per motivi ideologici, sia coloro che vogliono condurre attività illegali fuori da ogni controllo.
Inoltre, tanto più il sistema sarà centralizzato, tanto meno sarà tutelata la privacy e tanto più facile sarà individuare e reprimere il finanziamento del terrorismo internazionale e prevenire o bloccare i crimini cyber.
Il secondo trade-off riguarda l’impatto del dollaro digitale sugli attuali intermediari.
Essi non vengono necessariamente bypassati dalla valuta digitale della banca centrale, ma il loro ruolo, e quindi i loro margini, potrebbero essere ridotti in misura significativa.
Questa alterazione della redditività delle banche mina la stabilità del sistema finanziario nel suo complesso, poiché le banche ne rappresentano l’attuale ossatura. E questa è una preoccupazione con cui le autorità monetarie fanno i conti. Poiché il dollaro digitale sarà tanto più “popolare” quanto più produrrà disintermediazione finanziaria, ossia riduzione dei costi per i consumatori, è chiaro che un dollaro digitale di successo elimina spazio di mercato per le banche, che sono il principale strumento di trasmissione della politica monetaria della Banca Centrale.
Il terzo trade-off investe la dimensione internazionale del nuovo sistema di pagamenti. Se si vuole perseguire l’obiettivo di rafforzare la leadership tecnologica e finanziaria degli Stati Uniti, il Dollaro Digitale deve essere scambiato sui mercati finanziari globali a velocità elevata e a costi ridotti rispetto agli attuali. Di nuovo emerge il conflitto tra sicurezza ed economicità delle transazioni, quello tra tutela della privacy e affidabilità del sistema, tra bassi costi per le piccole transazioni come le rimesse degli emigrati, e alti costi/alta sicurezza per i clienti business con elevate transazioni.
Conclusioni
È assai probabile che il disegno del sistema prescelto alla fine dall’amministrazione americana finirà con essere ibrido. Vi potrebbero esser diversi livelli di tutela della privacy a seconda del tipo di clientela e anche diverse prestazioni, tra cui in particolare il servizio off-line per le piccole transazioni tipiche di coloro che non hanno accesso continuativo ad internet veloce, ma non per le transazioni cospicue di aziende e professionisti. Il governo potrebbe accettare i pagamenti in dollari digitali per tasse, contributi e per le prestazioni sociali, al fine di raggiungere con il nuovo sistema anche coloro che oggi non hanno il conto in banca, ma dovrebbe investire nella cybersecurity a causa dell’aumentata superficie di attacco che verrebbe a crearsi nella pubblica amministrazione.
Molto incerte rimangono le prospettive sul versante internazionale, sia per quanto riguarda la regolazione degli asset digitali, ed in particolare degli stable coin che più minacciano la stabilità del sistema finanziario: è pensabile che l’amministrazione stringa ulteriormente le briglie a quelli espressi in dollari, che sono la maggioranza, e cerchi di condurli ad una regolazione simile a quella di altri titoli privati di debito. Ma i limiti della giurisdizione rendono complicati questi interventi, poiché i paesi di emissione degli stable coin possono essere diversi dagli Stati Uniti. Qui si rende necessaria la collaborazione con gli altri paesi ad economia liberale, in primis con l’Unione Europea, gli altri paesi anglosassoni, il Giappone e la Corea.
Sempre sul versante internazionale, il dollaro digitale dovrebbe competere con le altre monete digitali delle banche centrali, in particolare con la Cina. La competizione non sarebbe tanto all’interno della Cina, dove non sarebbe consentita, ma nelle aree di influenza economica della Cina: Asia Pacifica, India, America Latina, Africa.
Non è chiaro quanto tempo occorrerà e quali saranno le funzionalità che porteranno al risultato auspicato dall’amministrazione americana.
Forse il ripiegamento su sé stessa della Cina di Xi Jinping potrebbe aiutare al di là degli eventuali successi del Renminbi digitale, che saranno sicuramente raggiunti all’interno della Cina: la proiezione internazionale della finanza cinese, infatti, si sta riducendo e questo potrebbe dare tempo a Biden di cimentarsi nel suo obiettivo più ambizioso[6].
Note
- )The White House, Executive Order on Ensuring Responsible Development of Digital AssetsExecutive Order (EO) 14067, March 9, 2022. ↑
- ) The White House, FACT SHEET: White House Releases First-Ever Comprehensive Framework for Responsible Development of Digital Assets, September16, 2022. ↑
- ) Shane Shiffett, Coulter Jones, Buyer Beware: Hundreds of Bitcoin Wabbes Show Hallmarks of Fraud, The Wall Street Journal, May 17, 2018. ↑
- ) Emma Fletcher, Reports show scammers cashing in on crypto craze, Federal Trade Commission, June 3, 2022. ↑
- ) Office of Science and Technology Policy, Technical Evaluation for a U.S. Central Bank Digital Currency System, The White House, September 2022. ↑
- ) Hung Tran, Slow growth exacerbates China’s financial stability risks, Atlantic Council, July 26, 2022. ↑