La Fatturazione Elettronica B2b in Italia già esiste (e da molti anni). Si è sviluppata ed è diffusa oggi principalmente all’interno di alcuni contesti di filiera: nel Largo Consumo, nell’Automotive, nel Materiale Elettrico, nell’Elettronica di consumo e nel Farmaceutico. Secondo le stime dell’Osservatorio Fatturazione Elettronica e Dematerializzazione, il numero di Fatture in formato elettronico strutturato scambiate via EDI (quindi a tutti gli effetti Fatturazione Elettronica B2b) nel 2014 è pari a 30 Milioni e coinvolge circa 10.000 imprese. A queste si aggiungono oltre 60.000 imprese che condividono, invece, informazioni e documenti – tra cui le proprie fatture – via Web, tramite una Extranet o un Portale B2b. Diffusione interessante nelle realtà più grandi e strutturate (con tassi di diffusione prossimi al 40%), ma evidentemente limitata se confrontata con i 5 milioni di partite iva “attive” che caratterizzano il nostro sistema economico. Un sistema che oggi è ben lontano dal potersi definire digitale.
Non si può, quindi, che guardare con interesse al sistema di incentivi che il legislatore sta mettendo in campo per stimolare l’adozione della Fatturazione Elettronica nelle relazioni tra imprese, con il Decreto Legislativo 5 agosto 2015, n. 127.
L’approccio è di valore in quanto indica la direzione giusta: far leva sulla semplificazione dell’attuale sistema burocratico che circonda il rapporto tra contribuenti e Fisco. In linea con l’impostazione dell’OCSE, il Fisco si trasforma, da verificatore a facilitatore – proprio attraverso la tecnologia – degli adempimenti fiscali, per minimizzare, a tendere, i controlli invasivi. Le imprese, d’altro canto, hanno la possibilità – all’interno di un sistema volontario e premiale – di essere più trasparenti e collaborative. Potranno essere, così, esonerate da una serie di obblighi (tra cui l’invio dello Spesometro, le comunicazioni delle operazioni con i Paesi inseriti nella Black-list, l’invio dei modelli INTRASTAT limitatamente agli acquisti di beni e alle prestazioni di servizi ricevute) e beneficiare di alcune facilitazioni (rimborsi IVA eseguiti in via prioritaria entro tre mesi dalla presentazione della dichiarazione annuale e riduzione di un anno dei termini di accertamento in materia IVA e di imposte dirette). A patto di condividere con il Fisco le Fatture emesse o i dati delle Fatture portate in archiviazione.
Senz’altro di valore è anche la scelta – dichiarata dal Legislatore – di voler compiere un ulteriore passo nella direzione della diffusione della Digitalizzazione dei processi in tutte le organizzazioni, pubbliche e private, del nostro Paese. L’obbligo di Fatturazione Elettronica verso la PA è stato elemento di innesco per un percorso verso il digitale: un innesco che è fondamentale venga rinforzato, anche nelle relazioni tra privati. Se non sono poche le imprese, soprattutto tra i più grandi fornitori della PA che hanno visto nella Fatturazione Elettronica verso la PA un importante stimolo innovativo per rivedere i propri processi, non sono state molte – in particolare tra le realtà medio-grandi e in quelle più piccole – le imprese che hanno saputo cogliere questa opportunità. La Fatturazione Elettronica B2b – anche attraverso il servizio gratuito, rivolto in particolare alle imprese più piccole, che l’Agenzia delle Entrate metterà a disposizione dall’1 luglio 2016 – può essere una “seconda” occasione, almeno per toccare direttamente anche le imprese più piccole e, da lì, tornare a innescare dinamiche di digitalizzazione B2b (in fondo, la presenza di più cicli attivi digitali portano a più opportunità di cicli passivi digitali). Se ben concepita, quindi, l’innovazione della Fatturazione Elettronica B2b non solo potrebbe incrementare significativamente il numero delle Fatture Elettroniche strutturate che circolano nel nostro Paese ma, soprattutto, potrebbe stimolare le dinamiche di relazione digitali tra imprese.
Approccio e intenti ultimi di valore, tuttavia, oggi mostrano anche la presenza di qualche “se”, sull’altro piatto della bilancia.
Se si vuole stimolare un processo di alfabetizzazione e di apprendimento premiale, il contribuente dovrebbe vedersi proporre – e successivamente riconoscere – incentivi reali. Quelli proposti (secondo il Decreto Legislativo 127) sembravano andare nella direzione auspicata e contribuire alla realizzazione di un nuovo rapporto tra Fisco e contribuenti, se non che alcuni di questi – per esempio, le riduzioni dei termini di decadenza in materia di accertamenti IVA e di imposte dei redditi – sono già venuti meno con l’approvazione della Legge di Stabilità 2016. Il Viceministro Zanetti, in una delle ultime dichiarazioni, ha definito gli incentivi “adeguati a questa fase di start up”, senza negare la possibilità che saranno ulteriormente intensificati: corretto, ma attenzione che la fase di start-up non venga condizionata dalla limitata efficacia dello strumento che si intende sperimentare. E per potenziare l’effetto di incentivi un po’ indeboliti, si è ipotizzato di introdurre anche meccanismi “penalizzanti” per le imprese che non opteranno per la Fatturazione Elettronica nelle relazioni tra privati.
Se l’obiettivo è stimolare l’innovazione digitale dell’intero Sistema Paese, non è opportuno – anzi, può risultare controproducente – eccedere sulla sola fase di Fatturazione. Come Osservatorio Fatturazione Elettronica e Dematerializzazione, l’abbiamo detto in più occasioni: è corretto guardare al documento Fattura, perché è un documento cardine nelle relazioni tra partner di business, è soggetto a rilevanza fiscale ed ha un importante valore sul profilo giuridico. Limitarsi a stimolare la sola digitalizzazione delle Fatture, enfatizzandone e premiando la finalità fiscale di questa digitalizzazione e non inserendo il tutto in un disegno di processo, può però ridurre gli importanti benefici che si possono ottenere dalla completa digitalizzazione dell’intero ciclo Ordine-Pagamento. Ci sono molteplici esempi da cui il legislatore può trarre spunto, con tutto l’interesse di preservare e amplificare i risultati conseguiti: si tratta dei contesti di filiera già citati, in cui le imprese hanno già affrontato la problematica dell’intero ciclo dell’Ordine, agendo sui principali documenti (la Fattura, il DDT, gli Ordini ecc.) e digitalizzando le relazioni con un numero via via crescente di clienti e/o fornitori. E guardando alle esperienze delle PA, in questa direzione più ampia si è mossa per esempio la Regione Emilia Romagna, digitalizzando l’intero processo di relazione tra PA (Regione e Sanità) e fornitori.
Conservando la giusta prospettiva, di processo, la Fatturazione Elettronica B2b può divenire un importante strumento di stimolo all’innovazione digitale del Paese – istituzioni e imprese – anche superando l’efficacia che in questo campo ha avuto la Fatturazione Elettronica verso la PA. Oggi, però, parlando di Fatturazione Elettronica B2b viene in mente una bilancia che oscilla tra opportunità “ghiotte” – di semplificazione e recupero di efficienza – e stimolo alla crescita digitale del Paese e un modello incerto – basato su un sistema di incentivi che rischia di risultare aleatorio (per non dire inconsistente) e distogliere dalla vista dell’intero processo B2b: da un lato l’opportunità attesa per un rilancio della digitalizzazione del Paese, dall’altro l’indebolimento delle aspettative per stimolare ancora il cambiamento. Siamo oggi nella fase in cui è ancora possibile decidere di dare “più peso dalla parte giusta della bilancia”: il nuovo rapporto tra imprese e legislatore potrebbe proprio partire da qui. E continuare, poi, con un percorso fatto di reingegnerizzazione, in chiave digitale, dei processi: perché le singole organizzazioni e l’intero Sistema Paese possano guadagnare in competitività, all’interno del – sempre più concreto – Mercato Unico Digitale Europeo.