La recente call dell’Agid per la costituzione di una task force sull’Intelligenza Artificiale è in linea con quanto sta accadendo in Europa e negli Stati Uniti.
Argomenti relativi ad ancora grosse sfide di ricerca in ambito accademico o nei più importanti centri di ricerca industriali, quali il Cognitive Learning, il Natural Language Processing, Automatic Reasoning, vengono esplicitamente indicati da Agid come “alcuni dei possibili utilizzi di strumenti di IA,(…) che possono aumentare e migliorare la qualità e l’efficienza della pubblica amministrazione, riducendo la curva di apprendimento e adattandosi in modo più efficace ai cambiamenti tecnologici che ci circondano”.
Obiettivo della task force è a tutti gli effetti un primo studio di fattibilità: “Studiare le nuove tecnologie di IA per comprendere come la loro diffusione possa incidere nella costruzione di un nuovo rapporto tra Stato e cittadini e analizzare le conseguenti implicazioni sociali relative alla creazione di ulteriori possibilità di semplificazione, informazione e interazione”. Insomma un obiettivo ambizioso. Ma finalmente moderno.
Se ci rifacciamo alla storia dell’Informatica e dei moderni Sistemi Informativi, la maggior parte dei governi occidentali si sono posti da anni un problema serio: come l’uso delle nuove tecnologie può fornire un servizio migliore ai cittadini, alle imprese e ad altre organizzazioni nel settore pubblico. Nasce anche una nuova parola: “e-government” o “e-gov”, parola tutt’oggi ancora tutta scoprire, ma che si è limitata troppo spesso alla presenza su web – oggigiorno sui social network – di informazioni strategiche tra la PA e il singolo cittadino. In altri termini, tutto – diremmo – online per favorire trasparenza e democrazia.
Ma proprio da questo stato dell’arte nasce una prima importante considerazione, ahimè ben nota agli esperti del settore: un eccesso di informazione è un problema, non aiuta e anzi potrebbe essere controproducente.
Manca un pezzettino ancora, ma profondamente importante. Jeffrey O-Brien, in un brillante articolo su Fortune di qualche anno fa, affermava che si avverte l’esigenza di passare dalla “ricerca” dell’informazione al concetto di “discovery”: la scoperta avviene quando qualcosa di inaspettato ma adeguato a quello che cerchi … ti trova. E’ un cambio di paradigma che solo le tecniche di Intelligenza Artificiale possono assicurare. Non è più il cittadino che deve cercare le informazioni dalla PA, ma è l’informazione che ti viene a cercare. Quello che alcuni studiosi chiamano anche lo stadio “percettivo” dell’e-government. O, se si vuole, intelligente.
Lo studio di fattibilità è dunque non solo benvenuto ma direi profondamente necessario per una PA efficiente ed efficace.
Immaginate un Sistema che impara dall’esperienza passata, fa dei ragionamenti e decide ad esempio chi tra i cittadini può essere interessato ad una particolare legge, ad un particolare beneficio, ad una certa azione: e ti viene a cercare, dicendoti come, cosa e quando fare, magari assistendoti personalmente, oppure25 o ancora raccomandandoti nuovi abitudini e stili di vita.
Si sa, l’IA può migliorare l’e-government su tre fondamentali coordinate: esso è utile per a) migliorare la produttività dei lavoratori della PA. b) per estrarre informazioni e conoscenza dai dati, per fare predizioni, interagire con i cittadini e in altre parole, adattare i servizi al cittadino e non viceversa. c) migliorare la trasparenza e la democrazia con e nella PA.
Nota Bene: lo studio dell’IA e l’introduzione di nuove tecnologie, da sole non bastano: presuppone il passaggio già avvenuto da tanti “sistemi” monadi a un unico sistema virtualmente unico e interoperabile. Ma proprio questo Sistema della PA diventerebbe la sorgenti di dati privilegiata su cui la Big Data Analytics ed in particolare la Prediction potrebbero ridurre in modo significativo ed in parte aiutare ad automatizzare l’interazione tra la PA e tutte le terze parti coinvolte.