Pa digitale

eGov flop: 700 mln investiti, scarsi risultati

I motivi di quello che finora è stato un buco nell’acqua. Solo il 22 per cento dei cittadini usa servizi eGovernment. Il problema va risolto con una strategia multicanale. E’ quello che vogliono gli utenti

Pubblicato il 14 Dic 2012

Giuliano Noci

Politecnico di Milano

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Mai come in questi giorni si è dedicata tanta attenzione al tema dell’ammodernamento della Pubblica Amministrazione attraverso la digitalizzazione dei suoi servizi: chi lo sostiene per la necessità di ridurre la spesa pubblica, chi per aumentare la qualità dei servizi offerti al sistema dell’utenza (cittadini e imprese).

In verità il tema dell’eGovernment è entrato nell’agenda del Paese da più di dodici anni; sono anche stati investiti molti soldi: oltre 700 milioni di euro facendo riferimento solo ai programmi varati dai Governi che si sono succeduti dal 2003 in avanti. In verità i risultati ottenuti sul piano dell’utilizzo sono ancora modesti: secondo l’Eurostat, nel 2011 solo il 22% dei cittadini italiani ha utilizzato servizi di eGovernment; in questo l’Italia, si collocherebbe al penultimo posto in Europa.

Quali le ragioni di questa distonia tra attenzione e investimenti e livelli di utilizzo dei servizi di eGovernment? I più sostengono che si tratta di un tema di digital divide – ovvero della grave carenza, in molte aree del Paese, di infrastrutture di telecomunicazione a banda larga -; altri giustificano la situazione attuale puntando il dito anche su fattori di carattere culturale: della serie, le Pubbliche Amministrazioni italiane presentano livelli di digitalizzazione inadeguati.

C’è del vero in entrambe le posizioni. Osservo tuttavia che anche nei casi in cui è possibile effettuare la transazione online (penso al pagamento di una multa, di tributi specifici a livello locale, ottenere un certificato, ecc.), cittadini e imprese hanno reagito con timidezza rispetto all’offerta su Internet; questo non vuol dire, ad esempio, che non hanno corrisposto i pagamenti quanto piuttosto che si sono rivolti ad altri canali: gli uffici della PA o sportelli fisici di altri soggetti in cui è possibile gestire la transazione.

Come spiegare questo atteggiamento? Molto semplice: cittadini e imprese preferiscono ricorrere ai loro “punti di contatto” abituali: una recente ricerca condotta nell’ambito dell’Osservatorio eGovernment del Politecnico di Milano ha, ad esempio, evidenziato, con riferimento al pagamento dei tributi, che gli utenti sono maggiormente propensi a ricorrere agli uffici postali (50,2%) e le Banche (47,1%) nel caso ne fosse data la possibilità; seguono poi gli Uffici della PA (45,8%) e gli esercizi pubblici autorizzati (35,1%) come tabaccherie e farmacie. Molto interessante è osservare che il canale Web – rappresentato da siti di Enti pubblici, di altri soggetti che offrono servizi per la PA (Poste, Lottomatica, ACI, ecc.) e home banking -, viene scelto “solo” dal 21% degli utenti, anche se una parte di cittadini sarebbe disposta a effettuare pagamenti verso la PA anche attraverso i Social Network (11,5%) e i siti di eCommerce (6,5%), percepiti come un’opportunità aggiuntiva. In tutto questo, le banche (compreso l’home banking) e le tabaccherie sono associate alla praticità e alla comodità, mentre gli uffici della PA sono scelti, tanto per i pagamenti quanto per i certificati, per il supporto informativo e la garanzia di buon esito, cui si aggiunge, per i siti internet gestiti dalla PA, la possibilità di archiviazione razionale.

Questo vuol dire che non c’è futuro in Italia per l’eGovernment? Tutt’altro! Occorre però concepire un’offerta multicanale; in questa prospettiva, l’incremento del livello di servizio e i risparmi auspicati da più parti sono obiettivi certamente raggiungibili, ma solo se il sistema della Pubblica Amministrazione italiana progetterà i servizi tenendo conto delle esigenze dell’utenza: in questo caso, degli approdi privilegiati dall’utenza con riferimento ai differenti servizi. E, questi, almeno a oggi, non coincidono sempre con il sito web dell’ente chiamato in causa.

In sintesi, è quanto mai importante, che si affermi nella PA una visione user-centric: oserei direi di marketing. Il che vuol dire che è fondamentale rendere disponibile i servizi nei cosiddetti poli caldi dell’interazione – ovvero dove cittadini e imprese lo trovano comodo – e, in secondo luogo, orientare la progettazione digitale secondo criteri di semplicità; altrimenti il nuovo, in sé e in quanto tale, non rappresenta un’attrattiva sufficiente a giustificare cambiamenti nelle abitudini, spesso molto radicate, di interazione con il sistema della PA.

Mi si permetta insomma di chiudere questa mia breve riflessione con una provocazione: se oggi la maggior parte degli utenti si dichiara propenso a utilizzare i servizi online erogati dalla Pubblica Amministrazione al pari di quanto lo sarebbe se questi fossero resi disponibili via Facebook, è sensato continuare a investire solamente per portare l’interazione sui siti Web della PA? Queste ultime non hanno, infatti, bisogno di incrementare la loro audience quanto di risparmiare e offrire un servizio.

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