Il rapporto eGovernment benchmark 2019 della Commissione Europea fotografa una situazione di generale evoluzione della digitalizzazione dei servizi pubblici nei paesi europei, ma in un contesto di insufficiente sicurezza e di scarsa semplicità di fruizione da parte dei cittadini, soprattutto in considerazione di una presenza non ancora adeguata di competenze digitali.
Da questo punto di vista ci sono ampi margini di miglioramento per centrare l’obiettivo principale, che è quello di rendere facili le interazioni dei cittadini con le amministrazioni, attraverso servizi digitali pubblici di qualità, facili da utilizzare e utilizzati, ma anche grazie al pieno utilizzo dei dati in possesso delle amministrazioni, non solo per evitare di richiederli più volte ai cittadini (e quindi rispettare il principio “Once only” affermato anche nella dichiarazione di Tallinn) ma anche per rendere del tutto automatici alcuni flussi, riducendo per cittadini e imprese le necessità di interagire.
In questo quadro, l’Italia mantiene una prestazione generalmente in linea con la media europea, ma con una penetrazione nell’utilizzo dei servizi digitali pubblici tra le più basse e anche al di sotto delle potenzialità legate alle caratteristiche del paese.
Un segnale positivo arriva anche dall’ultima bozza della Legge di Bilancio che stanzia 34 milioni per il ministero dell’Innovazione: forse il primo segnale che il pressing della ministra Pisano, sulle risorse carenti, sta avendo un qualche risultato.
Ma entriamo un po’ più in dettaglio.
Cosa misura (e come) l’eGovernment benchmark
L’eGovernment benchmark valuta le aree prioritarie del piano d’azione eGovernment 2016-2020, attraverso indicatori compresi in quattro benchmark:
- User centricity, che misura la disponibilità online di un servizio, la sua compatibilità mobile e la sua usabilità (in termini di supporto online disponibile e meccanismi di feedback);
- Trasparenza, che misura la trasparenza delle amministrazioni sul processo di erogazione del servizio, sulle responsabilità, sui risultati ottenuti e sui dati personali trattati nei servizi pubblici;
- Mobilità transfrontaliera, che misura quanto gli utenti dei servizi pubblici di un altro paese europeo possono utilizzare i servizi online;
- Abilitatori chiave, che misura la presenza delle pre-condizioni tecniche e organizzative per la fornitura di servizi di eGovernment.
Questi indicatori vengono misurati prevalentemente utilizzando il sistema del “mistery shopping” con alcuni utenti (due per ciascuno Stato, forse un po’ pochi) appositamente formati e seguiti nella valutazione degli elementi di benchmark declinati negli “eventi della vita” delle imprese (avvio ed esercizio delle attività) e dei cittadini (perdere e trovare un lavoro, studiare, gestire questioni familiari, avviare una piccola procedura di reclamo, trasferirsi, possedere e guidare un’auto).
Gli eventi vengono valutati nell’ambito di un ciclo biennale, per cui la valutazione complessiva è sempre una media delle rilevazioni degli ultimi due anni.
Sono previsti anche dei test automatici per la valutazione della sicurezza dei siti pubblici e per la qualità delle applicazioni su smartphone (“mobile friendness”).
Il rapporto include anche un “esercizio di apprendimento comparativo”, utile per fornire a ciascun paese europeo ulteriori elementi per il miglioramento: i risultati della “digitalizzazione” dei servizi pubblici, che si ricavano con i quattro benchmark di primo livello, vengono messi in correlazione con l’indice di penetrazione (basato su indicatori DESI) per valutare il livello di maturità dell’egovernment. Questi risultati sono infine confrontati con le “caratteristiche di contesto dei Paesi”, espresse in termini di utenti (competenze digitali e uso delle tecnologie), amministrazione pubblica (qualità – anche normativa – e apertura), infrastrutture (connettività e livello di digitalizzazione delle imprese), e misurate con indicatori DESI, della World Bank, di Transparency International. Il confronto consente di valutare se le prestazioni di un paese sono inferiori o superiori a quelle che ci si aspetta sulla base delle sue caratteristiche.
Principali evidenze dall’eGovernment benchmark 2019
Complessivamente, le prestazioni dei paesi europei sono in aumento (con una media complessiva superiore al 65% nei paesi UE28+) e le principali evidenze sono relative ai miglioramenti negli indicatori di trasparenza e degli abilitatori chiave. Nel 2019 il divario tra la migliore e la peggiore prestazione dei paesi è di 42 punti percentuali, molto significativa, ma con una riduzione di 11 punti rispetto agli anni 2012-2015.
I paesi con migliori prestazioni sono Malta, Estonia e Austria, seguiti da vicino da Lettonia, Lituania e Finlandia.
Tutti i paesi conseguono buoni risultati nella user centricity (85%), mostrando i frutti degli sforzi dei paesi UE28+ nel fornire una versione mobile dei servizi disponibili online. La mobilità transfrontaliera ha riportato il punteggio medio più basso (53%) tra le quattro aree di benchmark, fattore che evidenzia come i cittadini europei non possano utilizzare i servizi di eGovernment negli altri paesi dell’Unione, ad eccezione del servizio che permette la ricerca di informazioni. Sono medi i valori dei punteggi sugli abilitatori chiave, come identità e documenti digitali (58%) e sulla trasparenza (62%), evidenziando come non siano ancora pienamente soddisfatte le richieste degli utenti di servizi descritti in modo chiaro e di maggiore sicurezza nello scambio di documenti online. Il rapporto evidenzia tra l’altro come la fiducia nell’amministrazione sia sempre più importante per la fruizione dei servizi digitali.
Dalla valutazione degli eventi della vita misurati nel 2018 emergono alcune osservazioni che il rapporto evidenzia in modo specifico:
- è facile trovare i servizi sul sito web principale delle amministrazioni e gli utenti possono quasi sempre trovare informazioni generali sui servizi online. Tuttavia, la descrizione è più chiara per i servizi alle imprese che per i servizi ai cittadini, dove sono carenti le informazioni sulla durata, le scadenze di risposta e lo stato delle pratiche;
- un terzo dei servizi pubblici non è ancora disponibile online;
- un terzo dei siti web pubblici (e che contengono servizi di egovernment) non è ottimizzato per la fruizione con dispositivi mobili;
- la sicurezza informatica non è soddisfacente e i siti web pubblici sono vulnerabili. Nessuno dei siti analizzati (oltre quattromila) ha superato tutti i test di sicurezza somministrati;
- si sta diffondendo la possibilità di utilizzare un’unica identità digitale nazionale, il che consente un’autenticazione sicura e affidabile di cittadini e imprese, oltre che una semplificazione nell’accesso ai servizi online;
- la pre-compilazione di moduli con informazioni già in possesso alle amministrazioni viene effettuata in un numero ancora ridotto dei servizi;
- l’accesso ai dati personali è, in generale, ben organizzato, ma le spiegazioni su come vengono utilizzati i dati personali hanno ampi margini di miglioramento;
- le amministrazioni in gran parte offrono la possibilità di fornire feedback e presentare reclami, ma la comunicazione potrebbe essere ulteriormente migliorata con la disponibilità di caselle postali digitali personali, risparmiando così tempo e carta.
Insomma, tanto è stato fatto, ma ancora molto è da fare soprattutto sul fronte dei servizi ai cittadini.
La matrice di benchlearning
Nella matrice che correla Digitalizzazione e Penetrazione sono stati individuati quattro quadranti rispetto alla maturità dell’eGovernment:
- nel “fruttuoso” troviamo Estonia, Finlandia, Svezia, Paesi Bassi, Danimarca, Lituania, Lettonia, Spagna, Francia e Austria;
- nell’”espandibile” (dove la bassa penetrazione limita gli effetti di un’alta digitalizzazione) troviamo Malta, Portogallo, Lussemburgo e Belgio;
- nel “non sfruttato” (dove la bassa digitalizzazione non consente di soddisfare le aspettative di cittadini molto propensi alla fruizione) si situano Regno Unito e Romania;
- nel “non consolidato” (con penetrazione e digitalizzazione inferiori alla media UE) si affiancano all’Italia paesi come Bulgaria, Croazia, Cipro, Repubblica Ceca, Germania, Grecia, Ungheria, Polonia, Slovacchia e Slovenia.
Con qualche eccezione (Malta, Romania) i paesi ottengono sul fronte della digitalizzazione e della penetrazione dell’eGovernment risultati inferiori o pari rispetto a quelli che le caratteristiche di contesto potrebbero indicare: lo sviluppo dell’eGovernment affronta problematicità più elevate di quelle relative al generale sviluppo del digitale. E il tema della fiducia diventa fondamentale.
Le raccomandazioni del rapporto
Avendo come priorità di riferimento l’attuazione dei “principi di Tallin” (“digital by default”, inclusione e accessibilità, “Once only”, Fiducia e sicurezza, Apertura e Trasparenza, interoperabilità by default), il rapporto include alcune raccomandazioni per incrementare l’utilizzo dei servizi online da parte dei cittadini:
- aumentare gli investimenti in competenze e accessibilità per garantire una società digitale inclusiva ed evitare il ristagno nell’uso del governo elettronico. La percentuale di persone con competenze digitali di base si è mossa pochissimo dal 2016 e oltre il 40% degli europei non è in grado di utilizzare i servizi di eGovernment;
- aumentare la centralità dell’utente aderendo ancora di più ai principi di progettazione e messa in esercizio dei servizi pubblici digitali;
- migliorare il riuso dei dati grazie a una maggiore trasparenza e controllo su tali dati da parte del cittadino, per aumentarne la fiducia. Un maggiore controllo sui dati personali è una misura essenziale e l‘Europa deve passare alla “trasparenza by default“ quando si tratta di dati personali, consentendo a tutti i cittadini di essere in grado di vedere chi ha consultato e utilizzato i propri dati personali, quando e per quale scopo – e grazie a questo anche autorizzare l’accesso a entità pubbliche;
- investire sulla sicurezza dei servizi di eGovernment. Infatti, tutti i siti Web in otto eventi della vita (sono state analizzate oltre 4.400 url) sono a serio rischio poiché nessun url ha superato tutti i test eseguiti. Si espongono così i cittadini a rischi di frode o comunque di essere vittima di reati;
- investire nell’ottimizzazione contemporanea della domanda e dell’offerta. Ciò implica non solo lavorare sul modo in cui i servizi vengono erogati online e sui requisiti tecnici, ma “fa anche appello alla capacità dei governi di rendere i loro cittadini e le loro imprese capaci, disponibili e fiduciosi di aumentare la loro partecipazione ai servizi pubblici digitali e, soprattutto, consentendo a tutti di partecipare”. Su questo fronte i paesi europei devono investire di più, dato il livello di penetrazione raggiunto non ancora adeguato (la media europea dell’indice è il 57%).
Situazione dell’Italia
Il valore dell’indice complessivo sulla digitalizzazione (67%) è in linea con il valore medio europeo (68%), e in particolare sono rilevanti i risultati su
- user centricity, con un valore (91%) in crescita (l’indicatore di mobile friendness cresce di 14 punti) e superiore di 7 punti rispetto alla media europea, con una usability del 98%;
- mobilità transfrontaliera per il business, con un valore superiore alla media europea, grazie anche a un livello di usabilità del 100%, mentre rimane il ritardo sul fronte dell’identità digitale.
Sono da valutare con attenzione le prestazioni su
- trasparenza, dove il valore è superiore alla media europea, ma è il frutto di prestazioni positive sul fronte dei dati personali, dell’organizzazione amministrativa, mentre sul service delivery (e quindi anche la facilità di trovare il servizio per fruirne) il ritardo sulla media europea è superiore agli 11 punti percentuali;
- abilitatori chiave, con un valore composito superiore alla media UE, ma dove a una gestione elettronica documentale matura si affiancano dei ritardi sull’identità digitale e sulle “fonti autentiche” dei dati, precondizione per il principio “Once only” e per l’automatizzazione dei servizi, dove ha un peso fondamentale lo stato del progetto ANPR.
Infine, sono decisamente negativi i valori sulla mobilità transfrontaliera per i cittadini, con un valore del 29% molto inferiore alla media europea (47,5%) e che denota una sostanziale disattenzione governativa su questo fronte.
Se il livello di digitalizzazione complessivamente è coerente anche le caratteristiche del paese sul fronte dell’apertura dei dati e delle informazioni, della digitalizzazione delle imprese, della diffusione della banda larga, per il livello di penetrazione la situazione cambia, in negativo. Non soltanto perché per livello di penetrazione dell’eGovernment l’Italia ha dietro solo la Grecia (con un valore del 28% contro la media UE del 57%), ma anche perché si riscontra una situazione di sostanziale sotto-prestazione dell’Italia: la fruizione dei servizi di eGovernment è più bassa di quanto le condizioni di contesto (es. utilizzo delle tecnologie, competenze digitali), anche se non positive, permetterebbero.
Quali priorità per l’Italia
In un quadro generale positivo di miglioramento, il rapporto ci fornisce conferme sulle priorità di azione ma anche indicazioni per interventi forse non ancora saliti al livello adeguato di attenzione:
- come conferme, emergono i temi dell’identità digitale e di Anpr;
- come indicazioni di aree su cui occorre maggiore spinta (in termini di risorse, di competenze e di commitment) risaltano principalmente la cybersecurity (dove è molto positiva l’azione in corso di CERT-PA sulla piattaforma nazionale di contrasto agli attacchi) e le aree incluse nelle caratteristiche di contesto, e sulle quali occorre agire per favorire la digitalizzazione e la penetrazione. In particolare, un peso importante ha la qualità dell’amministrazione, dal punto di vista dei processi normativi, dell’efficacia e della reputazione, tutti elementi misurati dalla Banca Mondiale.
L’ultima riflessione è per il livello molto basso di penetrazione. Come si legge nel rapporto, “un paese può migliorare il livello di penetrazione aumentando il numero di persone che presentano moduli ufficiali online alle autorità amministrative o automatizzando i processi e richiedendo meno moduli ai cittadini.”
Questo significa portare avanti organicamente almeno quattro tipi di intervento, già avviati:
- sulle competenze digitali e funzionali, facendo sì che i cittadini siano nelle condizioni di fruire dei servizi online (e qui i progetti avviati dagli aderenti al manifesto Repubblica Digitale sono un primo passo importante di una iniziativa la cui evoluzione diventa un’ambizione necessaria);
- sulla semplificazione dei servizi pubblici online, facendo sì che ci sia un percorso tracciato per la digitalizzazione dei servizi della pubblica amministrazione (e qui convergono le attività anche in ambito di riuso, da parte di TeamDigitale e AgID);
- sulla logica dei servizi digitali pubblici, per indirizzare l’automatizzazione dei processi e l’interoperabilità dei dati in modo mirato;
- sulla governance, in particolare per rendere omogenea la diffusione dei servizi al livello locale, completando quanto delineato nel Piano triennale rispetto al ruolo dei soggetti aggregatori.
La nuova governance, la riforma dell’Agenzia per l’Italia digitale
Il tutto nell’ambito della nuova governance che va definendosi a livello centrale, con il Dipartimento per la Trasformazione Digitale (che sarà avviato a gennaio 2020), la società PagoPA e con la rimodulazione delle competenze di AgID, per cui è da poco stata pubblicata la manifestazione di interesse per il nuovo direttore generale.
Come rileva il rapporto, è “importante garantire una società inclusiva alla quale tutti possano partecipare. Gli investimenti continui da parte dei governi per aumentare la prontezza dei cittadini e delle imprese sono essenziali” e “richiedono un’attuazione specifica dell’Agenda europea per le competenze”. Ottimi spunti per una strategia ambiziosa come quella delineata dalla ministra Paola Pisano, che ha bisogno di adeguate risorse.
Nuovi fondi ministero Pisano
Una buona notizia, quindi, che l’ultima bozza della legge di bilancio stanzi 6 milioni per il 2020, 8 milioni per il 2021 e 10 milioni dal 2022 per il rafforzamento strutturale dei processi di innovazione tecnologica e di digitalizzazione di competenza del Dipartimento per la trasformazione digitale della presidenza del Consiglio dei ministri.
La norma prevede anche altri 5 milioni annui per il biennio 2020 e 2021 per l’avvio della realizzazione delle azioni, delle iniziative e dei progetti connessi e strumentali all’attuazione dell’Agenda, in coerenza con gli obiettivi dell’Agenda digitale europea, nonché per le azioni, le iniziative ed i progetti di innovazione e delle connesse attività di comunicazione.