l'approfondimento

EGovernment in Italia: quadro normativo e tecniche di valutazione degli interventi

Di cosa parliamo quando parliamo di eGovernment? Come agisce sulle relazioni esterne e interne alla PA? Facciamo il punto sulle fasi normative che ne hanno guidato l’evoluzione dagli anni ’90 a oggi; il CAD e le competenze e gli strumenti di valutazione e governo degli interventi

Pubblicato il 09 Feb 2023

Annarosa Mallozzi

Senior IT Architect for

egovernment

L’e-Government è l’applicazione dei principi e degli strumenti delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (Information and Communication Technologies o ICT) alle funzioni e ai procedimenti amministrativi pubblici con lo scopo di:

  • accrescere l’efficienza dei processi interni alle amministrazioni pubbliche, generando risparmi di spesa;
  • migliorare l’offerta dei servizi pubblici verso cittadini ed imprese, sostenendo la produttività del settore privato e riducendo i costi per gli utenti;
  • favorire la trasparenza dell’agire amministrativo permettendo di stabilire migliori relazioni tra amministrazioni da una parte e cittadini e imprese dall’altra.

Trasformazione digitale, i punti da cui partire e cosa rafforzare

In generale, l’e-Government rappresenta il processo di trasformazione che, grazie all’introduzione e all’utilizzo delle ICT, permette di migliorare ed efficientare tutte le relazioni tra i principali attori in gioco che sono le amministrazioni pubbliche (Government), i cittadini (Citizen), gli impiegati presso le amministrazioni pubbliche (Employee) e le imprese (Business). Illustriamo di seguito alcuni vantaggi della digitalizzazione all’interno di ciascuna relazione:

  • Government-to-Government (G2G): sfruttando strumenti e standard forniti dalle ICT e grazie anche a linguaggi e modalità condivise (interoperabilità), le amministrazioni pubbliche possono facilmente interagire tra loro, efficientando l’intero processo amministrativo e riducendo gli sprechi grazie anche alla dematerializzazione delle comunicazioni e dei procedimenti;
  • Citizen-to-Government (C2G) e Government-to-Citizen (G2C): grazie ai servizi online e ai canali digitali di comunicazione, i cittadini hanno facile accesso alle informazioni pubbliche e possono agevolmente interagire con le amministrazioni al fine di poter istanziare richieste, monitorarne l’avanzamento, inviare comunicazioni, segnalazioni, etc. A loro volta, grazie ai servizi e alle informazioni disponibili online, le amministrazioni comunicano in modo efficiente con cittadini e imprese, sia per gli obiettivi di trasparenza che per l’espletamento dei procedimenti amministrativi;
  • Employee-to-Government (E2G) e Government-to-Employee (G2E): i dipendenti pubblici sfruttano strumenti e applicazioni informatiche nell’ambito del proprio lavoro (es. Smart Working) e per lo sviluppo delle conoscenze e competenze (es. eLearning). A loro volta, le amministrazioni pubbliche possono interagire con i propri dipendenti attraverso strumenti e canali digitali così come avviene con gli utenti esterni;
  • Business-to-Government (B2G) e Government-to-Business (G2B): le imprese possono utilizzare servizi online per finalità quali ad esempio le forniture di beni e di servizi alle amministrazioni pubbliche (eProcurement). A loro volta, le amministrazioni pubbliche offrono alle imprese servizi digitali per lo svolgimento delle attività produttive (ad esempio, il rilascio di autorizzazioni) al fine di ridurre i tempi e di supportare i requisiti di velocità ed efficienza richiesti dal mercato.

L’e-Government agisce pertanto sia sulle relazioni esterne (front-office) che su quelle interne (back-office) alla PA. Difatti, l’e-Government prevede non solo la digitalizzazione dei servizi verso cittadini, imprese e altre amministrazioni ma anche la riprogettazione e digitalizzazione di tutti i sistemi informativi interni, da quelli dell’area amministrativo-contabile a quelli di esercizio e di gestione e supporto alle decisioni.

Riportiamo di seguito la definizione di e-Government che troviamo nel Piano d’azione dell’UE per l’eGovernment 2016-2020 la quale descrive in modo chiaro i vantaggi introdotti: “l’eGovernment supporta i processi amministrativi, migliora la qualità dei servizi e aumenta l’efficienza interna del settore pubblico. I servizi pubblici digitali riducono gli oneri amministrativi per imprese e cittadini, velocizzando la loro interazione con la pubblica amministrazione e rendendola efficiente, più agevole e trasparente e meno costosa. Inoltre, l’utilizzo delle tecnologie digitali come parte integrante delle strategie di modernizzazione della pubblica amministrazione può comportare ulteriori vantaggi economici e sociali per la società nel suo complesso. La trasformazione digitale della pubblica amministrazione è un elemento essenziale per il successo del mercato unico.”[1]

L’obiettivo di questo lavoro è fornire una visione complessiva del processo di e-Government in Italia, calandolo in un quadro normativo e nazionale.

New call-to-action

Quadro normativo nazionale

A partire dalla metà dagli anni ’90 le ICT assumono notevole importanza nella crescita economica sia a livello europeo che nazionale e di conseguenza nel nostro Paese nasce l’esigenza di sviluppare interventi legislativi e progettuali volti a supportare il processo di transizione al digitale nei procedimenti amministrativi, nel funzionamento e nell’organizzazione della PA, sia centrale che locale, e nell’erogazione dei servizi ai cittadini e alle imprese.

In tale contesto, nell’arco degli ultimi trenta anni il legislatore realizza numerosi e meritevoli interventi volti a supportare ed attuare la transizione al digitale della PA, riconoscendo in essa una esigenza primaria per la crescita economica nazionale anche in relazione alle sfide e agli obiettivi posti a livello europeo. Nonostante gli svariati sforzi, ad oggi si riscontrano tuttavia esiti talvolta poco apprezzabili e non omogenei sul territorio del nostro Paese, fenomeno che evidenzieremo e analizzeremo nel presente documento.

Nell’effettuare la ricostruzione storica del lungo e complesso processo di definizione del quadro normativo della transizione al digitale in Italia, saranno ripercorse le principali tappe che hanno portato alla genesi e all’evoluzione dei due principali passaggi abilitanti quali il Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD, di seguito anche “Codice”) e l’Agenda Digitale Italiana (ADI).

Prima fase normativa

Una prima fase di normazione, che anticipa una serie di disposizioni e di indirizzi ripresi e razionalizzati successivamente, va dalla metà degli anni ’90 al 2006, anno di entrata in vigore della prima versione del CAD.

In particolare nel 1993, con D. Lgs. n. 39, sono introdotte le prime norme in materia di sistemi informativi automatizzati delle amministrazioni pubbliche al fine di disciplinare la progettazione, lo sviluppo e la gestione dei sistemi informativi con la finalità di miglioramento dei servizi, di trasparenza e di contenimento dei costi dell’azione amministrativa e di potenziamento dei supporti conoscitivi per le decisioni. Il decreto dispone che gli atti amministrativi adottati dalla PA siano predisposti tramite sistemi digitali automatizzati e istituisce l’Autorità per l’informatica della Pubblica Amministrazione (AIPA) normandone all’art. 7 i compiti di indirizzo, coordinamento, promozione e controllo del processo di transizione al digitale delle amministrazioni.

All’autorità AIPA subentrerà successivamente il Centro Nazionale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione (CNIPA) nel 2003, a cui seguirà DigitPA nel 2009 e infine l’Agenzia per l’Italia digitale (AgID) nel 2012.

Il D. Lgs. n. 39 del 1993 evidenzia una tematica nodale, ripresa e sviluppata successivamente dal legislatore, che riguarda l’integrazione e l’interconnessione tra i sistemi informativi delle amministrazioni pubbliche e il rispetto di standard condivisi, aspetti definiti anche in armonia con le normative comunitarie.

Nei successivi anni sono emanati inoltre:

  • la Legge 127/1997, recante misure per lo snellimento dell’attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo, tra cui l’introduzione della Carta di identità Elettronica (CIE);
  • il D.P.R 513/1997, che regolamenta i criteri e modalità per la formazione, l’archiviazione e la trasmissione di documenti con strumenti informatici e telematici e, al Capo II, reca importanti riferimenti alla disciplina della firma digitale;
  • il D.P.R. 428/1998, recante norme per la gestione del protocollo informatico e dei flussi documentali da parte delle amministrazioni pubbliche;
  • il D.P.R. 445/2000, che raccoglie in un testo unico tutte le disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, sia digitale che cartacea tradizionale.

Nel giugno del 2000, in coerenza con l’iniziativa eEurope 2002 e dopo diversi anni di iniziative sporadiche e non continuative, l’Italia si dota del Piano d’azione per la Società dell’informazione il quale considera la transizione digitale una priorità strategica e identifica le seguenti quattro aree d’intervento:

  • capitale umano (formazione, istruzione, ricerca, sviluppo)
  • e-Government (servizi online della Pubblica Amministrazione)
  • e-Commerce (coordinamento, regole e procedure)
  • infrastrutture, concorrenza e accesso

tematiche che, come vedremo, saranno riprese nel 2021[2] con i quattro punti cardinali della “bussola per il digitale” dell’Europa (c.d. Digital Compass) nell’ambito della strategia per la trasformazione digitale entro il 2030.

L’obiettivo del Piano d’azione per la Società dell’informazione è quello di facilitare e accelerare il processo di innovazione attraverso la cooperazione e l’integrazione sinergica tra tutti i soggetti interessati dal processo di digitalizzazione (amministrazioni pubbliche, centrali e locali, imprese, università, cittadini, etc.).

Sempre nel giugno 2000 il Consiglio dei Ministri su iniziativa del Ministro della Funzione Pubblica Franco Bassanini approva il Piano d’azione dell’e-government il quale pone grande attenzione sulle azioni volte a digitalizzare i servizi erogati ai cittadini e alle imprese e a consentire l’accesso telematico degli utenti ai servizi della pubblica amministrazione e alle sue informazioni. L’idea di fondo è quella di realizzare un processo di innovazione tecnologica le cui protagoniste sono le amministrazioni locali che in un modello decentrato e federale dello Stato rappresentano il front-office del sistema amministrativo, a più diretto contatto con i cittadini, mentre le amministrazioni centrali svolgono il ruolo di back-office. Ben presto ci si rende conto che la realizzazione di tale processo richiede una realizzazione cooperativa e una visione trasversale condivisa tra Stato, regioni ed enti locali.

Nel 2002, a seguito dell’adozione della nuova strategia europea e-Europe 2005, l’Italia approva il documento di Linee guida del Governo per lo sviluppo della Società dell’Informazione nella legislatura (2002-2006) recante le seguenti tre linee di azione:

  • migliorare l’efficienza e l’efficacia della PA facendo leva sull’innovazione tecnologica;
  • stimolare lo sviluppo del sistema Paese diffondendo le nuove tecnologie;
  • garantire all’Italia un ruolo di primo livello nell’elaborazione delle politiche europee e nella promozione della cooperazione internazionale sull’innovazione tecnologica.

Dopo un primo decennio di interventi normativi, nel nostro Paese si acquisisce la forte consapevolezza della necessità di una visione strategica e meno frammentata dei piani di sviluppo della PA verso il digitale e, in questo nuovo contesto, viene emanata la prima versione del Codice dell’Amministrazione Digitale con il D. Lgs. n. 82 del 7 marzo 2005, entrato in vigore il 1° gennaio 2006.

Il CAD rappresenta un importante passaggio in tal senso in quanto ordina in un unico testo normativo tutte le disposizioni in materia di attività digitale delle amministrazioni e introduce la possibilità per i cittadini di relazionarsi con le amministrazioni attraverso le tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Affronta altresì, in maniera organica e approfondita, il tema dell’utilizzo degli strumenti informatici nella gestione delle attività amministrative e negli aspetti organizzativi e procedimentali con particolare attenzione ai rapporti con cittadini e imprese.

A soli tre mesi dalla sua entrata in vigore, il CAD trova le sue prime modifiche con il D. Lgs 159/2006: tra le integrazioni più importanti va menzionata la trasposizione nel codice dell’intero testo del D. Lgs. 42/2005 (contestualmente abrogato) sulla disciplina del Sistema Pubblico di Connettività (SPC) e della Rete Internazionale delle Amministrazioni Pubbliche.

Seconda fase normativa

La seconda fase normativa va dal 2008 al 2012 e vede dapprima alcuni specifici interventi attuativi delle disposizioni del CAD, poi la modifica del Codice in termini di semplificazione del Testo e di aggiornamento alle rapide evoluzioni ICT e infine la definizione, prima a livello europeo e poi nazionale, di un’Agenda Digitale la quale costituisce un passaggio fondamentale nel processo di transizione della PA al digitale.

Nel corso del 2008, il legislatore promuove interventi volti ad attuare alcune disposizioni del CAD quali la digitalizzazione dei documenti amministrativi e l’utilizzo della Posta Elettronica Certificata (PEC) quale strumento per le comunicazioni:

  • con il D.L. 112/2008, convertito con modificazioni dalla Legge n. 133 del 6 agosto 2008, le amministrazioni sono obbligate a provvedere alla riduzione del 50%, rispetto all’anno precedente, delle spese relative alla stampa delle relazioni e di ogni altro tipo di pubblicazione prevista da leggi e regolamenti[3]. Questa legge costituisce un incentivo per le amministrazioni alla dematerializzazione e alla transizione ai documenti digitali con la contestuale eliminazione del cartaceo;
  • con il D.L. 185/2008, convertito dalla Legge n. 2 del 28 gennaio 2009, è introdotto l’obbligo per società, professionisti e amministrazioni di istituire una casella di Posta Elettronica Certificata al fine di velocizzare le comunicazioni tra la PA e cittadini ed imprese.

In tale periodo storico, connotato da instabilità politica, viene però meno una strategia unitaria a livello nazionale del processo di digitalizzazione delle amministrazioni pubbliche e diventa sentita la necessità di istituire una cabina di regia a livello centrale per la revisione e il ripensamento delle strutture tecniche nazionali deputate all’attuazione dei piani di transizione al digitale.

È in questo contesto che nel dicembre del 2008 viene presentato dal Ministro per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione Renato Brunetta il Piano E-government 2012, il quale parte dalla constatazione della necessità di razionalizzare le numerosissime iniziative digitali che nei precedenti anni hanno interessato una molteplicità di amministrazioni sia centrali che periferiche e hanno comportato costi ingenti e iniziative spesso scoordinate tra di loro, con sprechi e duplicazioni.

Nel 2009, con la Legge 69[4], sono introdotte alcune norme con la finalità di accelerare il processo di digitalizzazione delle amministrazioni e fra queste assume particolare importanza la delega al Governo[5] ad adottare uno o più decreti legislativi di modifica del CAD anche al fine di allinearlo, a quattro anni dalla sua prima emanazione, alle rapide evoluzioni avvenute in ambito ICT. La delega prevede di introdurre forme sanzionatorie per le amministrazioni che non ottemperano alle previsioni contenute nel Codice e di semplificare il codice al fine di favorire l’adozione e l’uso delle tecnologie da parte della PA, dei cittadini e delle imprese.

In conformità e in attuazione di tale delega, nel 2010 è emanata una riforma del CAD con il D. Lgs n. 235 del 30 dicembre 2010. Tale decreto è definito il secondo pilastro su cui si basa il processo di rinnovamento e modernizzazione della pubblica amministrazione avviato con l’approvazione del D. Lgs. 50/2009 (c.d. “Riforma Brunetta”) il quale introduce i principi di meritocrazia, premialità, trasparenza e responsabilizzazione dei dirigenti della PA.

In tale periodo, un importante passaggio a livello europeo in tema di e-Government è l’istituzione, nel maggio del 2010, dell’Agenda Digitale per l’Europa la quale costituisce uno dei 7 pilastri della Strategia Europa 2020 ovvero una delle sette “iniziative faro” volte al raggiungimento degli obiettivi di rilancio dell’economia comunitaria e di crescita dell’UE fino al 2020. Da tale iniziativa nasce l’esigenza di costituire un’Agenda Digitale Italiana (ADI) con l’obiettivo di creare una strategia nazionale ricalcando i principi delineati a livello europeo e adattandoli alle priorità e alle necessità nazionali. Nel marzo del 2012 è pertanto costituita la Cabina di Regia per l’Agenda Digitale Italiana la quale, dal concerto di 5 ministeri, si pone l’obiettivo di predisporre, entro la fine di giugno del 2012, una serie di interventi normativi alla base, insieme ai progetti operativi, della strategia di tale Agenda. Per affrontare tutte le tematiche strategiche sono costituiti 6 gruppi di lavoro suddivisi in base ai principali obiettivi dell’Agenda Digitale Europea:

  • infrastrutture e sicurezza
  • e-Commerce
  • e-Government/Open Data
  • informatizzazione digitale e competenze digitali
  • ricerca e innovazione
  • smart communities.

Nel giugno del 2012[6] è istituita inoltre l’Agenzia per l’Italia Digitale la quale “è preposta alla realizzazione degli obiettivi dell’Agenda digitale italiana, in coerenza con gli indirizzi elaborati dalla Cabina di regia … e con l’Agenda digitale europea[7]. AgID svolge le funzioni di coordinamento, indirizzo e regolazione affidate precedentemente a DigitPA, contribuendo alla diffusione dell’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione e promuovendo l’innovazione e la crescita economica: lo scopo è quello di fare leva sul potenziale delle tecnologie ICT per favorire innovazione, progresso e crescita economica, avendo come obiettivo principale lo sviluppo del mercato unico digitale[8].

Ad ottobre del 2012, il Governo italiano approva il D.L. n. 179 Crescita 2.0 – Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese, convertito in legge il 17 dicembre 2012, all’interno del quale la prima parte è dedicata appunto ai temi dell’Agenda Digitale. Tale decreto rappresenta una prima tappa importante nel processo di definizione dell’ADI.

Terza fase normativa

La terza fase normativa va dal 2016, anno di emanazione del Regolamento europeo electronic IDentification Authentication and Signature (eIDAS), ai nostri giorni.

Un passaggio nodale nel processo di normazione a livello europeo, in particolare riguardo agli strumenti di identificazione elettronica, è infatti l’emanazione del Regolamento UE n° 910/2014 sull’identità digitale noto come Regolamento eIDAS. Entrato in vigore nel luglio 2016, tale regolamento “fornisce una base normativa comune per interazioni elettroniche sicure fra cittadini, imprese e amministrazioni pubbliche e incrementa la sicurezza e l’efficacia dei servizi elettronici e delle transazioni di e-business e commercio elettronico nell’Unione Europea[9].

Anche per adeguarsi alle disposizioni previste dal Regolamento eIDAS, il CAD è ulteriormente modificato e integrato con il D. Lgs. 26 agosto 2016 n. 179. Il decreto introduce il concetto di digital first, riformula molti articoli in materia di documenti informatici e firme elettroniche e ridefinisce il ruolo di AgID riconoscendole una funzione di coordinamento dell’attività di attuazione degli indirizzi europei relativi alla transizione digitale. In particolare, ad AgID sono conferiti i seguenti compiti:

  • emanare regole, standard e guide tecniche in materia di Agenda Digitale, digitalizzazione della pubblica amministrazione, sicurezza informatica, interoperabilità e cooperazione applicativa tra i sistemi informatici pubblici e quelli dell’UE;
  • vigilare sulle attività svolte dai prestatori dei servizi fiduciari, dai gestori di Posta Elettronica Certificata, sui conservatori accreditati nonché sui soggetti, pubblici e privati, coinvolti nel Sistema Pubblico di Identità Digitale (SPID);
  • redigere il Piano Triennale per l’informatica nella Pubblica Amministrazione – recante gli obiettivi e i principali interventi di sviluppo e gestione dei sistemi informativi delle amministrazioni pubbliche – e verificarne l’attuazione.

Una successiva riforma del CAD è attuata con il D. Lgs. 13 dicembre 2017 n. 217 che attribuisce ad AgID il compito di redigere apposite Linee Guida le quali si sostituiscono alle precedenti regole tecniche di adozione meno rapida e poco adeguata ai tempi dell’evoluzione tecnologica ma anche alla conseguente evoluzione normativa a livello europeo. Con tale intervento normativo il CAD è ulteriormente razionalizzato e inoltre semplificato a livello di linguaggio. Alla prima parte del CAD viene attribuita la natura di Carta della cittadinanza digitale[10] in quanto recante i diritti fondamentali dei cittadini e delle imprese in tema di amministrazione digitale.

Altre recenti modifiche al CAD sono introdotte con:

  • il D. L. 16 luglio 2020 n. 76, c.d. “Decreto Semplificazioni” convertito con modifiche nella L. 12/2020, il quale interviene su molti articoli con l’obiettivo di rendere veloce la transizione digitale della Pubblica Amministrazione italiana. Le novità più importanti sono quelle contenute nel Capo I del Titolo III del D.L., dedicato alla Cittadinanza digitale e accesso ai servizi digitali della pubblica amministrazione e riguardano i concetti di identità digitale, domicilio digitale e accesso ai servizi digitali;
  • il Decreto Semplificazioni “bis” (D.L. 31 maggio 2021 n. 77 convertito nella Legge n. 108 del 29 luglio 2021), il quale all’art. 41 integra il CAD introducendo l’art. 18-bis rubricato “Violazione degli obblighi di transizione digitale”. La norma conferisce ad AgID il potere di vigilanza, verifica, controllo e monitoraggio sul rispetto non solo delle disposizioni del CAD ma anche “di ogni altra norma in materia di innovazione tecnologica e digitalizzazione della pubblica amministrazione, ivi comprese quelle contenute nelle Linee guida e nel Piano triennale per l’informatica nella pubblica amministrazione”. È rafforzata la disciplina sanzionatoria in caso di violazione degli obblighi legati alla trasformazione digitale, al fine di assicurare l’attuazione dell’Agenda Digitale Italiana ed europea nonché la digitalizzazione dei cittadini, delle Pubbliche Amministrazioni e delle imprese. Per le violazioni, l’Agenzia può procedere d’ufficio o su segnalazione del difensore civico digitale. Qualora ravvisi la violazione degli obblighi di cui alle norme espressamente indicate al comma 5 del nuovo art. 18-bis, può procedere alla contestazione e, qualora le violazioni vengano effettivamente accertate al termine della procedura, può comminare una sanzione amministrativa pecuniaria in misura proporzionale alla gravità della violazione accertata[11].

Il Codice dell’Amministrazione Digitale

Come precedentemente illustrato, il Codice dell’Amministrazione Digitale vede nell’arco di un periodo di circa 15 anni, a partire dalla sua emanazione nel 2005, diverse modifiche e integrazioni volte sia a recepire le evoluzioni normative a livello comunitario che ad adeguarsi alle evoluzioni delle tecnologie e degli strumenti ICT.

Attraverso il Codice, il legislatore si pone i seguenti obiettivi:

  • definire un quadro normativo idoneo ad abilitare e supportare le azioni di attuazione, a livello nazionale, dell’Agenda Digitale Europea al fine di dotare cittadini, imprese e amministrazioni di strumenti e servizi idonei a rendere effettivi i diritti di cittadinanza digitale;
  • promuovere l’adozione da parte delle amministrazioni pubbliche, sia centrali che locali, delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione per l’erogazione dei servizi, nei procedimenti amministrativi e nei processi di produzione, gestione e conservazione documentale;
  • regolamentare l’efficacia probatoria dei documenti informatici;
  • garantire a cittadini ed imprese il diritto di interagire con le amministrazioni pubbliche tramite servizi online, in maniera semplice, accessibile ed efficace anche grazie all’utilizzo di strumenti tecnologici quali l’identità digitale e il domicilio digitale;
  • permettere a cittadini ed imprese di partecipare effettivamente al procedimento amministrativo per via elettronica;
  • promuovere l’integrazione e l’interoperabilità tra i servizi pubblici erogati dalle diverse amministrazioni pubbliche al fine di creare una rete di dati, informazioni e servizi con l’obiettivo dello snellimento dei procedimenti e della riduzione di complessità, ridondanza e inefficienza dell’agire amministrativo.

Ad una prima lettura il Codice può apparire come un complesso di disposizioni organizzate talvolta in modo non omogeneo ed armonioso. È per questa ragione che tratteremo i suoi principali articoli raggruppandoli in macro-argomenti al fine di fornire una visione più chiara ed organica dei vari temi trattati.

Il CAD come carta della cittadinanza digitale

Il CAD rappresenta una sorta di “costituzione” digitale che rende obbligatoria l’innovazione digitale della PA ovvero la digitalizzazione dei procedimenti amministrativi, dei servizi, dei dati e dei documenti. Agli artt. 2 e 3 sono stabiliti:

  • il dovere per le PA di assicurare l’accesso, la trasmissione, la conservazione e la fruibilità dell’informazione in modalità digitale ai suoi utenti;
  • il diritto, per i cittadini e le imprese, di relazionarsi con le amministrazioni pubbliche attraverso l’uso delle tecnologie dell’informazione al fine di poter accedere e partecipare ai procedimenti amministrativi, fruire dei dati pubblici, scambiare informazioni e documenti. La PA deve organizzarsi e agire utilizzando le tecnologie dell’informazione e della comunicazione con le modalità più appropriate e nel modo più adeguato al soddisfacimento degli interessi degli utenti.

Per quanto concerne l’identità digitale[12] e il domicilio digitale[13] di cittadini e imprese, il Codice dispone che:

  • tutti i cittadini e le imprese hanno il diritto all’assegnazione di un’identità digitale attraverso la quale accedere e utilizzare i servizi erogati in rete dalle amministrazioni pubbliche (art. 3, comma 1-quinquies);
  • tutti gli iscritti all’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR) hanno il diritto di essere identificati dalle amministrazioni pubbliche tramite l’identità digitale, nonché di inviare comunicazioni e documenti alle amministrazioni pubbliche e di riceverne dalle stesse tramite un domicilio digitale (art. 3, comma 1-sexies);
  • le amministrazioni pubbliche, i professionisti tenuti all’iscrizione in albi ed elenchi e i soggetti tenuti all’iscrizione nel registro delle imprese hanno l’obbligo di dotarsi di un domicilio digitale (art. 3-bis, comma 1). L’indice dei domicili digitali dei professionisti tenuti all’iscrizione in albi ed elenchi e i soggetti tenuti all’iscrizione nel registro delle imprese è INI-PEC, gestito dal MISE;
  • i domicili digitali per le comunicazioni e lo scambio di informazioni e documenti con le amministrazioni pubbliche e con i gestori di pubblici servizi sono registrati in apposito elenco pubblico denominato Indice dei domicili digitali della pubblica amministrazione e dei gestori di pubblici servizi o IPA (art. 6-ter, comma 1), la cui realizzazione e gestione sono affidate ad AgID;
  • i domicili digitali delle persone fisiche, dei professionisti e degli altri enti di diritto privato non tenuti all’iscrizione nell’indice di cui all’articolo 6-bis sono registrati in un apposito Indice, l’INAD, sempre realizzato e gestito da AgID (art. 6-quater).

In sintesi, cittadini ed imprese possono accedere ai servizi delle amministrazioni pubbliche e partecipare ai procedimenti amministrativi autenticandosi sui relativi portali con la propria identità digitale SPID o della Carta di Identità Elettronica (CIE). La comunicazione tra cittadini e imprese da un lato e amministrazioni pubbliche dall’altro può avvenire in modalità completamente digitale tramite la PEC, la quale va a sostituire integralmente le comunicazioni cartacee.

Inoltre le amministrazioni sono obbligate ad accettare pagamenti elettronici (art. 5, comma 1) tramite la piattaforma tecnologica per l’interconnessione e l’interoperabilità tra amministrazioni pubbliche e prestatori di servizio abilitati di cui all’art. 5 comma 2 (pagoPA).

Il CAD riconosce nell’alfabetizzazione informatica dei cittadini un elemento abilitante per una diffusione pervasiva della cultura digitale e per favorire un maggiore utilizzo dei servizi informatici da parte dei cittadini e pertanto dispone che le amministrazioni promuovano iniziative e attuino azioni concrete volte a favorire lo sviluppo di competenze in tale ambito, a tutti i livelli e in particolar modo in relazione ai minori e alle categorie a rischio di esclusione (art. 8, comma 1).

La digitalizzazione nell’organizzazione delle amministrazioni pubbliche

Nell’ottica di garantire a cittadini e imprese il diritto all’uso delle tecnologie, all’art. 12, comma 1[14] il Codice dispone che le amministrazioni utilizzino le tecnologie e gli strumenti ICT per la realizzazione degli obiettivi di efficienza, efficacia, economicità, imparzialità, trasparenza, semplificazione e di partecipazione dei cittadini e delle imprese ai procedimenti amministrativi.

La digitalizzazione è pertanto uno strumento a disposizione della PA per il raggiungimento delle seguenti capacità:

  • utilizzare le risorse in modo sostenibile e tempestivo;
  • produrre risultati adeguati alle aspettative e alle necessità dell’utenza, interna ed esterna;
  • perdurare massimizzando l’efficienza delle risorse impiegate nel rispetto delle condizioni di equilibrio economico;
  • agire in assenza di discriminazione e favoritismo;
  • consentire la conoscenza reale dell’attività amministrativa;
  • favorire la partecipazione attiva dei cittadini e delle imprese;
  • semplificare l’agire amministrativo.

Con particolare riguardo all’aspetto della semplificazione, all’art. 15 comma 2[15] il legislatore pone attenzione su un aspetto nodale del processo di trasformazione digitale: le amministrazioni, ancor prima di digitalizzare, devono provvedere alla razionalizzazione e allo snellimento dei procedimenti amministrativi, delle attività gestionali, dei documenti, della modulistica, etc. Difatti un’attività propedeutica alla transizione al digitale è necessariamente la semplificazione delle attività amministrative, fondamentale per eliminare passaggi e dati ridondanti e non rilevanti, i quali appesantiscono i processi e il sistema documentale, allungano i tempi dei procedimenti e aumentano al contempo i costi e l’inefficienza dell’agire amministrativo.

Ai commi 1-bis e 1-ter dell’art. 12, il legislatore sottolinea poi il ruolo fondamentale della dirigenza e richiama la Riforma Brunetta (D. Lgs. 150 del 2009) quale strumento di attuazione, attraverso il Piano delle Performance, delle disposizioni dello stesso CAD.

In relazione alle funzioni di attuazione e monitoraggio del processo di digitalizzazione a livello di ciascuna amministrazione, il CAD identifica all’art. 17[16] il ruolo del Responsabile per la Transizione Digitale (RTD). In particolare, al fine di garantire l’attuazione delle linee strategiche per la riorganizzazione e la digitalizzazione dei servizi delle amministrazioni pubbliche, le amministrazioni pubbliche devono affidare ad uno specifico ufficio la transizione alla modalità operativa digitale e i conseguenti processi di riorganizzazione finalizzati alla realizzazione di un’amministrazione digitale e aperta. A tale ufficio sono attribuiti compiti specifici quali:

  • il coordinamento strategico dello sviluppo dei sistemi informativi, di telecomunicazione e fonia dell’amministrazione;
  • l’indirizzo e il coordinamento dello sviluppo dei servizi, sia interni che esterni, forniti dai sistemi;
  • l’indirizzo, la pianificazione, il coordinamento e il monitoraggio della sicurezza informatica relativamente ai dati, ai sistemi e alle infrastrutture;
  • l’analisi periodica della coerenza tra l’organizzazione dell’amministrazione e l’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione;
  • la progettazione e il coordinamento delle iniziative rilevanti ai fini di una più efficace erogazione dei servizi in rete a cittadini e imprese;
  • la diffusione all’interno dell’amministrazione di appartenenza della conoscenza dei concetti inerenti alla transizione digitale.

Sempre l’art. 17 definisce l’ufficio del Difensore Civico per il Digitale, istituito presso l’AgID. A tale ufficio è preposto un soggetto che deve avere necessariamente requisiti di terzietà, autonomia, imparzialità, competenza. “Chiunque può presentare al difensore civico per il digitale, attraverso apposita area presente sul sito istituzionale dell’AgID, segnalazioni relative a presunte violazioni del presente Codice e di ogni altra norma in materia di digitalizzazione ed innovazione della pubblica amministrazione da parte dei soggetti a cui si applica il CAD… Ricevuta la segnalazione, il difensore civico, se la ritiene fondata, invita il soggetto responsabile della violazione a porvi rimedio tempestivamente o comunque non oltre trenta giorni. Le decisioni del difensore civico sono pubblicate in un’apposita area del sito internet istituzionale”[17].

Il sistema documentale digitale e le firme elettroniche

Il Codice regolamenta estesamente gli aspetti relativi alla digitalizzazione del sistema documentale come passaggio fondamentale per l’ammodernamento delle amministrazioni pubbliche. Difatti il sistema documentale rappresenta il patrimonio informativo di una amministrazione e l’elemento fondante dei suoi procedimenti amministrativi. Esso è costituito a partire dai dati, dalle informazioni – ovvero dati relazionati e strutturati – e dai documenti formati da cittadini e imprese, dalla stessa amministrazione e da altre amministrazioni a fronte di istanze, richieste, comunicazioni, etc.

All’art. 1 del Codice troviamo, tra le altre, le definizioni relative a dati, informazioni, documenti, sia analogici che informatici, e relative copie.

All’art. 2, comma 1[18], il Codice dispone che tutte le amministrazioni pubbliche, sia locali che centrali, debbano assicurare il trattamento e la gestione delle informazioni – e pertanto dei dati che le compongono e dei documenti amministrativi informatici che le contengono – in modalità digitale.

Inoltre il CAD riconosce al sistema documentale digitale piena autonomia in quanto sistema di informazioni primarie e originali[19]. Tale importante principio svincola il valore del documento digitale dall’esistenza del relativo documento scritto, mettendo sullo stesso piano le due tipologie di documento. Pertanto il documento digitale non ha bisogno di altri documenti per garantire la sua originalità e possiede in sé piena efficacia probatoria e amministrativa.

Con l’obiettivo di facilitare e snellire la gestione documentale, riducendo i relativi oneri anche in funzione della transizione dal documento cartaceo al documento digitale, al comma 3 dell’art. 23-ter[20] è stabilito che la conservazione dei documenti originariamente prodotti su supporto analogico e di cui sia stata effettuata copia digitale – copia effettuata garantendo la conformità all’originale tramite firma digitale o altra firma elettronica qualificata apposta da funzionario a ciò delegato e nel rispetto delle regole tecniche dettate da AgID (art. 71) – è soddisfatta sulla copia digitale e non vi è l’obbligo di conservazione del relativo documento cartaceo.

A quanto disposto all’art. 23-ter si aggiunge l’art. 40, comma 1[22] che stabilisce un principio di portata generale in quanto dispone che le amministrazioni producano gli originali dei propri documenti, inclusi quelli inerenti ad albi, elenchi e pubblici registri, già in modalità digitale e secondo le disposizioni di cui al CAD e le linee guida di cui all’art. 71.

Sempre in relazione alla digitalizzazione del sistema documentale, il Codice regolamenta le condizioni per la validità ed efficacia probatoria del documento digitale e delle sue copie.

In particolare all’art. 20, comma 1-bis[23], il CAD dispone che il requisito della forma scritta e dell‘efficacia probatoria di un documento informatico è soddisfatto se vi è apposta una firma digitale, altra firma elettronica qualificata o avanzata[24] oppure se esso è formato attraverso un processo informatico che garantisca la riconducibilità all’autore e gli aspetti di sicurezza, integrità e immodificabilità del documento stesso e che sia conforme ai requisiti fissati da AgID ai sensi dell’art. 71.

Nei successivi artt. 22, 23 e 23-bis è regolamentata l’efficacia probatoria nei tre casi possibili di copia:

  • copia per immagine su supporto informatico di documento originale analogico (art. 22, comma 2): la copia ha la stessa efficacia probatoria dell’originale da cui è estratta se la sua conformità è attestata da un notaio o da altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato, sempre in linea con i requisiti fissati dall’AgID ai sensi dell’articolo 71 del Codice;
  • copia analogica di documento informatico (art. 23, comma 1): l’efficacia probatoria della copia è garantita se la sua conformità all’originale è attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato;
  • duplicato informatico di documento informatico (art. 23-bis, comma 1): in tal caso l’efficacia probatoria è garantita se la copia è prodotta in conformità con i requisiti fissati dall’AgID ai sensi dell’articolo 71 del Codice.

Gestione, conservazione e trasmissione dei documenti

Al Capo III e IV il Codice affronta gli aspetti relativi alla gestione, conservazione e trasmissione dei documenti.

In particolare, l’art. 40-bis[25] dispone che tutte le comunicazioni scambiate dai domicili digitali delle amministrazioni e dei cittadini siano oggetto di registrazione da parte del sistema di protocollo informatico il quale costituisce il “varco” in ingresso e in uscita dei documenti e delle informazioni. La protocollazione registra una serie di informazioni del documento al fine di garantirne il valore legale. Ricordiamo che le norme relative al protocollo sono state disposte dal D.P.R. n. 445 del 2000 il quale, all’art. 53, regolamenta anche le specifiche del sistema di protocollo tra cui anche quelle relative alla fase di registrazione.

L’art. 41 del CAD tratta del fascicolo informatico il quale ha la funzione di raccogliere gli atti, i documenti e i dati del procedimento amministrativo, da chiunque formati. È stabilito inoltre che il fascicolo informatico debba poter essere consultato e alimentato da tutte le amministrazioni pubbliche coinvolte nel procedimento. In particolare al comma 2-ter dello stesso articolo, il Codice indica quali informazioni devono essere contenute nel fascicolo informatico.

Il successivo art. 42 reca un criterio generale in relazione alla dematerializzazione dei documenti delle amministrazioni pubbliche affermando che le stesse devono valutare in termini di rapporto tra costi e benefici il recupero su supporto informatico dei documenti e degli atti cartacei per i quali sia prevista la conservazione, sostituendo così la conservazione cartacea con quella digitale sempre in conformità alle linee guida dell’art. 71. Inoltre[26] gli obblighi di conservazione e di esibizione sono soddisfatti a tutti gli effetti di legge a mezzo di documenti informatici se sono garantite nel tempo la conformità all’originale e sono utilizzate procedure conformi alle linee guida dell’art. 71.

All’art. 44 il Codice stabilisce le caratteristiche necessarie per la conservazione dei documenti informatici disponendo, al comma 1-ter, che “in tutti i casi in cui la legge prescrive obblighi di conservazione, anche a carico di soggetti privati, il sistema di conservazione dei documenti informatici assicura, per quanto in esso conservato, caratteristiche di autenticità, integrità, affidabilità, leggibilità, reperibilità, secondo le modalità indicate nelle Linee guida”.

Per quanto concerne il trasferimento dei documenti informatici, il Codice dispone che debba avvenire in modalità telematica accertando la fonte di provenienza del documento (art. 45) e, in particolare per la trasmissione dei documenti tra le amministrazioni pubbliche, viene disposto che possa avvenire tramite posta elettronica o cooperazione applicativa e che, ai fini della verifica della provenienza, le comunicazioni sono valide se sottoscritte con firma digitale o altra firma elettronica qualificata ovvero se posseggono segnatura di protocollo ovvero se è comunque possibile accertarne la provenienza (art. 47).

Dati delle amministrazioni pubbliche

Al capo V sezioni I e II, il legislatore definisce i requisiti che i dati delle amministrazioni pubbliche devono possedere e individua una serie di basi dati di interesse nazionale.

Il primo requisito dei dati è la disponibilità (art. 50, comma 1)[27]. Proprio per garantire la disponibilità del dato è necessario che le amministrazioni definiscano piani di continuità operativa e di Disaster Recovery (art. 50-bis) e che adottino, in generale, tutte le necessarie soluzioni tecniche delle Linee Guida in relazione alla sicurezza dei sistemi e delle infrastrutture al fine di garantire gli aspetti di protezione, disponibilità, accessibilità, integrità e riservatezza dei dati (art. 51, comma 1).

All’art. 53, il CAD dispone che le amministrazioni pubbliche realizzino siti istituzionali accessibili e usabili e tali da garantire il diritto di accesso all’informazione e l’interazione tra le stesse e i cittadini. Dispone che tali siti contengano i dati inerenti agli obblighi di pubblicità e trasparenza (art. 54, comma 1) nonché i moduli e formulari necessari per l’interazione tra cittadini e amministrazioni (art. 57).

Per quanto concerne le basi dati di interesse nazionale riportate nel Codice, menzioniamo in particolare:

  • all’art 57-bis, l’indice degli indirizzi delle amministrazioni pubbliche (IPA) recante gli indirizzi di Posta Elettronica Certificata da utilizzare per le comunicazioni e per lo scambio di informazioni e l’invio dei documenti tra le amministrazioni pubbliche, i gestori di pubblici servizi ed i privati;
  • all’art. 59, il repertorio nazionale dei dati territoriali;
  • all’art. 62, l’anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR);
  • all’art. 62-bis, la banca nazionale dei contratti pubblici (BDNCP), istituita per favorire la riduzione degli oneri amministrativi e per prevenire fenomeni di corruzione nell’ambito della spesa pubblica;
  • all’art. 62-ter, l’anagrafe nazionale degli assistiti (ANA), istituita con la finalità di rafforzare gli interventi in tema di monitoraggio della spesa del settore sanitario;
  • all’art. 62-quater, l’anagrafe nazionale dell’istruzione (ANIST) e, all’art. 62-quinquies, l’anagrafe nazionale dell’istruzione superiore (ANIS);
  • all’art. 60, il casellario giudiziale e il registro delle imprese.

Identità digitali e servizi online

L’art. 63 stabilisce che le amministrazioni pubbliche debbano individuare le modalità di erogazione dei servizi in rete in base a criteri di valutazione di efficacia, economicità ed utilità e nel rispetto dei principi di eguaglianza e non discriminazione, tenendo comunque presenti aspetti quali le dimensioni dell’utenza, la frequenza dell’uso e l’eventuale destinazione all’utilizzazione da parte di categorie in situazioni di disagio e progettandoli per una maggiore soddisfazione delle esigenze degli utenti e per agevolare gli adempimenti di cittadini e imprese. Per quanto concerne l’accesso a tali servizi in rete, l’art. 64 dispone che possano essere utilizzate la CIE, la Carta Nazionale dei Servizi (CNS) e l’identificazione tramite SPID.

Inoltre, all’art. 65, il Codice regolamenta le condizioni di validità nella presentazione di istanze e dichiarazioni per via telematica alle amministrazioni pubbliche e ai gestori dei servizi pubblici. In particolare, la validità è assicurata:

  • nelle condizioni di cui all’art. 20 ovvero in una delle forme in cui è assicurata la validità e l’efficacia probatoria dei documenti informatici;
  • ovvero se il dichiarante è identificato tramite CIE, CNS o SPID;
  • ovvero se le istanze e dichiarazioni sono sottoscritte e presentate unitamente alla copia del documento di identità;
  • ovvero se sono trasmesse dal dichiarante attraverso il proprio domicilio digitale.

L’art. 64-bis disciplina inoltre l’App IO, la quale viene definita come unico punto di accesso telematico ai servizi delle amministrazioni dallo smartphone e dispone che le stesse avviino i relativi progetti di trasformazione digitale volti a rendere fruibili i servizi tramite tale piattaforma.

Sviluppo, acquisizione e riuso di sistemi informatici

Le amministrazioni pubbliche devono acquisire i programmi informatici o parti di essi nel rispetto dei principi di economicità e di efficienza, tutela degli investimenti, riuso e neutralità tecnologica effettuando una valutazione tecnico-economica comparativa sulle seguenti opzioni disponibili sul mercato (art. 68, comma 1):

  • software sviluppato per conto della pubblica amministrazione;
  • riutilizzo di software o parti di esso sviluppato per conto della pubblica amministrazione. L’introduzione di tale principio rappresenta una rivoluzione e uno strumento per fare economia di spesa. Il concetto di riuso è trattato poi estesamente all’art. 69;
  • software libero o a codice sorgente aperto;
  • software fruibile in modalità cloud computing;
  • software di tipo proprietario mediante ricorso a licenza d’uso;
  • software combinazione delle precedenti soluzioni.

Per quanto concerne il riuso e gli standard aperti, all’art. 69 il CAD dispone che “le amministrazioni pubbliche che siano titolari di soluzioni e programmi informatici realizzati su specifiche indicazioni del committente pubblico, hanno l’obbligo di rendere disponibile il relativo codice sorgente, completo della documentazione e rilasciato in repertorio pubblico sotto licenza aperta, in uso gratuito da altre amministrazioni pubbliche o ai soggetti giuridici che intendano adattarli alle proprie esigenze, salvo motivate ragioni di ordine e sicurezza pubblica, difesa nazionale e consultazioni elettorali”.

In tale contesto si colloca Developers Italia[28], la community dedicata allo sviluppo di software libero a supporto dei servizi pubblici digitali italiani. Tale progetto nasce dalla collaborazione di AgID e del Dipartimento per la Trasformazione Digitale (DTD) con l’obiettivo di agevolare i processi di riuso da parte della PA e mette a disposizione delle amministrazioni un catalogo di software per il riutilizzo e l’eventuale adattamento alle specifiche esigenze.

Le regole tecniche e il Sistema Pubblico di Connettività

L’art. 71 dispone che AgID adotti Linee Guida contenenti le regole tecniche e di indirizzo per l’attuazione del Codice.

Gli artt. dal 73 all’87 regolamentano poi il Sistema Pubblico di Connettività (SPC) il quale rappresenta l’insieme di infrastrutture tecnologiche, governato da regole tecniche di cui all’art. 71 e finalizzato allo sviluppo, alla condivisione, all’integrazione e alla diffusione del patrimonio informativo e dei dati della pubblica amministrazione, necessari ad assicurare l’interoperabilità dei sistemi informatici della PA. L’SPC è strutturato per agevolare e rendere possibili gli scambi di documenti informatici e dati tra le amministrazioni attraverso una rete e cooperazione applicativa nel rispetto delle regole tecniche e di sicurezza al fine di snellire l’intero procedimento amministrativo rimuovendo le ridondanze e riducendo le inefficienze amministrative.

L’interoperabilità del sistema SPC permette alle amministrazioni di interagire fra loro permettendo lo scambio e il riutilizzo delle informazioni anche in presenza di sistemi non omogenei.

Tecniche di valutazione degli interventi

Le esigenze della transizione digitale implicano, per i dirigenti delle amministrazioni pubbliche, sia centrali che locali, la necessità di possedere competenze e strumenti di valutazione e governo degli interventi e dei progetti in ambito ICT per l’e-Government. Allo stesso tempo, l’assenza o lasca presenza di competenze interne alla PA e il fatto che queste risultino non sempre aggiornate, genera la necessità di ricorrere a fornitori e consulenti di tecnologie e servizi esterni alle amministrazioni, tra l’altro in situazioni di vincoli di spesa e tempi stringenti. In tali condizioni, il processo di valutazione delle iniziative di innovazione e dei relativi progetti ICT – aspetto evidenziato anche all’art. 15 comma 2-bis[29] del CAD – e il governo del rischio progettuale rappresentano un aspetto fondamentale non solo ex-ante, ma anche in-itinere ed ex-post. Tale processo di valutazione può essere svolto con efficacia adottando best-practices, metodi e tecniche, affiancati inoltre dall’utilizzo di strumenti di tracciatura e gestione (sia progettuale che economica).

In particolare, l’impiego di tecniche di valutazione comparativa di progetti ICT ha la finalità di identificare le “migliori” opzioni in presenza di esigenze quali ad esempio:

  • l’esiguità delle risorse disponibili;
  • la necessità di soddisfare specifiche priorità, obiettivi, vincoli e condizioni peculiari dell’amministrazione;
  • la creazione di consenso e legittimazione. L’obiettivo di strategicità dei progetti è un aspetto rilevante per quanto concerne il rapporto tra amministrazioni e cittadini.

Di seguito sono illustrate le principali tecniche di valutazione economica ovvero quelle tecniche basate sulla rilevazione dei costi come principale fattore di comparazione tra differenti opzioni disponibili di progetto. In particolare, sono trattati i seguenti tipi di analisi:

  • analisi di minimizzazione dei costi
  • analisi costi-efficacia e costi-utilità
  • analisi costi-benefici.

Facciamo notare che esistono ulteriori tecniche di carattere essenzialmente qualitativo (ad esempio basate sulla quantificazione dei vantaggi indotti dalle ICT in termini di incremento di produttività, ricadute positive sull’organizzazione, etc.) nonchè “ibride” ovvero che combinano i fattori economici (come ad esempio la fattibilità economico-finanziaria) agli aspetti qualitativi utilizzando punteggi comparativi all’interno di specifiche griglie di valutazione.

Analisi di minimizzazione dei costi

A parità di risultati ottenibili, l’analisi di minimizzazione dei costi si basa sulla quantificazione del costo totale di ogni singolo intervento candidato come fattore di confronto. Solitamente si ricorre al concetto di Total Cost of Ownership (TCO), introdotto da Gartner Group nelle metà degli anni ’90, il quale valuta il costo di un bene nella sua totalità. Ad esempio, il costo di un PC non è solo legato ai costi dell’hardware e del software installato (e pertanto costi legati all’approvvigionamento del bene) ma anche della sua gestione, supporto, comunicazioni, gestione guasti, etc. Pertanto il calcolo del TCO si ottiene attraverso la sommatoria di tutti i costi Ci necessari per le attività di acquisto/sviluppo, attivazione, assistenza, manutenzione, etc.

Si va infine a selezionare l’intervento che presenta il più basso valore di TCO.

Analisi costi-efficacia

La valutazione costi-efficacia è effettuata su risultati espressi in “unità di effetto” che quantificano l’efficacia di ognuno degli interventi alternativi presi in considerazione. Tale analisi è utilizzata in particolar modo in settori quali la sanità, la sicurezza stradale e la difesa nazionale ed è preferita all’analisi costi-benefici quando sono da considerare beni intangibili quali la vita, il tempo, la salute, etc. Una volta individuata la tipologia di effetti considerata rilevante per la valutazione (ad esempio, il numero di vite umane salvate), si va a calcolare l’ammontare di effetti ricollegabile a ciascuna alternativa e a misurare i costi monetari di ciascun intervento. Come indici da utilizzare per il confronto di costi-efficacia di ciascun intervento, potranno essere considerati il “costo per unità di risultato” dato dal rapporto tra i costi e gli effetti dell’intervento oppure il “risultato per unità di costo” dato dal rapporto tra gli effetti e i costi dell’intervento. Si andrà pertanto a selezionare l’intervento che presenta il minore valore di “costo per unità di risultato” oppure il maggiore “risultato per unità di costo”.

Analisi costi-utilità

Si ricorre a questa tecnica quando è complesso assegnare un valore ben preciso ai benefici attesi e pertanto si ricorre al concetto di utilità. È una particolare forma dell’analisi costi-efficacia che, al posto di valori puntuali, utilizza scale (livelli) di misurazione dell’utilità dei risultati in riferimento alle valutazioni espresse, a livello individuale e collettivo, su un particolare insieme di esiti di uno specifico stato. Un esempio può essere la valutazione su tre livelli (alto, medio, basso) dell’utilità in rapporto agli effetti positivi sullo stato di salute dell’introduzione di una particolare innovazione.

Analisi costi-benefici

In tale analisi sia i costi che i benefici legati ai vari interventi alternativi candidati devono essere quantificabili per mezzo di unità monetarie. Si possono valutare i flussi monetari di costi e benefici legati all’intervento tramite strumenti finanziari quali il Valore Attuale Netto (VAN), il Tasso Interno di Rendimento (TIR) e il Payback Period. Vediamo distintamente i tre casi.

Valore Attuale Netto

Nella valutazione di progetti alternativi il calcolo del VAN permette di individuare quei progetti in grado di creare valore ovvero flussi monetari sufficienti a ripagare l’esborso iniziale, a remunerare i capitali impiegati nell’operazione e a lasciare eventualmente risorse disponibili per altre ulteriori destinazioni. Il VAN è calcolato utilizzando tutti i flussi di cassa generati con un tasso di sconto che tenga conto dei rischi che caratterizzano il progetto stesso. Detto r il tasso e C e B rispettivamente i costi e i benefici in termini monetari, il VAN è calcolato come differenza tra benefici e costi attualizzati ad un tempo T:

VAN = B-C = B0–C0 + (B1–C1)/(1+r) + (B2–C2)/(1+r)2 + … + (BT–CT)/(1+r)T

La formula del VAN può essere alternativamente scritta in termini di flussi di cassa (Fi) netto nel seguente modo:

VAN= F0 + F1/(1+r) + F2/(1+r)2 + … + FT/(1+r)T

Un VAN positivo indica che i benefici sono superiori ai costi. Nella selezione comparativa degli interventi si andrà pertanto a selezionare quello che presenta il VAN positivo più elevato.

Tasso Interno di Rendimento

Il TIR è definito come il tasso di attualizzazione che rende il valore attuale del progetto pari a zero ovvero quello che consente di recuperare ad un certo tempo il valore dell’investimento iniziale. Il TIR rappresenta pertanto il massimo costo del capitale che un’iniziativa può supportare prima di andare in perdita. Posto FT il flusso di cassa al tempo T, il tasso di attualizzazione è il valore TIR che rende il VAN dell’intervento pari a zero. Pertanto, riprendendo la definizione di VAN, va posto il suo valore uguale a zero al fine di calcolare il valore del TIR per ogni specifico progetto alternativo:


VAN= 0 ⬄ F0 + F1/(1+TIR) + F2/(1+TIR)2 + … + FT/(1+TIR)T = 0

Nell’adozione di tale metodo si andranno ad individuare i progetti che presentano un TIR maggiore, selezionandoli da quelli con TIR superiore al tasso specifico di attualizzazione.

Payback Period

Misura il tempo necessario affinché gli incassi riescano a reintegrare il capitale impiegato per l’investimento. Il metodo permette anche di valutare l’onerosità del finanziamento dell’operazione. Più breve è il Payback Period più velocemente si riesce a recuperare i fondi attenuando quindi il carico finanziario sopportato. Per calcolare il Payback Period si sommano i flussi futuri di costi e benefici finché il cumulo dei benefici non superi il cumulo dei costi o, equivalentemente, finché il cumulo delle differenze tra benefici e costi diventa positivo. Tale criterio è utilizzato soprattutto quando l’intervento richiede un forte investimento iniziale e successivi flussi di benefici. Naturalmente tra progetti alternativi sarà selezionato quello che permette di recuperare l’investimento nel tempo più breve o comunque entro un eventuale tempo desiderato di recupero.

Note

  1. Commissione europea, “Piano d’azione dell’UE per l’eGovernment 2016-2020 – Accelerare la trasformazione digitale della pubblica amministrazione”, 2016
  2. Commissione Europea, “Digital Compass”, 2021
  3. D. L. 112/2008, art. 27, comma 1: “Al fine di ridurre l’utilizzo della carta, dal 1° gennaio 2009, le amministrazioni pubbliche riducono del 50% rispetto a quella dell’anno 2007, la spesa per la stampa delle relazioni e di ogni altra pubblicazione prevista da leggi e regolamenti e distribuita gratuitamente od inviata ad altre amministrazioni
  4. Legge n. 69 del 18 giugno 2009, “Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile”, 2009
  5. Legge 69/2009, art. 33 “Delega al Governo per la modifica del codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82”, 2009
  6. D.L. n. 83 del 22 giugno 2012, “Misure urgenti per la crescita del Paese”, convertito con modificazioni dalla Legge 7 agosto 2012, n. 134
  7. D.L. 83/2012, art. 20, comma 1
  8. AgID, https://www.funzionepubblica.gov.it/digitalizzazione/agenda-digitale
  9. AgID, https://www.agid.gov.it/it/piattaforme/eidas
  10. Modifica alla Sezione II, Capo I del D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82
  11. Maggioli, https://www.maggioli.com/it-it/maggioli-now/magazine/settembre-2021/pubblica-amministrazione-digitale-arrivano-le-sanzioni-per-gli-enti-inadempienti, 2021
  12. CAD, art. 1 comma u-quater: “identità digitale: la rappresentazione informatica della corrispondenza tra un utente e i suoi attributi identificativi, verificata attraverso l’insieme dei dati raccolti e registrati in forma digitale secondo le modalità fissate nel decreto attuativo dell’articolo 64
  13. CAD, art. 1 comma n-ter: “domicilio digitale: un indirizzo elettronico eletto presso un servizio di posta elettronica certificata o un servizio elettronico di recapito certificato qualificato, come definito dal regolamento (UE) 23 luglio 2014 n. 910 del Parlamento europeo e del Consiglio in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno e che abroga la direttiva 1999/93/CE, di seguito “Regolamento eIDAS”, valido ai fini delle comunicazioni elettroniche aventi valore legale
  14. CAD, art. 12, comma 1: “Le amministrazioni pubbliche nell’organizzare autonomamente la propria attività utilizzano le tecnologie dell’informazione e della comunicazione per la realizzazione degli obiettivi di efficienza, efficacia, economicità, imparzialità, trasparenza, semplificazione e partecipazione nel rispetto dei principi di uguaglianza e di non discriminazione, nonché per l’effettivo riconoscimento dei diritti dei cittadini e delle imprese di cui al presente Codice in conformità agli obiettivi indicati nel Piano triennale per l’informatica nella pubblica amministrazione…
  15. CAD, art. 15 comma 2: “…le amministrazioni pubbliche provvedono in particolare a razionalizzare e semplificare i procedimenti amministrativi, le attività gestionali, i documenti, la modulistica, le modalità di accesso e di presentazione delle istanze da parte dei cittadini e delle imprese, assicurando che l’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione avvenga in conformità alle prescrizioni tecnologiche definite nelle regole tecniche di cui all’articolo 71
  16. CAD, art. 17 comma 1-sexies: “Nel rispetto della propria autonomia organizzativa, le pubbliche amministrazioni diverse dalle amministrazioni dello Stato individuano l’ufficio per il digitale di cui al comma 1 tra quelli di livello dirigenziale oppure, ove ne siano privi, individuano un responsabile per il digitale tra le proprie posizioni apicali. In assenza del vertice politico, il responsabile dell’ufficio per il digitale di cui al comma 1 risponde direttamente a quello amministrativo dell’ente
  17. CAD, art. 17, comma 1-quarter
  18. CAD, art. 2, comma 1: “Lo Stato, le Regioni e le autonomie locali assicurano la disponibilità, la gestione, l’accesso, la trasmissione, la conservazione e la fruibilità dell’informazione in modalità digitale e si organizzano ed agiscono a tale fine utilizzando con le modalità più appropriate e nel modo più adeguato al soddisfacimento degli interessi degli utenti le tecnologie dell’informazione e della comunicazione
  19. CAD, art. 23-ter, comma 1: “Gli atti formati dalle amministrazioni pubbliche con strumenti informatici, nonché i dati e i documenti informatici detenuti dalle stesse, costituiscono informazione primaria ed originale da cui è possibile effettuare, su diversi o identici tipi di supporto, duplicazioni e copie per gli usi consentiti dalla legge
  20. CAD, art. 23-ter, comma 3: “Le copie su supporto informatico di documenti formati dalla pubblica amministrazione in origine su supporto analogico ovvero da essa detenuti, hanno il medesimo valore giuridico, ad ogni effetto di legge, degli originali da cui sono tratte, se la loro conformità all’originale è assicurata dal funzionario a ciò delegato nell’ambito dell’ordinamento proprio dell’amministrazione di appartenenza, mediante l’utilizzo della firma digitale o di altra firma elettronica qualificata e nel rispetto delle regole tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 71; in tale caso l’obbligo di conservazione dell’originale del documento è soddisfatto con la conservazione della copia su supporto informatico
  21. AgID, https://www.agid.gov.it/it/piattaforme/firma-elettronica-qualificata
  22. CAD, art. 40, comma 1: “Le amministrazioni pubbliche formano gli originali dei propri documenti, inclusi quelli inerenti ad albi, elenchi e pubblici registri, con mezzi informatici secondo le disposizioni di cui al presente codice e le Linee guida.
  23. CAD, art. 20, comma 1-bis. “Il documento informatico soddisfa il requisito della forma scritta e ha l’efficacia prevista dall’articolo 2702 del Codice civile quando vi è apposta una firma digitale, altro tipo di firma elettronica qualificata o una firma elettronica avanzata o, comunque, è formato, previa identificazione informatica del suo autore, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall’AgID ai sensi dell’articolo 71 con modalità tali da garantire la sicurezza, integrità e immodificabilità del documento e, in maniera manifesta e inequivoca, la sua riconducibilità all’autore. In tutti gli altri casi, l’idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta e il suo valore probatorio sono liberamente valutabili in giudizio, in relazione alle caratteristiche di sicurezza, integrità e immodificabilità. La data e l’ora di formazione del documento informatico sono opponibili ai terzi se apposte in conformità alle Linee guida.
  24. La firma elettronica avanzata (FEA) permette di raccogliere dati della firma difficilmente falsificabili e che aiutano a certificare con maggiore sicurezza l’origine della firma. Esempi di firma elettronica avanzata sono la firma grafometrica, l’impronta digitale, il riconoscimento del viso o dell’iride.
  25. CAD, art. 40-bis, comma 1: “Formano comunque oggetto di registrazione di protocollo ai sensi dell’articolo 53 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, le comunicazioni che provengono da o sono inviate a domicili digitali eletti ai sensi di quanto previsto all’articolo 3-bis, nonché le istanze e le dichiarazioni di cui all’ articolo 65 in conformità alle Linee guida.
  26. CAD, art. 43
  27. CAD, art. 50, comma 1: “I dati delle amministrazioni pubbliche sono formati, raccolti, conservati, resi disponibili e accessibili con l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione che ne consentano la fruizione e riutilizzazione, alle condizioni fissate dall’ordinamento, da parte delle altre amministrazioni pubbliche e dai privati; restano salvi i limiti alla conoscibilità dei dati previsti dalle leggi e dai regolamenti, le norme in materia di protezione dei dati personali ed il rispetto della normativa comunitaria in materia di riutilizzo delle informazioni del settore pubblico.
  28. https://developers.italia.it, catalogo del software open source per la PA
  29. CAD, art. 15, comma 2-bis: “Le pubbliche amministrazioni nella valutazione dei progetti di investimento in materia di innovazione tecnologica tengono conto degli effettivi risparmi derivanti dalla razionalizzazione di cui al comma 2, nonché dei costi e delle economie che ne derivano.

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