Gli ultimi mesi sono stati eccezionali per il settore delle criptovalute, con una crescita di valori esponenziale che ha portato Bitcoin sopra la soglia dei 50.000 euro e che non accenna a fermarsi.
L’ultima tra le varie notizie che tengono alta l’attenzione verso questo mondo è quella dell’emissione di fondi ETF indicizzati al valore di Bitcoin.
Gli ETF (exchange-traded fund) sono una tipologia di fondi d’investimento quotati in borsa molto gettonati per la loro caratteristica precipua di essere fondi “a gestione passiva”, in quanto il loro rendimento non è determinato dal valore di pacchetti di azioni o obbligazioni compravenduti dal fondo, bensì da un indice preesistente (es. un ETF potrebbe essere legato all’andamento di un indice azionario o del rendimento di una borsa valori).
Questa caratteristica consente di ridurre al minimo i costi di gestione del fondo, e sta contribuendo al rapido diffondersi di queste tipologie di investimento. Anche in Italia l’indice ETFPlus della Borsa di Milano, dedicato a questi strumenti, registra uno sviluppo particolarmente vivace.
Gli ETF in criptovalute
L’appeal di queste soluzioni consiste nell’offrire al risparmiatore medio il “brivido” di investire in criptovalute evitandogli però le problematiche connesse alla creazione di un wallet, alla conversione dei fondi da investire ed alla conservazione informatica degli stessi.
Esistono già numerosi strumenti di investimento che, attraverso contratti su interest rate swap, riescono a replicare il rendimento delle criptovalute pur senza possederne alcuna (come ad esempio il fondo Bitcoin Tracker EUR negoziato alla borsa di Stoccolma e che raggiunge valori per quasi due miliardi di euro) ed esistono, ma gli ETF passano ad un livello successivo, in quanto si propongono di acquistare direttamente con tutti o parte dei fondi a disposizione la criptovaluta di cui poi l’ETF seguirà l’andamento.
Il Canada ha recentemente dato il via alle negoziazioni del primo ETF nordamericano, PurposeBitcoinETF, che lo scorso febbraio ha debuttato alla borsa di Toronto raccogliendo investimenti per oltre un miliardo di dollari.
Secondo molti è ora il turno degli USA e tra gli strumenti che di recente sono stati presentati per l’approvazione alla SEC statunitense si registrano i tentativi di VanEck, Fidelity e WisdomTree, tre player di rilievo del settore.
Inoltre, i vertici di un importante trust i cui valori sono indicizzati al valore di Bitcoin, il Grayscale Bitcoin Trust, hanno manifestato qualche giorno fa l’intenzione di trasformare il loro trust in un ETF (il trust infatti presenta maggiori limiti rispetto ad un ETF e al contempo quest’ultimo offre maggiori garanzie agli investitori). Anche il Grayscale Bitcoin Trust impiega i propri fondi per l’acquisto diretto di bitcoin e pertanto la conversione sarebbe una questione di semplice forma.
Non è detto però che ottengano il placet dell’autorità di controllo, ci sono stati altri tentativi in precedenza che sono falliti, il primo dei quali risale addirittura al 2013 (l’anno in cui il valore di Bitcoin ebbe una prima esplosione passando da 10 a 750 €) e porta la firma dei gemelli Winklevoss (gli ex soci di Zuckerberg).
Il percorso verso l’approvazione in USA
Siccome gli ETF, prima di essere negoziati, devono essere approvati dall’autorità di controllo competente, finora è stato molto difficile emetterne, anche perché il placet di un’autorità di controllo presuppone un’attenta analisi interna della sicurezza della piattaforma assunta come indice, che escluda anche la possibilità di manipolazioni artificiali del prezzo della criptovaluta.
Consentire la negoziazione di un ETF basato su Bitcoin vuol dire avere una conferma autorevole della sicurezza della piattaforma che muove la criptovaluta e dell’assenza di rischi di alterazioni volontarie dell’indice stesso.
Se la SEC approva un ETF basato su Bitcoin vuol quindi dire, indirettamente, che considera Bitcoin stesso sicuro.
Infatti, uno dei problemi all’esame dell’autorità è proprio quello di valutare il rischio informatico nella proprietà di queste criptovalute.
Da un lato il regolatore dovrà verificare se sia possibile affermare con certezza (attraverso la blockchain) la proprietà dei bitcoin, dall’altro dovrà valutare i rischi connessi con eventuali attacchi informatici che potrebbero sottrarre i bitcoin al fondo, rendendolo di fatto incapiente.
Quel che più preoccupa però è l’estrema volatilità di Bitcoin (per non parlare del caso in cui questi strumenti finanziari dovessero essere estesi ad altre criptovalute minori) che potrebbe mettere a rischio i risparmiatori. Basti pensare che Bitcoin nel corso degli ultimi mesi è cresciuto a ritmi spropositati. Una crescita così eccezionale dimostra che la valuta potrebbe essere soggetta a un tracollo altrettanto verticale e questo preoccupa molto le autorità di controllo.
La SEC è anche preoccupata per il fatto che quello dei bitcoin non è un mercato regolamentato in alcun modo e quindi l’autorità si domanda come farà il fondo a dare un valore al proprio investimento senza un punto di riferimento centrale e riconosciuto per questo scopo.
Inoltre qualcuno evidenzia come questa “corsa al cripto-oro” potrebbe finire per favorire, iniettando fondi leciti, mercati illeciti che proliferano grazie ai Bitcoin (pensiamo ai ransomware che chiedono pagamenti in Bitcoin, finché la crescita della criptovaluta – e quindi dei valori in mano agli hacker- è sorretta dai privati è un discorso, se è la SEC invece a convalidare un fondo che inevitabilmente avrà ricadute positive sul valore della criptovaluta – e quindi di nuovo foraggerà gli hacker- i problemi sono evidenti).
Prospettive
Nonostante questi dubbi molti pensano che il 2021 sia l’anno che vedrà l’approvazione di strumenti ETF su Bitcoin negli Stati Uniti, e questo perché poco fa Wall Street ha “accolto” Coinbase (il principale marketplace di criptovalute, con Kraken che si prepara a seguirne le orme) che si è quotato pochi giorni fa alla borsa di New York con un’IPO da 86 miliardi di dollari.
Non solo, l’ottimismo dei cripto-investitori è giustificato anche dal fatto che le decisioni in merito agli ETF presentati alla SEC verranno prese nella seconda metà dell’anno, ovvero dopo che si insedierà il nuovo vertice nominato da Biden, che è un esperto di criptovalute.
Il travolgente successo di Bitcoin sembra destinato a non arrestarsi e le notizie in grado di galvanizzare il mercato delle criptovalute si susseguono.
L’affacciarsi degli ETF in Bitcoin è infatti l’ultimo tassello di una serie di notizie incredibilmente positive per questo settore (gli endorsement da parte di personaggi celebri, gli ingenti investimenti, la diffusione globale delle criptovalute come strumento di pagamento, l’esplosione del mercato degli NFT, …) e sta contribuendo a sconvolgere anche gli strumenti di investimento tradizionali, che cercano di reggere il passo con queste valute globali e non regolamentate.
La contaminazione fra criptovalute e investimenti tradizionali necessita di flessibilità da parte degli emittenti, degli investitori e delle autorità di controllo, che devono cercare di adattare al loro mondo uno strumento nato per tutt’altri fini (ovvero creare una valuta libera e senza intermediari).
In quest’ottica l’unica preoccupazione condivisibile è quella di tutelare (e informare compiutamente) gli investitori sull’indice che determina il rendimento di questi fondi. Nonostante l’attuale crescita sorprendente di numerosissime criptovalute non dobbiamo dimenticare che potrebbe farle seguito un tracollo altrettanto sorprendente e repentino.
Semplificare l’accesso al mercato delle criptovalute attraverso strumenti finanziari come gli ETF (che tolgono quel minimo di complessità tecnica all’attività di investimento nelle criptovalute) appare davvero problematico se non si impone all’emittente una spiegazione chiara e semplice di quel che sono e come si comportano queste monete virtuali.