Il progetto dell’euro digitale non va inteso come la risposta al diffondersi delle cryptovalute, anche se la soluzione tecnica prescelta dovesse essere quella del libro mastro distribuito o Distributend Ledger Technology (DLT), la tecnologia affermatasi con bitcoin. La digitalizzazione delle transazioni e della moneta, infatti, è in atto da tempo, da prima che apparissero le cryptovalute.
Il progetto dell’euro digitale risponde infatti all’esigenza di rinsaldare il rapporto fiduciario tra utente e banca centrale, oggi affievolitosi per effetto della diffusione di forme di pagamento alternative, in modo che possa ritornare la confidenza nella fondamentale relazione tra banche commerciali, famiglie, imprese.
Euro digitale, non dimentichiamo la privacy: il punto dei Garanti UE
“La digitalizzazione investe la nostra vita in ogni aspetto e trasforma il nostro modo di effettuare i pagamenti. In questa nuova era un euro digitale garantirà ai cittadini dell’area euro di continuare a mantenere l’accesso a mezzi di pagamento semplici, universalmente accettati, sicuri e affidabili.”, Christine Lagard, presidente della Banca Centrale Europea (BCE)[1]
Euro digitale, la sperimentazione
Il progetto dell’euro digitale prevede una fase di sperimentazione della durata di due anni, al termine dei quali potrà intervenire la creazione di una moneta digitale che si affiancherà alla normale moneta cartacea. Tale fase prende corpo dopo gli esperimenti prototipali conclusi a fine 2020.
La sperimentazione servirà a verificare se le soluzioni tecniche individuate negli esperimenti prototipali sono efficaci e se l’obiettivo della riduzione dei crimini finanziari, uno dei principali obiettivi della moneta digitale, verrà raggiunto e con quale impatto sui costi di circolazione, oggi troppo elevati e tali da fornire argomenti a favore dei sostenitori delle cryptovalute.
Secondo Fabio Panetta, membro del Comitato Esecutivo della BCE, la sperimentazione consentirà anche al Parlamento europeo di valutare e discutere gli obiettivi e le funzioni dell’euro digitale (entro il 2021) lasciando al 2022 le questioni più complesse come quella della privacy degli utenti, mentre occorrerà avviare un dibattito politico e una revisione delle norme europee e nazionali per consentire l’adozione a livello di sistema dell’euro digitale.[2]
Il caso Svezia
“What is this old fashioned business?”, commento di una ragazzina svedese quando ha ricevuto dal padre una banconota[3].
Il segno della trasformazione in atto, in particolare la preferenza crescente accordata dal pubblico ai pagamenti digitali, è testimoniato dal caso della Svezia, che ha contribuito non poco a innestare le scelte operative della BCE.
La Banca Centrale svedese, come tutte le banche centrali, ricava un reddito detto signoraggio, ovvero l’insieme dei redditi ricavati dall’emissione delle banconote e delle monete. Nel caso della BCE, le banconote vengono cedute alle banche dalla BCE e questa cessione crea un attivo, il cui reddito costituisce il signoraggio della BCE. Esso viene poi girato dalla BCE alle Banche Centrali nazionali che a loro volta lo girano ai rispettivi governi, in genere sotto forma di tassazione. Nel caso della Svezia, che non rientra nell’area euro e ha mantenuto la corona, il reddito da signoraggio si è annullato, in ragione dell’abbandono del contante da parte del pubblico, diventando addirittura negativo (v. Figura 1). Questa dinamica deriva dal fatto che i cittadini svedesi stanno abbandonando l’uso del contante a favore dei sistemi di pagamento digitali.
La Svezia è il paese in cui questa “fuga dal contante” è divenuta più evidente e la Banca Centrale si è preoccupata perché ritiene che questa fuga metta in crisi l’intero sistema di controllo della politica monetaria, costruito a partire dagli anni ‘30 del secolo scorso.
Il contante è definito anche moneta ad alto potenziale, perché è alla base della creazione complessiva di mezzi di pagamento. Quando le banche accolgono depositi e su quella base emettono prestiti e titoli di pagamento, creano moneta aggiuntiva rispetto al contante, una moneta che è multipla del contante. Come istituzioni finanziarie devono tenere presso la banca centrale delle riserve, in una determinata percentuale del proprio passivo, e quindi sono legate anche per questa via alla banca centrale. Quest’ultima agisce sulla politica monetaria con gli strumenti della percentuale di riserva obbligatoria, con i tassi di interesse sui depositi e sulle anticipazioni, con i provvedimenti di controllo dei movimenti di capitali. Sono questi gli strumenti principali che mantengono le redini della banca centrale sul processo complessivo di creazione di moneta, che ha alla sua base il contante, ossia la forma di pagamento più semplice e universalmente accettata. Sempre con riferimento alle redini, si potrebbe dire che il contante è il morso a cui il cavallo obbedisce finché le redini lo possono tirare.
Vantaggi e limiti delle cryptovalute
La specificità di queste ultime è di avere un sistema autonomo e indipendente di verifica delle transazioni, in modo da assicurare che le criptovalute non vengano spese due volte, come recitava il paper fondativo di bitcoin fin dal 2008. In altre parole, la specificità delle cryptovalute è la loro indipendenza dalle autorità monetarie per la loro emissione e dal sistema bancario per la loro circolazione.
Queste due caratteristiche, che sono magnificate dai sostenitori di bitcoin come l’essenza libertaria e anarco-tecnologica della principale cryptovaluta, rappresentano anche i limiti di tutte le cryptovalute. La loro emissione indipendente dall’autorità monetaria le rende “ingovernabili”: il loro valore dipende solo dall’andamento della domanda e quindi risulta volatile, in misura assai più elevata dell’oro, il bene rifugio per antonomasia.
Pertanto, non sono in alcun modo utilizzabili per politiche monetarie di stabilizzazione o di rilancio dell’economia, una delle funzioni fondamentali della moneta moderna. La loro circolazione indipendente dal sistema finanziario le rende, inoltre, assai poco efficaci come mezzi di pagamento, e quindi la loro funzione rimane quella di asset, ovvero di riserve di valore ad altissimo rischio (e, quindi, quando va bene ad alto rendimento).
Gli obiettivi dell’euro digitale
Ma la digitalizzazione, con l’enorme espansione e riduzione nel costo di funzionamento delle carte di debito e di credito, ha ridotto il ruolo della moneta ad alto potenziale, ossia del contante: le redini hanno allentato la presa sul morso e il cavallo può non obbedire più ai comandi.
L’interesse delle banche centrali per il contante digitale è aumentato negli ultimi tre anni, come dimostra la figura seguente.
- sostegno alla digitalizzazione dell’economia europea e all’indipendenza strategica dell’Unione;
- risposta a un declino significativo del contante come mezzo di pagamento;
- un adeguato sviluppo in vista di sistemi digitali di pagamento emessi da privati o da altri paesi;
- creazione di un nuovo canale di trasmissione della politica monetaria;
- riduzione dei rischi connessi ai normali accessi ai servizi di pagamento;
- miglioramento dei costi ecologici dei sistemi di pagamento.[4]
Forse preoccupano più di bitcoin le potenzialità di sistemi di pagamento privati, come quelli sviluppati da Alipay in Cina, non a caso messi sotto esame e sotto sanzione dalle autorità di vigilanza. O come quelli ventilati da Facebook.
Il progetto dell’euro digitale risponde a obiettivi più ampi del semplice contrasto alla diffusione delle cryptovalute.
Note
- ) Christine Lagard, A digital Euro, European Central Bank, 14 luglio 2021. ↑
- ) Matei Rosca, EBC to launch digital euro experiment, Politico, 14 luglio 2021. ↑
- ) Gustave Peebles, Banking on Digital Money: Swedish Cashlessness and the Frayin Currency Tether, Cultural Anthropolgy, vol 36 Issue 1, p. 2. ↑
- ) European Central Bank, Report on a digital euro, October 2020. ↑