In questi ultimi anni si è parlato tanto – producendo onestamente poco in relazione alle attese e spesso in maniera estemporanea più che sistematica – del Fascicolo Sanitario Elettronico[1], ovvero dell’insieme dei dati e dei documenti digitali di tipo sanitario e socio-sanitario generati da eventi clinici presenti e trascorsi, riguardanti la persona con un orizzonte temporale che copre l’intero arco della sua vita[2].
In alcuni casi particolarmente evoluti ed innovativi si è pensato di integrare i dati ed i documenti strutturati e certificati con altri magari raccolti in maniera più occasionale e non rigorosamente certificabili, ma comunque ritenuti utili per farsi una idea sullo stile di vita della persona e quindi del suo stato di salute.
Ad esempio quelli rilevati da uno smart watch, quelli scaricati dalle attrezzature utilizzate in palestra oppure, come immagina per un prossimo futuro Paolo Colli Franzone, gli scontrini elettronici dagli acquisti dei prodotti alimentarti, che faranno la spia al nostro dietologo o al medico di famiglia sul nostro reale regime alimentate.
L’Internet of Things, in particolare le wearable technologies, applicato al monitoraggio quotidiano dei parametri biomedici e la prescrizione di apps medicali stanno fornendo oggi il loro utile contributo per arricchire il fascicolo sanitario elettronico consentendo quindi di migliorare il monitoraggio dello stato di salute della persona, dell’efficacia dei percorsi di cura e degli esiti delle strategie di prevenzione.
Insomma, essere ormai nell’era della maturità delle architetture Cloud, dell’Internet of Things e dei Big Data permette di fantasticare costruttivamente sull’impatto positivo che queste tecnologie digitali avranno – in verità in alcuni casi lo stanno già avendo – sulla qualità della vita delle persone, nella gestione della sanità pubblica e privata, nella cura della salute e del benessere e nella prevenzione e nella predizione delle patologie.
Molto meno dibattuto è stato invece stranamente il tema del fascicolo sociale elettronico, o della informatizzazione della cartella sociale, argomento non meno importante rispetto a quello del fascicolo sanitario elettronico.
L’argomento non è ad esempio praticamente trattato nel documento “Strategia per la Crescita Digitale 2014-2020” predisposto dall’Agenzia per l’Italia Digitale [AgID] per conto della Presidenza del Consiglio dei Ministri[3].
Ci hanno provato le Regioni[4], grazie al lavoro del CISIS a supporto della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, a dare dei suggerimenti in materia al Governo, un paio di anni fa, in tema di attuazione dell’Agenda Digitale Italiana proponendo una sorta di fascicolo totale, in grado di valorizzare tutti i maggiori investimenti degli ultimi anni nel digitale, facendo però esplicito riferimento alla necessità di disporre di una cartella sociale informatizzata[5].
L’idea era di partire dal fascicolo sanitario elettronico, usandolo come driver per digitalizzare tutti servizi della pubblica amministrazione.
L’obiettivo principale era di individuare e razionalizzare le basi dati di riferimento nazionali, regionali o di altre amministrazioni e dare accesso al cittadino, o a chi per esso, al suo fascicolo digitale tramite il Sistema Pubblico di Identità Digitale (Spid) e connessione alla Anagrafe Unica della Popolazione Residente (Anpr).
Tornando al tema specifico della cartella sociale, sono indubbiamente molte le analogie tra i due fascicoli – quello sanitario e quello sociale – e la loro integrazione produrrebbe indubbi vantaggi nella gestione integrata dei servizi sanitari territoriali e di quelli socio assistenziali.
Lo sportello sociale di un comune di medie-grandi dimensioni in prima battuta fa riferimento e ottempera a modelli organizzativi e di processo non dissimili da quelli del triage di un pronto soccorso ospedaliero.
È deputato infatti ad accogliere casi di natura e di gravità diversi, a classificarli e ad attribuire loro dei codici di urgenza, e ad attivare una prima valutazione dei casi.
Segue poi la pianificazione di un percorso di presa in carico della persona, o del nucleo familiare, e di erogazione dei servizi socio-assistenziali e del loro monitoraggio, attività che non appaiono così diverse sul piano metodologico da quelle di un percorso di cura sanitario.
Tutto ciò richiede, ovviamente, l’apertura di una cartella sociale.
Frequentemente i servizi di natura sanitaria territoriale e quelli di carattere socio-assistenziale, seppur erogati da enti diversi – Aziende Sanitarie e Comuni – convergono sugli stessi soggetti, individui o nuclei familiari, caratterizzati dalla loro fragilità e con problemi spesso ormai di natura cronica ed irreversibile.
Se vogliamo trovare un elemento distintivo tra i due fascicoli dobbiamo ragionare sul fatto che mentre il titolare di quello sanitario elettronico, la sua unità elementare, è sempre e solo la persona, nel caso di quello sociale questo può essere il nucleo familiare.
I problemi di natura sociale intervengono su di uno spettro molto ampio: condizione lavorativa e reddituale, situazione abitativa, presenza di patologie e di cronicità di varia natura, disabilità, disagio psicologico, situazioni degrado e di violenza familiare.
I dati ed i documenti che consentono una gestione oggettiva e professionale del singolo caso sono tantissimi e di provenienza diversa.
Potervi accedere in maniera completa ed in tempo reale, anche grazie all’architettura cloud ed alle tecnologie mobile, costituisce un prerequisito ed uno strumento fondamentale nella attività professionale degli assistenti sociali.
Sul piano organizzativo, infine, il fascicolo sociale elettronico è lo strumento più idoneo per valutare la pesatura dei casi da assegnare agli assistenti sociali bilanciando così in maniera oggettiva, corretta, misurabile e sostenibile i carichi di lavoro.