L'analisi

Fattura elettronica: i prossimi passi, verso l’Europa

Il Consiglio di Stato dà il via libera, ma i tempi di adeguamento sono lunghi. Intanto proseguono i lavori del forum per l’interoperabilità tra Paesi membri Ue. No al form unico, sì all’uniformità dei metadati

Pubblicato il 01 Nov 2012

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E’ una leva competitiva per il Sistema Paese, su questo sono tutti d’accordo. Ma nonostante l’importanza, la fatturazione elettronica fino a oggi ha marciato a rilento anche se l’obiettivo posto dalla Ue di una piena diffusione entro il 2020, con risparmi per 240 miliardi dieuro per imprese e Pa, è ancora perseguibile.

Nella visione della Commissione un ruolo fondamentale è assegnato alla Pubblica amministrazione, elemento trainante per diffondere questo tipo di innovazione nel mondo delle imprese, mentre dal punto di vista normativo entro fine anno il governo dovrà recepire la direttiva sul tema.

Sul fronte della Pa le novità sono recenti. Con qualche anno di ritardo rispetto all’approvazione del 2008, il Consiglio di Stato ha dato il via libera allo schema di regolamento ministeriale che ora deve solo affrontare il passaggio formale del consiglio dei ministri. Il testo approvato è quello noto e ha il suo punto critico nella tempistica di attuazione. Dodici mesi di tempo dall’entrata in vigore del regolamento per ministeri, agenzie fiscali ed enti nazionali di previdenza e assistenza sociale. 24 mesi per le altre amministrazioni incluse nell’elenco Istat, tranne le amministrazioni locali per le quali la data di decorrenza sarà determinata con Dm dell’Economia, di concerto con il l’Innovazione e d’intesa con la Conferenza Unificata sono tempi che Alessandro Perego, responsabile scientifico dell’Osservatorio sulla fatturazione elettronica e de materializzazione del Politecnico di Milano, definisce “Oggettivamente un po’ lenti”, anche se non è il caso di forzare la mano a una Pa che è probabilmente in molti casi in ritardo nell’adeguamento ai nuovi obblighi.

Il problema non sta tanto nel recepimento del documento in formato elettronico o nella sua conservazione, ma nell’inserimento all’interno dei gestionali. E’ questa la parte più complessa di un processo che una volta a regime dovrebbe comportare

risparmi diretti pari a un miliardo di euro per la Pa e un altro miliardo per i fornitori con ulteriori tre miliardi se, a partire da questo obbligo, si diffondesse la fatturazione elettronica anche nel 20% dei rapporti tra imprese.

Per il sistema Paese la piena diffusione dell’e-invoice potrebbe portare fino a sessanta miliardi di euro di minori costi l’anno.

Diversa la situazione sul fronte delle imprese dove la Ue ha chiesto agli Stati membri di varare un forum locale sull’argomento che fa parte del Multistakeholder forum on e-Invoicing. Quattro le priorità fondamentali: garantire alla fatturazione elettronica un quadro giuridico coerente, ottenere un’adozione massiva con la partecipazione delle piccole e medie imprese, promuovere un contesto che permetta la più ampia diffusione tra partner commerciali che emettono fatture e promuovere uno standard comune di fatturazione confermando l’approccio di interoperabilità “semantica” tra i formati esistenti.

E’ questo uno dei punti principali sul quale sta operando uno dei quattro gruppi di lavoro del multistakeholder forum dove secondo Carmelo Piancaldini dell’agenzia delle Entrate è stato registrato qualche importante progresso tanto che, azzarda, entro un paio d’anni si potrebbe arrivare ad avere la piena interoperabilità dei documenti fra gli stati membri.

Piancaldini che con Salvatore Stanziale fa parte anche del forum europeo, spiega che fino a oggi è stato deciso che non tutti i Paesi utilizzeranno lo stesso linguaggio. Non ci sarà uno standard da seguire, “ma tutti dovranno avere gli stessi metadati. E di sicuro il form italiano che utilizzarà il formato Xml avrà l’interoperabilità”.

Il ritardo rispetto al lavoro di altri Paesi (anche se siamo stati i primi a dematerializzare le dichiarazioni fiscali) ha permesso all’Italia anche di evitare qualche errore lungo il percorso. “In Danimarca la fattura elettronica è molto più diffusa anche perché hanno già varato l’obbligo nei confronti della Pa. Il problema è che essendosi adeguati alla direttiva Ue che come documento elettronico prevede anche la scannerizzazione come immagine del documento, devono fare fronte a questo tipo di soluzione utilizzata da molte piccole imprese”. L’efficienza del sistema però ne risente visto che il pdf immagine non si può strutturare come un normale flusso di dati.

Il livello di adozione in Europa, spiega Liliana Fratini Passi, direttore generale del consorzio Cbi, che abilita già oltre 900.000 imprese a scambiare flussi di incasso, pagamento, iinformativi e di gestione documentale tramite i consorziati che rappresentano il 95% del sistema bancario, Poste Italiane e CartaLis, segue criteri eterogenei e varia da paese a paese. “Nord Europa e Svizzera vantano un livello di penetrazione più elevato con tassi di adozione che superano il 12% nel b2b”. Nell’Europa occidentale il tasso di adozione si aggira tra il 6 e il 12% che scende tra l’1 e il 6% nella parte centrale del continente e sotto l’1% a Est.

Le previsioni sono però di una importante crescita. Secondo le previsioni di Billentis, il mercato dovrebbe crescere del 35% con una penetrazione del 5,7% nel b2b e del 3,3% nel b2c. “Estrapolando i dati e tenendo conto di alcune iniziative governative si può affermare che il tasso di penetrazione aumenterà di oltre il 20% nei prossimi quattro anni nel b2b” aggiunge Fratini Passi.

La strada è tracciata anche perché i dati sulla convenienza dell’utilizzo del documento elettronico sono evidenti soprattutto se è un progetto di sistema. Come ha sottolineato il Politecnico di Milano si va da un risparmio di 1-2 euro per la sola conservazione sostitutiva fino ai 65 euro a ciclo per ogni ordine diviene fattura e poi pagamento. Per Billentis, invece, il mittente può realizzare risparmi fra i 7 e i 10 euro a fattura diventano da 10 a 25 per il destinatario.

Fra i maggiori ostacoli al suo sviluppo ci sono il quadro normativo non omogeneo a livello nazionale e la mancanza di consapevolezza da parte delle aziende.

L’attività del multistakeholder forum serve per abbattere almeno il primo dei due ostacoli con un lavoro che, partito dall’input della Commissione europea è stato poi elaborato da chi si confronta quotidianamente nelle imprese e nella Pa con leggi e regolamenti ed è poi risalito verso il legislatore sotto forma di bozza di recepimento della direttiva 45 che prevede l’utilizzo semplificato dell’e-invoice. Un metodo tanto più utile su un argomento molto tecnico e poco politico al quale hanno offerto il proprio contributo attori del mondo pubblico e privato.

E i riflessi vanno oltre l’effetto-risparmio. “Lo abbiamo già visto con la dichiarazione dei redditi. Con la dematerializzazione il sistema permette di avere dichiarazioni in tempo reale, meno errori sui quali lavorare e più risorse per concentrarsi sulla vera evasione”. A qualcuno può non fare piacere.

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