Il bilancio

Fattura elettronica: luci e ombre, il punto

Sono 135 mila le fatture inoltrate finora alle pubbliche amministrazioni. Va bene, ma poche aziende preferiscono il formato strutturato e non c’è abbastanza conoscenza dei benefici del digitale

Pubblicato il 08 Ott 2014

Giusella Finocchiaro

presidente della Commissione incaricata di adeguare la normativa italiana in materia di dati personali al Regolamento Ue 679/2016

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L’analisi dei dati sulla diffusione della fatturazione elettronica nel nostro Paese mostra un processo in crescente espansione. Come ricostruito dall’Osservatorio Fatturazione elettronica e dematerializzazione del Politecnico di Milano, a seguito dell’introduzione dell’obbligo di fatturazione elettronica nei rapporti con le pubbliche amministrazioni, è in crescente aumento il numero delle pubbliche amministrazioni che hanno provveduto all’indicazione degli uffici deputati alla ricezione delle fatture elettroniche all’interno dell’iPA (indice delle pubbliche amministrazioni). Parimenti è in costante crescita il numero delle fatture elettroniche trasmesse attraverso il Sistema di interscambio.

Dagli ultimi dati pubblicati per l’anno 2014, ad esempio, si ricava un numero elevato di fatture inoltrate alle pubbliche amministrazioni (135.015), numero che risulta ancor più significativo considerato che si tratta di un dato riferito al mese di agosto. Un ulteriore elemento positivo è che dal raffronto tra i dati relativi al mese di luglio e quelli del mese di agosto, è in diminuzione il numero delle fatture scartate dal sistema, perché formalmente errate e delle fatture non recapitate, perché mancanti del codice identificativo dell’ufficio destinatario. Si tratta quindi di un trend positivo che non può che ipotizzarsi in espansione per i prossimi mesi.

Allargando la prospettiva di analisi ai rapporti tra imprese, risulta che i numeri della diffusione della fatturazione elettronica variano sensibilmente a seconda della modalità impiegata. Noto è che il processo di fatturazione elettronica può essere dalle imprese implementato attraverso diverse modalità. Alle imprese (poche decine) che hanno implementato un processo di fatturazione elettronica, analogo a quello previsto e disciplinato dal d.m. 3 aprile 2013, n. 55, tale cioè che prevede il formato strutturato, l’apposizione della firma qualificata o digitale, la successiva conservazione nel rispetto delle previsioni di cui al Codice dell’amministrazione digitale, si affianca il numero ben più elevato delle imprese che hanno basato il processo sulla definizione di fattura elettronica, come modificata e notevolmente semplificata dall’art. 1, comma 325 della “legge di stabilità 2013”. Secondo l’attuale formulazione dell’art. 21 del d.p.r. 26 ottobre 1972, n. 633, infatti, la fattura elettronica è definita come “la fattura che è stata emessa e ricevuta in un qualunque formato elettronico”. L’elemento scriminante per qualificare “elettronica” la fattura non è quindi il suo formato originario, ben potendo essere anche cartaceo, ma la circostanza che la fattura sia in formato elettronico quando viene trasmessa o messa disposizione del destinatario. Sempre grazie ai dati dell’Osservatorio del Politecnico di Milano, si ricava che la percentuale delle imprese che “fanno fatturazione elettronica” attraverso questa modalità si aggira intorno al 50%. Il numero è tale da giustificare talune considerazioni che forse possono essere estese anche all’ambito della fatturazione elettronica verso le pubbliche amministrazioni.

Evidentemente, le ragioni di un numero così elevato va ravvisato nell’avvertire la relativa disciplina meno stringente. Non è previsto un formato strutturato; il soggetto passivo sceglie la modalità attraverso cui assicurare i requisiti di autenticità dell’origine e di integrità del contenuto (attraverso un sistema di controllo di gestione o, in alternativa, attraverso l’apposizione della firma elettronica qualificata o digitale dell’emittente overo attraverso sistemi EDI); la conservazione non comporta un obbligo di simmetria tra emittente e destinatario della fattura, potendo quest’ultimo decidere di accettare o meno questo processo.

Il quadro di riferimento appare quindi agli operatori meno vincolante rispetto a quello dettagliatamente disciplinato dal citato d.m. 3 aprile 2013, n. 55 per la fatturazione nei rapporti con le pubbliche amministrazioni.

Concludendo, pur nella ricostruita positiva tendenza di crescente espansione, possiamo affermare che manca qualcosa per il definitivo consolidamento?

Il quadro normativo è chiaro. Anche sotto il profilo della diffusione di una cultura della conoscenza il quadro può dirsi esaustivo. Il sito www.fatturapa.gov.it offre, infatti, dettagliate indicazioni di supporto sul “come fare”, prevedendo specifiche funzionalità attraverso cui l’utente può simulare le diverse fasi del processo e segnatamente compilazione, invio e ricezione. Ad oggi, forse, salvo autorevoli eccezioni (in primis l’attività condotta dall’Osservatorio del Politecnico di Milano), manca un’attività di diffusione dei vantaggi derivanti dalla fatturazione elettronica e in generale dall’informatizzazione dei processi organizzativi. Gli strumenti ci sono basta volerli adottare. Ma per le imprese è essenziale avvertire l’adozione di un nuovo strumento in un’ottica positiva di costi e benefici, idonea cioè a conseguire una vantaggio. E questa potenzialità è a parere di chi scrive insita nei processi di fatturazione elettronica.

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