Il quadro

Fatturazione elettronica in Europa: dove si sta andando

Una proposta di direttiva UE mira a emanare uno standard per la sola unicità “semantica” dei dati. Come passo di avvicinamento verso lo standard europeo che alla semantica unisca la “sintassi”. Tra quattro anni ogni amministrazione potrebbe essere obbligata ad accettare un numero limitato di standard di mercato

Pubblicato il 08 Apr 2014

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Un tema un po’ da “addetti ai lavori” che è emerso nella discussione di questo periodo è l’impatto di una nuova proposta di direttiva europea che, secondo alcuni, vieterebbe” a breve l’utilizzo della firma digitale nella fatturazione elettronica creando difficoltà all’avvio della fatturazione elettronica della Pubblica Amministrazione previsto per il 6 giugno p.v.

Per gli appassionati della materia può essere interessante esplorare queste dinamiche di mediazione europea il cui presidio è ormai condizione inderogabile per disegnare le strategie evolutive della digitalizzazione in Italia.

La direttiva europea che regola la fatturazione elettronica (la cosiddetta direttiva IVA), da tempo recepita in Italia, prevede che si debba garantire l’autenticità dell’origine e l’immodificabilità della fattura elettronica dall’emissione della fattura, cioè da quando produce i suoi effetti in quanto trasmessa, fino al momento in cui viene conservata dal destinatario.

Tra le modalità con cui si possono garantire questi requisiti la stessa direttiva cita esplicitamente la possibilità di utilizzare la firma digitale ed è proprio questa la soluzione identificata come la migliore e la più economica per fornitori ed amministrazioni, sentita l’ex-DigitPA oggi AGID, tenuto conto dei molti attori che potrebbero entrare in contatto con la fattura (intermediario del fornitore, Sistema di Interscambio, intermediario del cliente).

Lo stesso risultato può essere raggiunto, nel rapporto tra privati, anche con altre modalità concordate tra cliente e fornitore come ad esempio, per rapporti fiduciari e continuativi, la sola conservazione dei documenti elettronici strutturati presso i sistemi informativi di ciascun mittente e destinatario (es: EDI) e, per rapporti di trasmissione diretta cliente-fornitore, lo stesso utilizzo di un canale trasmissivo certificato come la PEC.

Tutt’altra questione è invece la proposta di direttiva sulla fatturazione elettronica negli appalti pubblici che, se tutto va bene, sarà emanata nell’estate con tempo di attuazione almeno di quattro anni.

La nuova direttiva stabilisce una differenza sostanziale tra le fatture elettroniche strutturate, il modello adottato dalla Fatturazione Elettronica PA, e le fatture elettroniche non strutturate (copie per immagine non elaborabili), che per gli informatici altro non sono che inutile “carta digitalizzata”.

Notizia non buona ma comprensibile è che si sia deciso, sempre nella stessa direttiva, di non individuare un unico standard europeo di e-invoicing che, con l’effetto “volano” che caratterizza la Pubblica Amministrazione, avrebbe molto semplificato gli investimenti informatici sul ciclo degli approvvigionamenti.

Evidentemente l’Europa si è trovata davanti ad una bivio analogo a quello incontrato da altri Paese Europei compresa l’Italia: scegliere un unico standard europeo avrebbe determinato, in questa fase, un rallentamento del processo di digitalizzazione in corso e non volute scelte di campo su specifici sistemi gestionali, che come noto hanno spesso alla base l’adozione di uno standard, con il rischio di alterare le dinamiche di mercato.

La direttiva incarica quindi il CEN di emanare uno standard per la sola unicità “semantica” dei dati, come passo di avvicinamento verso lo standard europeo che alla semantica unisca la “sintassi”, ed individua un percorso per cui tra quattro anni ogni amministrazione potrebbe essere obbligata ad accettare un numero limitato di standard di mercato.

Quindi tra quattro anni, un tempo infinito guardando anche all’evoluzione tecnologica ed alla convergenza naturale degli standard, si potrebbe dover riesaminare il funzionamento del Sistema di Interscambio prevedendo che, per non creare problemi e costi alle amministrazioni, lo stesso alleghi una traduzione della fattura nel formato standard adottato dalla PA.

Dove si parla allora di firma digitale nella versione definitiva del documento ?

In un “considerato” di quest’ultima proposta di direttiva, il 7a, dove si ribadisce che chi invia la fattura può utilizzare la firma digitale per garantire origine ed immodificabilità della fattura elettronica ma che “lo standard semantico europeo sulla fatturazione elettronica non dovrebbe contenere come uno dei propri elementi un requisito per la firma digitale”.

Frase difficile da capire ed ancora più difficile da interpretare soprattutto all’interno di una definizione di standard che si dovrà occupare di “semantica” e non di tecnologie.

Tanto premesso, a meno che l’Europa non cambi passo su scelte che sono strategiche per la costruzione di una società digitale, tra 4 anni potremo riparlarne e, nel frattempo, resta vero che il 6 giugno p.v. si parte con la fatturazione elettronica della Pubblica Amministrazione.

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