Firenze Digitale: la collaborazione che funziona, con il “data sharing”

Dopo tre anni dall’assessment di Firenze smart city, che ha portato al Manifesto per Firenze Digitale, e al Piano Firenze Digitale di collaborazione fra tutti i soggetti cittadini che erogano servizi digitali, Firenze inizia a raccogliere i frutti di questa serie di iniziative di cooperazione. Ecco alcuni esempi concreti di data sharing

Pubblicato il 19 Feb 2017

Lorenzo Perra

Assessore Innovazione Tecnologica del Comune di Firenze

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Dopo tre anni dall’assessment di Firenze smart city, che ha portato al Manifesto per Firenze Digitale, ed al Piano Firenze Digitale di collaborazione fra tutti i soggetti cittadini che erogano servizi digitali (Comune, Regione, Università, Ospedale di Careggi, Partecipate tramite Confservizi Cispel Toscana, Camera di Commercio), Firenze inizia a raccogliere i frutti di questa serie di iniziative di cooperazione.

In particolare, sul fronte della partnership per Firenze Digitale fra Comune di Firenze, Regione Toscana, Camera di Commercio, Confservizi Cispel Toscana come intermediario fra le partecipate fiorentine, sono tantissimi i risultati concreti, sia in termini di problematiche puntuali risolte, sia di processi di più ampio respiro innescati fra le diverse città.

La parola d’ordine è “condivisione degli asset digitali”, detto in altre parole “evitare di re-inventare la ruota e condividere forze, risorse, servizi intelligenti e dati”. Il tutto, ovviamente, con l’obiettivo di fornire servizi sempre più semplici, migliorare la qualità della vita dei cittadini evitando di chiedere più volte lo stesso dato, e mettere a sistema ciò che funziona bene, evitando quindi spreco di risorse.

Ma facciamo un passo indietro: da dove è nata Firenze Digitale? Dall’aver realizzato che, senza condivisione di dati, servizi digitali, canali di comunicazione, sistemi, a livello almeno metropolitano, non può esistere realmente una città intelligente che offra servizi veramente semplici e ottimizzati ai propri cittadini.

E questo concetto è talmente scontato che subito i vari attori dei servizi pubblici hanno aderito alla call che è stata emessa dal Comune di Firenze, che come Comune è forse l’unico ente che può avere la “mission” istituzionale di mettere insieme tutte le forze per avere servizi innovativi in una città.

E grazie alla lungimiranza di tutti gli attori, che hanno messo da parte i soliti campanilismi che affliggono le nostre città, e hanno subito iniziato a condividere forze e risorse, a quasi un anno dall’avvio dei lavori si possono già contare tantissimi risultati interessanti.

La cosa più interessante di questa esperienza è che non richiede un enorme budget (il tutto si regge con un “chip” messo da ciascun ente, che non supera in totale i 60-80K/anno sulla dimensione metropolitana fiorentina, per il project management, il coordinamento e lo svolgimento operativo di tutte le attività “cross-ente” fra i molteplici soggetti coinvolti) e che può essere scalata senza problemi in ogni realtà metropolitana. Gli unici pre-requisiti sono: non avere pregiudizi nel collaborare e nel mettere in condivisione cosa si è fatto, e crederci.

Questa esperienza infatti si sta già allargando dopo il primo anno di attività, ad oggi con Regione Toscana ed il Comune di Prato sono in corso valutazioni su come mettere a sistema questa esperienza in altre aree provinciali e multi-ente toscane.

Ma vediamo quali risultati si sono ottenuti per il primo anno.

In questa prima parte di racconto, ci concentreremo sugli effetti benefici del data sharing: la messa in condivisione di dati fra i diversi enti e utilities.

Cosa accade se partecipate e Comune non condivido la stessa cartografia e lo stesso patrimonio informativo? Accade che le utenze possono essere disallineate, accade che il cittadino può ricevere notifiche a un indirizzo sbagliato, accade che le informazioni su alcune agevolazioni a cui il cittadino aveva diritto, magari abitando in una zona disagiata per qualche motivo (come i lavori di una tramvia, un esempio a caso!), non possono essere comunicate in maniera veloce e diretta agli interessati mancando la possibilità di unire i dati in modo corretto. Accade che la utility dei rifiuti invia mezzi in una strada e si ritrova una carreggiata chiusa, il mezzo non passa, e solo perché la cartografia della utility ed i sistemi di gestione del traffico cittadino non erano allineati in real time. Accade anche che una partecipata può fare uno scavo in un punto di una città dove poco dopo un’altra aveva pianificato uno scavo, senza quindi razionalizzare gli interventi e diminuire il disagio del cantiere. Sono insomma tantissime le conseguenze di un non corretto allineamento fra i dati di un Comune, della Regione, dell’Agenzia delle Entrate (per i dati catastali) e delle utility.

L’allineamento delle cartografie fra tutti questi soggetti è dunque uno dei task più difficili, sfidanti, e impegnativi per gli enti impegnati nel progetto-laboratorio Firenze Digitale. Oltre 200.000 civici sono stati “qualificati” finora fra Comune e utilities, con operazioni di ETL e data-matching geografico.

Ma pensiamo ai dati camerali, anch’essi possono essere messi proficuamente a sistema, i dati sulle imprese condivisi e incrociati in modo efficace con i soggetti pubblici cittadini, come dati strutturati e “machine-readable” che ne permettano anche la geo-referenziazione massiva confrontandoli con i civici del Comune. E grazie all’intervento di Regione Toscana e Camera di Commercio, si scopre che un inestimabile patrimonio informativo può essere messo a frutto fra i comuni metropolitani e le public utilities cittadine per ottimizzarne i servizi a cittadini, professionisti e imprese, e i processi interni. I dati camerali “arricchiti” sono già stati analizzati, ne è già stato riconosciuto un significativo passo avanti rispetto ai dati camerali attualmente usati dagli Enti, e si sta progettando con Regione e Camera di Commercio il loro inserimento a sistema nel territorio.

Grazie al progetto Firenze Digitale, si sono già svolte le prove di traduzione “geografica” del grafo stradale di una utility con quello del Comune, proveniente a sua volta da quello della Città Metropolitana e della Regione (Iter.Net), permettendo così alla utility di “aggiungere” o proporre modifiche al grafo stradale (es aggiungendo una strada minore interna che è però rilevante per il passaggio di mezzi di servizio) mettendo così questa informazione a sistema con tutte le Utilities coinvolte, arricchendo la conoscenza della mobilità cittadina.

La conoscenza sul sottosuolo è un altro elemento fondamentale: la Direzione Mobilità del Comune – lavorando con i tecnici SIT – sta individuando delle nuove “regole del gioco” operative per sistematizzare buone pratiche di produzione, scambio e condivisione del dato geografico relativo ad uno scavo stradale, prendendo a riferimento ciò che già è in Opendata, aggiornandolo, e restituendo al patrimonio informativo pubblico cittadino. E queste regole varranno sia per le aziende esterne, sia per le utilities, sia infine per gli uffici interni al Comune che svolgono lavori pubblici.

In ottica smart city, i dati evoluti sulle colonnine di ricarica elettrica – con posizione e stato di utilizzo di ciascuna in realtime – sono stati pubblicati in opendata tramite la public utility deputata al loro monitoraggio.

L’aver attivato questo processo virtuoso di scambio dati fa sì che, quando una partecipata deve iniziare una nuova attività di mappatura “oggetti fisici”, esiste già il contesto di riferimento, gli accordi, i referenti operativi, gli standard di georeferenziazione, tutto il pacchetto di lavoro già pronto per poter operare con il piede giusto, raccogliere da subito dati strutturati, e metterli da subito a sistema con tutti gli altri soggetti.

Siamo dunque non solo ad un buon livello di singoli risultati concreti ottenuti, ma anche ad una impostazione di sistema che permette di avviare nuove azioni sui dati in modo corretto e razionale, con processi aperti, condivisi e qualificati di gestione del dato.

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