Dopo l’audizione delle organizzazioni della società civile alla Camera, la Commissione Pareri sta predisponendo il testo del parere verso il governo sul decreto sulla trasparenza che dovrebbe introdurre i principi del “Foia” (Freedom of Information Act).
Il quadro dei pareri fin qui raccolti è stato efficacemente sintetizzato da una infografica realizzata dalla coalizione Foia4Italy, che ha anche superato le 77000 firme nella petizione lanciata per richiedere “un vero Foia”. I punti che emergono come condivisi tra Foia4Italy, Anac, Consiglio di Stato sono anche quelli su cui la relatrice Anna Ascani ha dichiarato che si sta elaborando il parere da parte della Camera: “Stiamo lavorando per garantire la gratuità dell’accesso, per fornire linee guida alle PA su come applicare le eccezioni, obbligo di motivazioni in caso di diniego e nessun obbligo di identificare un documento con dettagli che non sono in possesso del cittadino”.
Ma il problema che sembra emergere con forza, rispetto alla possibilità che una legge preannunciata dallo stesso Presidente del Consiglio al momento dell’insediamento nasca di fatto depotenziata e inutilizzabile, è quello relativo alla capacità di concretizzare le scelte politiche e quindi al controllo dei meccanismi di attuazione.
L’impressione che si ha, dopo aver seguito in questi mesi lo svilupparsi dell’iniziativa dell’inserimento dei principi del Foia nella legge delega di riforma della PA (e avvalorata da quello che è poi avvenuto anche con la modifica del Cad) è che la parte politica governativa non sia in grado di assicurare la coerenza dei decreti legislativi rispetto agli indirizzi contenuti della legge delega (o, altrimenti, che non ci siano le condizioni organizzative e normative adeguate perché questo avvenga). Sembra così confermarsi, anche in questo caso, quanto affermato dall’ex commissario alla spending review Cottarelli, e cioè che uno delle principali criticità sul fronte dell’azione governativa è innanzitutto quella di coordinare e guidare efficacemente il processo legislativo (decreti inclusi), in modo che la norma finale sia coerente del tutto rispetto agli indirizzi e alle intenzioni politiche che l’hanno promossa.
Forse sono spinte conservatrici all’interno della stessa compagine governativa, forse è l’espressione ancora forte di quella “burocrazia difensiva” che tende a sterilizzare ogni cambiamento, sta di fatto che, in modo evidente, i passi di concretizzazione della legge delega di riforma della PA sembrano minare diversi obiettivi dichiarati. Nello specifico del Foia, si misura anche probabilmente la maturità culturale dell’amministrazione pubblica sul fronte della trasparenza, vista in modo maggioritario come adempimento formale da soddisfare con il minor sforzo, o anche eludere quando possibile, e dell’accountability, dove alcune esperienze virtuose stanno tracciando un percorso innovativo (vedi OpenCantieri, ad esempio, ma non solo) ma che continuano ad essere esperienze singole, e non disegno organico, cambiamento di approccio vero e profondo.
Così, il governo ha l’occasione di dimostrare, prima di tutto a se stesso, che la scelta di introdurre il Foia nella riforma della PA è stata una scelta convinta e pienamente integrata con l’idea di trasformazione della PA che si dichiara di perseguire. E quindi da realizzare compiutamente e concretamente, non solo formalmente. I punti da modificare sono quelli noti:
- ripensamento sui depotenziamenti della legge 33 sulla trasparenza;
- individuazione di un responsabile per amministrazione a cui il cittadino può rivolgersi per esercitare il diritto di accesso generalizzato e coordinamento dei percorsi di accesso;
- cancellazione del silenzio-diniego;
- gratuità dell’accesso;
- chiarimento e delimitazione delle eccezioni,
- superamento dell’obbligo di identificare un documento di cui si richiede l’accesso con dettagli che non sono in possesso del cittadino;
- applicazione dell’approccio collaborativo tra amministrazioni e amministrazione e cittadino.
Tutti elementi fondamentali per un vero Foia, ma soprattutto per comprendere la visione reale dell’amministrazione pubblica che si vuole costruire. E se si vuole trasformare (accompagnando anche le norme con meccanismi adeguati e formazione del personale della PA), o solo cambiare accessori e immagine.