Ottocento le richieste inviate, 136 le risposte soddisfacenti, il 73% quelle che non hanno ricevuto risposta, 1 rifiuto su 3 è illegittimo. Questi sono i macro esiti del primo monitoraggio ufficiale del FOIA, rilevati dal rapporto “Ignoranza di Stato” condotto e coordinato da “Diritto Di Sapere”, Ong italiana per la tutela e la promozione del diritto di accesso alle informazioni.
Gli esiti sono stati pubblicati ad aprile ma le conclusioni si riferiscono al 30 marzo, un periodo quindi rilevato di circa 3 mesi se si tiene conto che il FOIA, acronimo del Freedom of Information Act, è entrato definitivamente in vigore il 23 dicembre scorso (o meglio il 28 dicembre 2016, con Determinazione ANAC n. 1309), dopo un lasso temporale che ha previsto un adeguamento di sei mesi ma che in realtà è stato solo formale visti i risultati pubblicati.
Il rapporto ha visto la partecipazione di volontari tra, giornalisti, attivisti di organizzazioni della società civile e cittadini per costituire un gruppo di 56 richiedenti con interessi e competenze molto diversificate: “Legambiente si è concentrata sui soldi spesi dal governo per le energie rinnovabili mentre gli incidenti sulle piattaforme di estrazione di idrocarburi è stato il tema scelto da Greenpeace. L’associazione Naga ha cercato di fare il punto sulla situazione dell’accoglienza migranti a Milano mentre il collettivo femminista queer Ambrosia ha voluto sondare i finanziamenti del Comune ai centri antiviolenza.”
“I semplici cittadini hanno prevalentemente voluto fare chiarezza su alcuni temi che interessavano loro da vicino, dal progetto di pista ciclabile sotto casa ai lavori di costruzione della biblioteca universitaria passando per l’elenco delle scuole che offrono un menù vegetariano e vegano”.
Interessanti le richieste in merito “agli stipendi dei medici chiamati a supplire gli obiettori di coscienza alla legge 194 e quelle riguardanti gli ordini professionali (quello degli psicologi è stato interpellato per ottenere informazioni sugli studi di psicologi nel territorio di Milano) e le forze dell’ordine (per conoscere gli ordini della polizia di frontiera o il regolamento che disciplini l’uso dell’equipaggiamento a disposizione delle forze di Polizia nella gestione di situazioni di protesta)”.
Le PA destinatari interpellate per la maggior parte sono state Asl e Ospedali, Prefetture, Comuni e Ministeri, in misura minore ma comunque rilevante: Regioni, Enti privati (Società controllate, società partecipate, enti gestori di servizi, ecc), Agenzie nazionali (come quella del Farmaco) e Forze dell’ordine, Cassa depositi e prestiti. Le richieste si sono concentrate per lo più in Lombardia e Lazio.
Il 73% delle richieste Foia che non ha ricevuto risposta nei 30 giorni previsti dal D.lgs. 33/2013 (così come modificato dal D.lgs. 97/2016) anche se si riduce al 53% nei successivi 15, è comunque una percentuale altissima se si pensa che la nuova legge sull’accesso totale sancisce comunque un riscontro motivato ed espresso. Ma ancora più allarmante è fatto che la norma sia ancora poco conosciuta e rispettata: lo dimostra il 35% dei rifiuti giustificati per mancanza di motivazione o in virtù di eccezioni non previste dal nuovo decreto trasparenza.
Inoltre, non sono mancate risposte apertamente ostili, quali “in questo momento non possiamo dedicare tempo a questa sua richiesta di cui (sic) non sappiamo a che titolo viene avanzata”.
Tuttavia un risultato positivo è tangibile: il nuovo diritto all’informazione ha permesso di ottenere documenti e informazioni prima non disponibili perché non erano accessibili con la legge 241/1990. Inoltre, alcune Pubbliche amministrazioni, proprio in virtù del nuovo principio universale, si sono dimostrate, molto disponibili a fornire chiarimenti e a sostenere il procedimento di richiesta. Giusto per citarne alcuni, il rapporto ne riporta, tra i più interessanti: i documenti presentati dai candidati al concorso per il posto di professore associato bandito dall’Università del Molise, le email di reclamo inviate dai cittadini alle aziende che gestiscono i trasporti pubblici a Torino e Napoli, le copie delle ispezioni sanitarie realizzate dalle ASL lombarde nelle carceri di Pavia, Como, Busto Arsizio e Bergamo; i documenti e dati sulla gestione dei migranti: dai regolamenti interni dei CIE ai numeri dei rimpatri, da informazioni sull’accesso alle cure fino al nominativo e il contatto dei responsabili dei CIE; le ricevute delle spese di viaggio (copia dei biglietti e delle ricevute dell’albergo) del presidente di Regione Toscana, Emilia Romagna (con tanto di CD inviato a casa del richiedente) e Valle d’Aosta.
Tutto ciò rappresenta un lumicino di speranza per un fenomeno che è comunque ha appena iniziato a dispiegare i suoi primi effetti.